Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il cattivo tedesco e il bravo italiano

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Il nostro Paese fatica a liberarsi dal mito del fascismo buono e del “bravo italiano”.

L’idea che il fascismo sia stata una dittatura da “operetta”, i cui unici errori furono le leggi razziali e la partecipazione alla guerra, commessi peraltro solo per compiacere l’alleato Hitler, è molto più diffusa di quanto si pensi.

Lo ha  ribadito lo storico Filippo Focardi in un saggio intitolato Il cattivo tedesco e il bravo italiano.

La narrazione nazionale della memoria, osserva Focardi, contrappone il “cattivo tedesco”, violento, antisemita, brutale, al “bravo italiano”, generoso, pronto a prodigarsi nel salvataggio degli ebrei e nel soccorso dei civili. Tacendo, minimizzando o negando il coinvolgimento del popolo italiano nel fascismo e nella persecuzione razziale e le responsabilità del paese nelle guerre fasciste e nei suoi numerosi crimini.

Negli ultimi anni la storiografia ha alzato il velo su diversi aspetti taciuti e rimossi, dalle responsabilità autonome dell’Italia nelle leggi razziali fino all’uso dei gas chimici in Etiopia e alle violenze dei militari italiani in Russia e nei Balcani.

Ma i risultati di queste ricerche hanno prodotto, come rileva Focardi, “solo flebili effetti sull’opinione pubblica, toccata alla superficie”.

 

E gli stessi manuali scolastici di storia ignorano il tema o lo trattano con sufficienza. Manca ancora una riflessione collettiva nazionale sul fascismo e sulle responsabilità e le colpe italiane.

 

Mario Avagliano

 

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