Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Dissertazione sulla identità religiosa dei primi italo - albanesi

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Riguardo alcune tematiche, è necessario che la storia venga identificata come ancilla del vero e non totalmente subordinata a concezioni filosofiche peripatetiche medievali ove traspare più alto il fine dell'etica, della teologia ed il trascendentale moralismo laico.  Con chiarezza di dottrina, è  d'obbligo discernere l'arte per l'arte, la scienza per la scienza, la politica per la politica. La Storia deve essere elevata a dignità di scienza autonoma e non materia di glorificazione idealistica e partigiana. Essa è ancilla di se stessa, maestra di vita e veicolo  di raggiungimento della cognizione del vero.

Oggi si richiede la preliminare valutazione del valore di una fonte; soltanto nei teorici, di parte, il problema critico delle fonti si riduce troppo all'apprezzamento delle qualità personali, e soprattutto della parzialità o imparzialità, che sono elemento necessario, ma non sufficiente di giudizio. Non si può dissertare con certezza storica documentata, per esempio, sulla problematica concernente la fede religioso,  del rito professato,  dei primi esuli albanesi in Italia;  essa è allata di quelle che noi  definiamo fonti narrative,  ma esistono, financo,  prove d'archivio, ove anche il più esegetico degli storici, trova difficoltà di allogamento. Verità storica non è desiderio di narrare e considerare con ansia enciclopedica medievale ciò che conviene venga trasmesso agli altri;  in tal modo si rischia di precipitare nella inverecondia  della utilitas historiae, segno questo,  di un bisogno di svincolarsi dalla soggezione al criterio puramente utilitario: veritas trasmutata in utilitas.

Non è accertabile , con esattezza di scienza,  che le prime popolazioni albanesi sopraggiunte in Italia, avessero una identità religiosa ben delieata; si può, però, dedurre, con metodo e attenta analisi esegetica, estrapolare contenuti derivanti da atti pubblici, monumenta ed altro, dal  susseguirsi  delle diverse migrazioni in termini di cronos, ove fondamentale, per eventuali sviluppi,  è anche l'elemento etnico culturale. Sulla ostinazione prammatica di taluni, intesa come pratica prescritta e seguita per stabili consuetudini in materia di relazioni civili e sociali, è d'uopo, anche con l'avallo antropologico, stabilizzare, attraverso la "Mater Historia", lo status di esistenzialità degli albanesi, antecedente la diaspora suddivisa in diverse migrazioni.

 

Gli abitanti dell'antica Illiria, come i Pelasgi in precedenza, avevano una propria cosmogonia e teogonia, nelle quali trasparente appariva  la tribale ritualità pagana,  mito della guerra, della nascita e della funzione della natura, radicata  antroporfomologia ed altro.

Le prime tracce di civiltà Cristiana si ritrovano  dall'opera missionaria di alcuni "occidentali europei", che attraverso la anica via Egnatia, fondarono le prime comunità e chiese Cristiane "Illiriche:di questo ne fanno menzione Strabone nel libro 7 di Geografia e il cronista bizantino Kantakuzeni(X sec. d.C.).

 

Dall'Archivio Sforzesco Esteri ( Albania), Archivio di Stato di Milano e da " Senato e deliberazioni Secrete, Senato Mare (Esteri Albania) Archivio di Stato  di Venezia, veniamo informati: Le Comunità Cristiane in Albania erano legate alla Chiesa Cattolica per volere dei capi spirituali Cristiani come  Paolo Ducas Angeli, Arcivescovo di Durazzo e Paolo Pellini abate e Vescovo di Kroja e per scelta dei principi o capi clan come i Castriota, i Dukagijni, i Tophia, i Manes, i Musacchi, i Marku, i Ducas Angeli, gli Arianiti ed altri. E' da considerare, magari con adeguato metro critico,  che, questo legame con la Chiesa Occidentale, va rapportato al periodo  in cui le polazioni albanesi stendevano buon rapporti con Napoli, il Papato e l'ambigua Repubblica di Venezia, periodo, infatti, in cui le orde turche manifestavano maggiore ostilità e intenti di  invasione territoriale.

Utile soffermarsi  e meditare.

Nel 395 d.C. , diviso l'Impero Romano in Impero d'Oriente e d'Occidente, quella parte di territorio oggi configurabile con l'Albania, venne sottoposta, in termini di geografia fisica, all'Impero Romano d'Oriente, la giuridizione ecclesiastica veniva amministrata direttamente da Roma.

L'Albania venne assoggettata al Patriarcato di Costantinopoli nel 732 d. C. da Leone l'Isaurico e per secoli essa divenne teatro di scontri fra la Chiesa di Roma e quella d'oriente. Rimasero fedeli a Roma e quindi al cattolicesimo,  molti albanesi "Gheghi", occupanti quel territorio che va a nord del fiume Shkumbini ( Durazzo, Elbassan, Korca, Scutari) mentre per gli Albanesi " Toschi"  che vivevano a sud del fiume Vojussa ( Tepeleni, Argiricastro, Berat , Valona) e le zone montuose a sud est, confinanti con la Tessaglia,  abbracciarono la fede Ortodossa di Rito Bizantino, assoggettandosi, così, al Patriarcato di Costantinopoli.

Proprio tutte le poloazioni Tosce si assoggettarono al Patriarcato di Costantnopoli? La Chiesa Greco Cattolica Bizantina nacque nella Himara  o nella Arberia Italiana per forzata scelta , come taluni ostentano? Perchè le famiglie più distinte della erudita Himara come i Cortese Branà, i Stefanichi, i Radinò,i Filomati ed altri mandarono a studiare i propri figli presso il Collegio Greco di Roma? Perchè l'intento di Gregorio XIII, istituendo nel 1577 il Collegio, era quello, anche, di istruire i giovani  Chimarioti? Perchè certamente il  Rito Greco Bizantino Cattolico aveva trovato, in quella parte d'Albania, forte radicamento.

Per quanto concerne i primi insediamenti, con relative Capitolazioni,  be poco si conosce sull'aspetto religioso dei primi profughi; qualche notizia comincia a trasparire  intorno agli inizi del XVI secolo, periodo in cui cominciò il flusso migratorio dalla Grecia.

Certo è che i sacerdoti che seguivano quelle popolazioni  professavano il Rito Bizantino, ma è anche certo, qui do ragione a Mario Antonello D'Arcangelo,  che ne no sapessero neanche loro cosa realmente fossero. Non sapevano se dipendessero giurisdizionalmente da Roma  o da Costantinopoli, tanto che di loro  così ebbe a scrivere Lascaris Arcivescovo Greco Cattolico di Durazzo nel XVII secolo: "della molta ignoranza de' preti Greco Cattolici, che sono nel Regno di Napoli et il bisogno grande che havrebbero d'essere visitati, perciocchè vivendo fra Latini, e sapendo assai poco i riti greci,  confondono l'un l'altro nella celebrazione degli uffitii e delle messe, nell'amministrazione dei sacramenti, nell'osservazione delle vigilie et in ogni altra cosa". ( Acta Sacra Congregationis 1659- 1674 ff. 228 389). Tali erano le condizioni alle quali, non senza motivo, si riferiva lo scritto del Lascaris.

Perchè la S.Sede si preoccupò di rimediare a questi incovenienti affinchè la rigogliosa Vigna di Cristo  non fosse soffocata dalle spine , dai triboli che crescevano a causa della pigrizia dei vignaiuoli?

La Storia , quando è possibile, è una scienza esatta!

 

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