Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La rivoluzione Napoletana contro la corruzione ed i conflitti di interesse in Borsa Italiana

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Nel ‘700 gli intellettuali meridionali, pur se numericamente pochi, ma molto forti ideologicamente, furono capaci di ragionare in termini di programmi e prospettive. Costoro perseguivano fini ideali come il risveglio del pensiero, la diffusione dell'istruzione e il rinnovamento culturale e civile che, tuttavia, avevano un importante risvolto pratico come fisiocrati ed economisti, filosofi, moralisti e legislatori ben sapevano nella convinzione che la conquista dell’istruzione avrebbe portato ad un generale miglioramento delle condizioni del popolo.

A. Genovesi nelle sue analisi mette in luce lo stretto rapporto fra istruzione ed economia che sostengono l'importanza di una estesa rete di scuole di base e la moltiplicazione delle scienze utili e di uomini che producano. “ In un popolo colto – scrive Genovesi - sono sì importanti le teorie, ma non è necessario che siano “troppo comuni”, “ben è importante, che il sieno le pratiche delle Scienze utili. E’ bene che vi sieno de’ gran Geometri, Fisici, Astronomi, Architetti, ecc. Teologi: ma non è necessario, né utile, che sieno soverchi”. “Io non comprendo già in questo le scuole del leggere, e di scrivere la propria lingua: conciosiacché non faccia male, ch’elleno sieno alquanto più numerose di quelle delle Scienze, servendo a dare dello spirito alla nazione, e più di destrezza e finezza all’Arti”.

 

Il legame fra lo sviluppo delle attività produttive ed economiche e la crescita culturale e civile delle popolazioni è sottolineato anche da Giovanni Agostino De Cosmi in Ragionamento su la pubblica educazione, che parte dall’analisi delle condizioni di miseria e di arretratezza della Sicilia; osservava De Cosmi che "la condizione estremamente povera è d'un ostacolo invincibile alla formazione sociale della mente e de' sentimenti; toglie il coraggio alle radici, impicciolisce lo spirito, e lo rende pressoché insensibile al dolce senso del dovere di uomo, di padre, e di cittadino".

 

Uno dei Pricipi cardine di tutte le rivoluzioni è che DEMOCRAZIA E’ PARTECIPAZIONE.

L’Italia  vede corruzione e  conflitti di interesse a tutti i livelli e si parla di CASTE.

La corruzione ed i conflitti di interesse in Borsa.

Partiamo dal fatto che la NS Costituzione tutela il pubblico risparmio che è ricchezza nazionale. Spesso le banche italiane con partecipazioni dirette e indirette in società quotate, sia quindi possesso di azioni, sia presenza di consiglieri di amministrazione in esse ed in società industriali, hanno creato intrecci ed interessi strani.

Il mercato borsistico italiano pare asfittico e privo di interessi e soprattutto le società sono spesso centri di potere anche politico e di malaffare.

Nei consigli d’amministrazione di piazza Affari i rapporti incestuosi non sono l’eccezione, ma la regola riguarda tre quarti delle società, gli stessi amministratori siedono in società con partecipazioni reciproche; 67 società blue chips (società quotate a maggiore capitalizzazione) hanno almeno un amministratore in comune e spesso chi è amministratore in una società è poi membro del collegio sindacale in altre società.

La Consob non ha regolamentato questo aspetto e cosi si è potuta creare una casta di menagers che di fatto hanno un influenza su 450 miliardi di euro di capitalizzazione di Borsa Italiana. All’estero questi fenomeni sono più ridotti.

E cosi si trovano Consigli di Amministrazione corposi, spesso con figli, parenti o gli stessi messi qui e li, alcune volte come Consiglieri indipendenti, una voce ipocrita per dire che la Società ha Consiglieri liberi e screvri da influenze interne. Addirittura  anche in small caps (società a piccola capitalizzazione) che scambiano si e no 100.000 euro al giorno in Borsa si trovano CDA con remunerazioni di oltre 2 milioni di euro all anno e un numero elevato 8/10 consiglieri.

