Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Guglielmo Oberdan: morire per la libertà

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A partire dal 1886 si era sviluppato in Italia l’ “Irredentismo”, un movimento politico-culturale in favore dell’estensione dei confini nazionali alle regioni con prevalente popolazione italiana soggette ad altre sovranità, in particolare all’Austria.

Oggetto della rivendicazione irredentista furono pertanto essenzialmente le regioni del Trentino e della Venezia Giulia, rimaste sotto l'amministrazione austriaca anche dopo la III guerra d'indipendenza del 1866, nonché il territorio della città di Fiume e la Dalmazia.

D’ispirazione democratica, gli irredentisti denunciavano l’interruzione del processo di unificazione e ne riproponevano la ripresa in termini ora politici ora militari.

Tra i primi nuclei organizzati vi fu l’ “Associazione in pro dell’Italia irredenta”, fondata a Napoli nel 1877 da Matteo Renato Imbriani che per primo utilizzò il termine “irredento”, ossia “non liberato”.

A Trieste, terra appartenente all’Austria, il movimento fu sostenuto particolarmente dalla borghesia che ne alimentò la propaganda e i gruppi cospirativi.

Essi si ispirarono largamente agli ideali risorgimentali, traendo forza soprattutto da una parte del pensiero di Giuseppe Mazzini e raccolsero adesioni soprattutto nell'ambito dei nascenti movimenti anti-imperialisti socialisti, dai quali vennero alcuni dei più illustri esponenti dell'irredentismo, come il triestino Guglielmo Oberdan.

Nato a Trieste il 1 febbraio del 1858 da madre slovena, nonostante le umili condizioni della famiglia, il giovane Oberdan riuscì ad arruolarsi nell’ Imperial regio esercito austro-ungarico, a studiare e a conseguire la maturità tecnica.

Attraverso la frequentazione dei salotti letterari entrò in contatto con influenti personalità politiche del tempo. Grazie ad una borsa di studio elargita dal comune di Trieste, nel 1877 poté iscriversi al Politecnico di Vienna divenendo una figura di guida per gli studenti italiani.

Ma nel marzo dell’anno seguente, avendo l'Austria proclamato la mobilitazione per occupare militarmente la Bosnia ed Erzegovina come deciso nel Congresso di Berlino, ricevette la chiamata alle armi e dovette interrompere gli studi.

Contrario all’occupazione, Oberdan decise di disertare. Abbandonò Vienna e si diresse a Roma dove frequentò i movimenti degli ex garibaldini.

Impossibilitato a continuare gli studi universitari in seguito alla sospensione del sussidio per via delle sue opinioni politiche, riuscì a vivere lavorando a traduzioni dal tedesco per alcuni giornali.

Attivista irriducibile, partecipò ai funerali di Garibaldi con la bandiera di Trieste al collo per dimostrare il suo lutto.

Nel luglio del 1882 avvenne l’incontro con Imbriani, leader del movimento irredentista. Fu allora che il giovane Oberdan prese la decisione di organizzare un attentato contro l’Imperatore Francesco Giuseppe in visita a Trieste in occasione dei 500 anni di dedizione della città all'Austria.

Oberdan cercò di trasportare da Roma a Trieste due bombe a mano. Si trattava di bombe alla “Orsini”, degli ordigni la cui carica esplosiva composta da fulminato di mercurio, aveva una potenza superiore alla normale polvere da sparo.

Le bombe furono così denominate dal loro inventore, il patriota Felice Orsini che nel 1857 le aveva disegnate, realizzate e sperimentate lui stesso lanciandone una contro la carrozza imperiale di Napoleone III di Francia. L’attentato causò la morte di otto persone e il ferimento di altre 142, compreso lo stesso Orsini, ma mancò il vero bersaglio.

Oberdan, accompagnato dall’istriano Donato Ragosa, nella località di Ronchi di Monfalcone (oggi "dei Legionari") venne però arrestato dopo che aveva sparato malamente a un gendarme che aveva scorto il suo ingresso clandestino nei pressi di Versa.

Portato davanti al giudice confessò il suo intento e si autoaccusò.

Il 20 ottobre 1882 venne condannato a morte per impiccagione dalla giustizia austriaca. I capi d’accusa furono: alto tradimento, diserzione in tempo di pace, resistenza violenta all'arresto e cospirazione.

Nonostante i numerosi appelli alla grazia da tutto il mondo intellettuale, tra cui lo scrittore francese Victor Hugo, il 4 novembre la condanna venne confermata e solo all'alba del 20 dicembre Oberdan venne impiccato nel cortile interno della caserma grande di Trieste. Quel giorno compì ventiquattro anni.

Il suo ultimo pensiero fu per l’Italia: morì gridando «Via l’Italia, viva Trieste libera!»

Subito dopo la sua morte i triestini lo elevarono al rango di martire. Le adesioni al movimento irredentista moltiplicarono e la lotta contro il regime austriaco raggiunse il suo apice. Sorsero ben quarantanove Associazioni Oberdan che diffusero l’ideale del movimento.Ciononostante queste formazioni ebbero scarso appoggio nel Regno, soprattutto dal governo di Francesco Crispi interessato più alle imprese coloniali che a quelle irredentiste

Nonostante i resti di Oberdan siano andati perduti, molteplici furono gli omaggi alla memoria non solo da parte di Trieste, ma di tante città italiane. Strade, licei, piazze.

La caserma triestina in cui fu giustiziato fu ribattezzata col suo nome. In seguito alla demolizione fu conservata la  cella e l’anticella dove fu rinchiuso.

Oggi sono incorporate nel Museo del Risorgimento e il mausoleo a lui dedicato non manca di fiori freschi,

Il nome di Oberdan è ricordato anche nella  La canzone del Piave e in un inno triestino molto popolare.

Giosuè Carducci il 22 giugno 1886 pubblicò su Il Resto del Carlino un'epigrafe in suo onore che fu successivamente incisa su una lapide:

«In memoria xx dicembre 1882 Guglielmo Oberdan morto santamente per l'Italia, terrore ammonimento rimprovero ai tiranni di fuori ai vigliacchi di dentro. Giosuè Carducci xx dicembre 1907.»

 

 

 

 

 

 

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