Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Napoli capitale ‘effettiva’ d’Italia dal 1870 ad oggi

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Quando Roma divenne capitale d’Italia, la città che si trovò ad essere più privilegiata geograficamente e come infrastrutture più vicina a Roma, centro politico della penisola, fu Napoli.

Nel 1870 Roma aveva circa 200.000 mila abitanti (quarta città dopo Napoli, Milano, Genova), Napoli circa 500.000 (più del doppio di Roma), ed era la più numerosa d’Italia, giacché tutta la vita storica borbonica e precedente aveva concentrato in essa la ricchezza e il potere, attirando le energie migliori e suscitando una costante corrente migratoria verso di essa a scapito delle province.

Dagli anni Settanta vi fu un gigantesco infittirsi di rapporti tra Roma e Napoli, agevolato da tre infrastrutture agevoli, funzionanti tutto l’anno, inesistenti altrove: due strade (Appia e Casilina) e una ferrovia, via Caserta-Cassino.

Moltissimi napoletani vennero a lavorare e a risiedere a Roma, raggiungendo posti fondamentali nei gangli burocratici anzitutto e nel governo reale del paese.

Questo ‘potere napoletano’ centrale drenò verso Napoli ed il Sud risorse e interventi, quali mai erano stati possibili nei secoli precedenti e Napoli ed il Sud, specialmente le cittadine provinciali, conobbero uno slancio quale mai avevano conosciuto nella storia millenaria, agevolate dalla presenza operosa di organi democratici, quali i Consigli Provinciali, e da un clima civile fondata sul rispetto dei diritti civili, dalla libertà di stampa, dalla nascita di una pubblica opinione, da uno sviluppo prima inimmaginabile di vita libera culturale e di diffusione del sapere.

 

Esse, congiunte, portarono alla prima vera e decisiva modernizzazione del Mezzogiorno nella sua storia millenaria. Governanti al più alto livello (ministri e capi di governo come Crispi) furono meridionali e ‘napoletani’ in senso ampio.

Si tratta di una storia spesso rimossa e da riprendere per dovere di verità storica e di crescita civile.

Appena Napoli fu liberata dall’assolutismo clericale borbonico, già Garibaldi nei pochi mesi della sua presenza progetto un intenso sviluppo ferroviario, che prosegui poi per tutto il decennio 1861-1871, con la costruzione, ad esempio, della grande stazione ferroviaria completata nel 1867 con la copertura in vetri dell’ingegnere napoletano Cottrau.

In un decennio il quadro ferroviario Italiano fu rivoluzionato e nei rapporti tra Roma e Napoli vi fu la strutturazione (che giunge fino ad oggi con l’alta velocità che le congiunge in un’ora), come si vede nelle due cartine ferroviarie al 1860 e al 1871.

Per avere un’idea dello sviluppo che portarono l’Unità e la Libertà d’Italia a Napoli si veda il suo numero degli abitanti, che crebbe dai 484 mila del 1861 ai 621 mila del 1901 agli 859 mila del 1921.

Il Risorgimento italiano dal 1861 al 1921 ha portato in appena 60 anni al raddoppio quasi della popolazione, segno di vitalità, slancio, della prima vera modernizzazione, quale mai nella sua storia.

 

 

 

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