Il concetto e la pratica della democrazia si è evoluto come qualunque altra istituzione politica dell’uomo e come l’uomo stesso nel corso dei millenni, ma questo senso dell’inevitabile evoluzione e dell’involuzione del cammino dell’umana avventura, che genericamente e forse anche ambiguamente siamo soliti definire storia, non sempre viene percepito e avvertito.
Nel caso della democrazia degli Antichi, specificamente quella della polis ateniese, nel V secolo a.C., i manuali di Storia e, non solo essi, ma anche gran parte della vulgata mediatica, veicolano e descrivono le istituzioni e le funzioni democratiche ateniesi come una moderna, capitalistica, borghese, normale e familiare Assemblea di deputati e senatori intenti a discutere pacificamente e a deliberare proficuamente in nome e per conto del popolo sovrano che essi rappresentano.
La democrazia ateniese, ovviamente, non era questo.
Innanzitutto essa nacque sulla punta delle baionette rivoluzionarie e malgrado tutti i tentativi degli storici moderni di depotenziare la sua natura rivoluzionaria e di normalizzarla, essa, fino alla fine, rimase un regime rivoluzionario, di Rivoluzione permanente.
Di fronte allo strapotere totalitario e al monopolio aristocratico del potere e alla sua violenza istituzionalizzata, fondati sul possesso esclusivo ed ereditario del latifondo, vituperato o accarezzato dalla classe dei medi e piccoli coltivatori proprietari liberi e indipendenti, i teti, il nerbo degli equipaggi marittimi ad Atene, la classe più bassa dei cittadini liberi, si contrapposero come classe sociale e politica alternativa e consapevolmente rivoluzionaria.
E quando essi ebbero raggiunto il potere ad Atene, costituirono un governo democratico di classe, per mezzo del quale, tentarono in tutti i modi possibili di ridimensionare ed estirpare il potere aristocratico.
E non a caso e conseguentemente l’aristocrazia ateniese, costretta all’esilio, interpretò il termine democrazia come potere del popolo, ma soprattutto come comando e violenza del popolo.
L’antica democrazia ateniese fu sempre percepita dagli aristocratici non solo ateniesi come un governo di classe, della classe dei cittadini più poveri di Atene, i teti, la classe più bassa dei cittadini liberi, costituenti il nerbo degli equipaggi marittimi.
Uno dei motivi per cui essa ad Atene soprattutto non riuscì mai a stabilizzarsi in modo definitivo è da attribuire alla sua essenza rivoluzionaria di dominio di classe.
Per questa sua spiccata connotazione classista e decisamente sovversiva, essa trovò sempre la massima e altrettanto, se non di più, totale e radicale opposizione degli aristocratici ateniesi.
Questi ultimi, consapevoli della loro alterità ed assoluta estraneità al comando del popolo tetico, costretti all’esilio, dai loro dorati rifugi all’estero, non smisero mai di tramare e complottare contro il popolo povero dell’antica Atene democratica.
Probabilmente nel mondo antico essi furono tra i primi a rendersi conto dell’intreccio indissolubile tra democrazia e talassocrazia, dominio dei mari.
L’Atene antica e democratica, per gli aristocratici ateniesi costretti all’esilio, declassati e spossessati e ossessivamente, parossisticamente e eternamente esagitati dall’idea e dalla pratica del complotto e dell’eversione antidemocratica, era un’Idra, il Drago delle Acque dalle mille teste che attendeva il loro Ercole per essere annientata e con essa la sua potenza marittima che la rendeva prospera e imperialistica.
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