Una bruttura perché pericolosa per tutti gli azionisti, per lo Stato e per le decisioni sono i Patti Parasociali, veri e propri accordi fra soci, spesso di maggioranza e spesso amici o simpatizzanti che decidono con detti patti di restare in società per un certo numero di anni, per votare compatti su materie, insomma un controllo vero e proprio sull’assemblea. La legge italiana, dopo molti anni, ammette detti patti e solo per le società quotate impone un regime di pubblicità e trasparenza, ma non li vieta. Anche la Consob  è intervenuta per regolamentare gli aspetti ed in sostanza si lascia fare con limiti solo di tempo e qualche limite minimo di applicazione: ripeto, si lascia fare!

Invece tali Patti spesso in società quotate sono per rendere non scalabile la società e per mantenere un controllo sul patrimonio ed assicurare ai consiglieri, spesso legati ai soci del patto, controllo e benefici.

Era il 1998 e basta vedere che Parlamento  avevamo per vedere che con il d.lgs 24/2/1998 n 58 (e poi altre norme nel 2003(d.lgs 17/01/2003 n6 e varie deleghe al Governo dell’epoca), ci sono stati dei provvedimenti che hanno permesso cose assurde nelle società, intrecci di potere.

Eppure fino ad allora ed in vigenza del codice del 1865 sia la Dottrina che la Giurisprudenza parlavano di diritto di voto da parte del singolo socio che non poteva ne essere mai leso direttamente ne indirettamente attraverso patti fra soci che ne limitassero la disponibilità.

Insomma ben si riteneva che la DEMOCRAZIA NELLE SOCIETA’ COMMERCIALI dovesse esser un fatto chiaro ed esercitabile dando lo stesso peso a tutti i Voti.

Lo stesso codice del 1972 all art 2373 stabiliva cha la vendita del voto da parte di un socio (e qui vendita si deve intendere come formazione di volontà in un certo senso..) è in conflitto di interesse con le finalità proprie della Società.

Allora i Ligresti, Tronchetti Provera, Montezemolo, Garofano, Caltagirone, Pesenti, Colaninno, Della Valle. Basterebbe vedere in quali e quante società sono presenti in CDA, e quante poche donne ci sono.

Ora, presumendo anche il Tempo di lavoro, appare impossibile svolgere bene il ruolo di Consigliere ogni giorno per l’interesse della società e di tutti i soci.

In qualità di opinionista del settore Economia e Finanza di questo giornale, a mio avviso bisognerebbe imporre un movimento di opinioni, in modo che CONSOB, BANCA D’ITALIA, MINISTERO TESORO dovrebbero imporre modifiche tali da rendere nulli tutti i patti di sindacato esistenti in base ad un principio di divieto di accordi fra soci e, quindi, modifiche dei decreti su citati articoli del codice civile 2341 bis e ter.

La corte di cassazione, gia nel 4/7/1958 sentenza n. 2422,  parlo’ di nullita dei patti di sindacato, poi negli anni '70 e '80, ma soprattutto '90,  la stessa corte piu volte è intervenuta cambiando idea e dicendo che il patto vincola i soci e non la società.

Ma la società in realtà è fatta dai soci si, ma da quelli di maggioranza che  inseriscono loro consiglieri nei CDA ed alla fine il gioco è fatto.

Se poi qualcuno non vuole prendere in esame il patto di sindacato per le pressioni politiche ed i conflitti di interesse, allora una norma che potrebbe esser equa sarebbe questa: " è possibile un solo incarico di consigliere di amministrazione da parte di persone fisiche in società quotate e chi è consigliere di una società quotata non può essere membro di collegi sindacali in altre società quotate".

Fonte sui PATTI PARASOCIALI.

 

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