Un ricordo di Vittorio Mathieu

Categoria principale: Filosofia della Scienza
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Pubblicato Giovedì, 01 Ottobre 2020 13:44
Scritto da Michele Marsonet
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E’ mancato, ieri, all’età di 96 anni, Vittorio Mathieu, una delle figure più significative della filosofia italiana contemporanea. Allievo di Augusto Guzzo all’Università di Torino, insegnò dapprima Filosofia teoretica all’Università di Trieste per poi tornare nell’ateneo torinese sulla cattedra di Filosofia morale.

Conosciuto e apprezzato anche all’estero, Mathieu era uno studioso poliedrico con una grande vastità di interessi. I suoi autori di riferimento furono Bergson, Plotino, Leibniz e soprattutto Immanuel Kant, alle cui tesi dedicò molti saggi importanti. Non disdegnava tuttavia l’estetica, occupandosi in particolare di Goethe e di Rilke.

Fu tra i primi a esplorare le connessioni tra la Filosofia teoretica e la Filosofia della scienza, notando come le due discipline possiedano un alto grado di affinità. Scrisse a tale proposito il saggio fondamentale L’oggettività nella scienza e nella filosofia moderna e contemporanea (1960), dove sottolineò che il concetto di “oggettività” viene affrontato da scienza e filosofia in modi certo diversi, ma non al punto di impedire un fruttuoso colloquio tra questi due ambiti del sapere umano.

 

Ancora a Kant va fatta risalire la sua insistenza sui limiti della nostra conoscenza, che è sempre imperfetta e mai in grado di conseguire risultati definitivi. A suo avviso è proprio questo il tratto fondamentale del rapporto tra gli esseri umani e il mondo circostante.

Applicò il tema dei limiti cognitivi anche nel campo della filosofia politica e sociale, adottando un atteggiamento nettamente anti-utopico molto affine a quello di Karl Raimund Popper.

Mathieu era un pensatore conservatore senza mai essere reazionario. Di formazione cattolica, lo si può collocare nella grande corrente del cattolicesimo liberale italiano. Fu infatti assai attivo anche sul piano pubblicistico, scrivendo moltissimi articoli su quotidiani prestigiosi quali La Stampa e Il Corriere della Sera. Collaborò pure attivamente a Il Giornale fondato da Indro Montanelli.

Ricoprì incarichi importanti nell’Accademia Nazionale dei Lincei, nel Consiglio Nazionale delle Ricerche, all’UNESCO e nel Consiglio Nazionale di Bioetica.

Chi scrive lo ricorda come un tipico gentiluomo piemontese o, ancor meglio, sabaudo, dotato oltre che di grande intelligenza, anche di una gentilezza innata. Non rifiutava mai il colloquio con i colleghi più giovani come il sottoscritto, sempre pronto a chiarire una tesi o un concetto quando gli veniva richiesto.

Numerosi i convegni ai quali ho partecipato con lui, e un ricordo particolare va alle conversazioni nel “Centro Ettore Majorana” di Erice e presso l’Istituto Internazionale di Studi Italiani di Santa Margherita Ligure.

Da lui ho imparato che, a differenza di quanto affermano i neopositivisti logici, la conoscenza umana non può essere ridotta alla scienza naturale, ma non può d’altro canto prescinderne. E resta vivo in me il ricordo del sorriso ironico con cui affrontava anche i temi più difficili.