Le quattro Italie dal 1789 ad oggi, alla vigilia della quinta

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Nella storia della Nazione Italiana degli ultimi 231 anni si sono succedute quattro Italie:

1789-1861. L’Italia ancora divisa, ma in fermento rivoluzionario frutto dell’Illuminismo e dello scossone storico epocale della Rivoluzione Francese e degli immortali principi di Libertà - Eguaglianza – Fraternità, è durata 62 anni, durante i quali ha visto storicamente due generazioni di Giganti, che hanno affrontato persecuzioni, carceri, torture, esili, perdite di beni, capestro, Eroi in senso vero e pieno.

Costoro hanno permesso il raggiungimento epocale dell’Unità e della Libertà della Patria, sogno degli spiriti più alti e nobili della storia secolare della Nazione italiana.

Furono i protagonisti e Martiri di fine Settecento, in particolare quelli della Repubblica Napoletana del 1799, i Caduti dell’Esercito Meridionale Garibaldino, già Italiano per la presenza dei volontari di ogni parte d’Italia e anche d’Europa, i solenni Deputati eletti nel primo parlamento nazionale, dalle storie personali tutte di combattenti e di eroi, che a Torino, prima nobile capitale d’Italia, proclamarono il 17 marzo 1861, la nascita dell’Italia una, indivisibile, indipendente, libera e costituzionale.

1915-1918. L’Italia unita sempre con sacrifici inimmaginabili fino alla Prima Guerra Mondiale (quarta ed ultima guerra risorgimentale di unità e di indipendenza, per liberare il Trentino, la Venezia Giulia, l’Istria), costata seicentomila morti ed un milione e duecentomila feriti di ogni parte d’Italia.

 

Una nazione sempre più democratica, con Roma capitale dal 1870, con lo slancio di modernizzazione complessivo più imponente dopo la caduta dell’impero romano del 476 dopo Cristo, che l’ha portata a divenire uno degli Stati liberi più grandi e rispettati d’Europa e del mondo.

Una Italia che  fino al 1859-1861 era considerata dalle monarchie assolute europee (in particolare la nemica Austria, che dominava direttamente e indirettamente quasi tutta la penisola, tranne il Regno di Sardegna) ‘espressione geografica’, ‘terra dei morti o di quelli che non si battono’, ‘paese delle maschere, del carnevale, dei preti onnipotenti, dei ladri e dei briganti’.

1922-1945. L’Italia fascista rimasta una, ma divenuta illiberale, antidemocratica, clericale, razzista, imperialista, guerrafondaia, tragica alleata del nazismo austro-germanico di Hitler, traditrice quindi di tutto il Risorgimento, che l’ha trascinata nella fornace della II Guerra Mondiale con devastazioni e rovine tra le più grandi e inimmaginabili della storia della Nazione fino ad una guerra civile, con la tragica sconfitta e con la perdita dolorosa dell’Istria (1922-1945). Un regime durato 23 anni.

1946-2019. L’Italia repubblicana con profonda cesura istituzionale del regime monarchico abolito col referendum del 2 giugno 1946. Una nazione ritornata libera e pienamente democratica (anche col voto alle donne), ricollegata così all’Italia risorgimentale in senso pieno, con l’aiuto possente e decisivo degli Stati Uniti e dell’Inghilterra e del prezioso contributo degli Antifascisti della Resistenza.

Una Italia capace di una delle più sorprendenti ricostruzioni nel dopoguerra e di uno slancio economico, sociale inimmaginabile da far parlare di un ‘miracolo’, con mutazione e crescita antropologiche e culturali epocali, pacifica e costruttrice dell’Unità Europea, impresa complessa ancora in corso, ma salvifica per tanti aspetti.

Ma la cara Italia repubblicana si è rivelata ancora incapace di risolvere secolari problemi di laicità dello Stato per la possente presenza della religione cattolica, che ha il suo centro proprio in Italia, squilibri territoriali legati a tante cause, non ultime la stessa lunga e tormentata sua configurazione geografica-fisica, le questioni di criminalità organizzate disumane e ramificate, soprattutto di classi dirigenti dalle ideologie di origine non liberali e quindi non adeguate a gestire e a rendere pienamente operative ed incisive le istituzioni liberali e democratiche.

2020. La pandemia.

Il coronavirus ha creato una situazione storico-antropologica nuova e drammatica nella storia d’Italia: stiamo tutti in casa e con migliaia di morti, che aumentano ovunque ogni giorno e in particolare in Lombardia, con punte drammatiche nella cara e laboriosa provincia di Bergamo dalle nobili tradizioni risorgimentali (è la città garibaldina per eccellenza, avendo dato uno dei più grandi contributi di partecipazione ad esempio alla spedizione dei Mille del 1860).

È una sfida inedita che la nostra amata Patria sta affrontando con forza e dignità, al di là di meschine tendenze strumentali di nani politici, nazionali e regionali.

Stiamo toccando tutti la forza, la solidità, la preziosità, la profondità del nostro legame di Italiani, creazione risorgimentale, riconquistata dopo il regime fascista, al di là di ogni differenza sociale e territoriale.

Ce la faremo, ma dobbiamo trarre da questa dura esperienza insegnamenti per concentrarci di più, e decisamente, sui veri problemi del vivere personale, sociale, politico.

Non sono più possibili divisioni, dilettantismi, superficialità, sottovalutazioni, evasioni, stordimenti, inculture.

Occorrono responsabilità, serietà, partecipazione civile e politica, contro il pericoloso astensionismo, riconoscimento del merito, delle competenze, perché il mondo è divenuto sempre più complesso e tragicamente imprevedibile.

Serve una nuova classe dirigente a livello nazionale, locale ed europeo,  con altra cultura etico-politica, con una nuova dimensione culturale, che sappia operare, avendo finalmente e decisamente e costantemente come stella polare ‘il bene comune’, ‘la difesa e la promozione dei diritti e dei doveri costituzionali di Tutti’, e non, come spesso è capitato, gli interessi meschini e corrosivi di clan e di corporazioni.

Nella memoria e nella gratitudine costantemente rinnovate a livello civile di tutti i Grandi che dal 1789 ad oggi hanno contribuito a creare e a rendere nobile, stimata e ammirata in tutto il Mondo, la nostra cara Patria una, indivisibile, libera, democratica, laica, moderna, europea, perché  un Popolo che non ha memoria non ha futuro.

 

 

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