Il manoscritto riscoperto: Materia Medica Regni Animalis

Categoria principale: Storia
Categoria: Storia della Medicina
Creato Martedì, 01 Settembre 2020 21:53
Ultima modifica il Domenica, 06 Settembre 2020 11:45
Pubblicato Martedì, 01 Settembre 2020 21:53
Scritto da Arturo Armone Caruso
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Il percorso scientifico del Seicento napoletano fu la culla formativa di Domenico Cirillo che, coniugando conoscenze naturalistiche e mediche, nel 1787 scrisse  la Materia Medica Regni Vegetabilis inserendola nel secondo volume dei Fundamenta Botanica.

Nel 1792 diede alle stampe la Materia Medica Regni Mineralis.

Non si possono conoscere le intenzioni di Cirillo, però, la sua vocazione medica, la passione per gli argomenti zoologici e la consapevolezza scientifica che l’uomo è un animale, farebbe supporre che la stesura di Materia Medica Regni Animalis fosse stata rimandata per maturare più conoscenze, né si saprà mai se fu la prematura morte nel 1799 a lasciare incompiuta la trilogia.

L’opera sopravvisse al maestro attraverso un suo allievo: fu, infatti, Pasquale Carusi a trascrivere le lezioni cirilliane e a completare così la trattazione di quelli che erano considerati i Regni della Natura.

Dovettero però passare ancora anni prima che il figlio Giusepppe Maria desse alle stampe il testo, nel 1861.

La Pars prima passa in rassegna le conoscenze del tempo sulla nutrizione e pone le basi per riflessioni sulla fisiologia  e sull'importanza dell'alimentazione dalla nascita all'età adulta.

La Pars altera non si discosta molto dalle conoscenze già espresse da Linneo nelle sue varie opere; sebbene alcune informazioni siano contestualizzate ai luoghi e alle usanze che appartengono al Regno di Napoli, molte delle specie trattate sono alloctone e le sostanze derivate ai fini medici spesso sono importate dall'estero.

La raccolta di appunti riesce a compendiare le conoscenze dei rimedi legati a sostanze di derivazione animale e a esprimere le tendenze di ricerca nella medicina, nella farmacopea, nella fisiologia e nella nutrizione.

Il testo, del quale si da qui la prima traduzione in italiano, evidenzia inoltre l'ampio panorama culturale in cui  Cirillo svolse le sue ricerche e la grande mole di fonti a cui attinse.