Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

A lezione di razzismo nell’Italia fascista

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«Ma fra i nuovi conquistatori si era mescolata la razza giudaica, disseminata lungo le rive del Golfo Persico e sulle coste dell’Arabia, dispersa poi lontano dalla patria d’origine, quasi per maledizione di Dio, e astutamente infiltratasi nelle patrie degli Ariani, Essa aveva inoculato nei popoli nordici uno spirito nuovo fatto di mercantilismo e sete di guadagno, uno spirito che mirava unicamente ad accaparrarsi le maggiori ricchezze della terra. L’Italia di Mussolini, erede della gloriosa civiltà romana, non poteva rimanere inerte davanti a questa associazione di interessi affaristici, seminatrice di discordia, nemica di ogni idealità.»

Così si leggeva ne Il libro della quinta classe elementare: letture di Luigi Rinaldi, edizione 1941, nel capitolo Le razze, per giustificare le misure razziste adottate dal regime a partire dal 1938 nei confronti degli ebrei. E’ stato uno dei documenti presentati nel 2015 nella mostra A lezione di razzismo - Scuola e libri durante la persecuzione antisemita, allestita nel 2015 presso il Museo Ebraico di Bologna in occasione della Giornata della Memoria. 

Il sistema dell’istruzione scolastica fu il primo ad essere colpito dai provvedimenti razzisti, con l’espulsione dei docenti e degli studenti ebrei dalle scuole, e fu uno degli strumenti principali del regime fascista per inoculare il veleno razzista nella popolazione italiana, in particolare nelle nuove generazioni, attraverso i libri di testo, i temi scolastici e le lezioni degli insegnanti, prendendo di mira prima le popolazioni colonizzate dell’Africa e poi gli ebrei. 

Lo attestano i materiali della mostra, provenienti dall’Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, istituito nel 1925 che ha avuto l'obiettivo di ospitare un'esposizione permanente della "scuola nuova", frutto della riforma Gentile.

Libri, quaderni, diari, oltre a diverse fotografie dell'epoca, che illustrano il clima in cui crebbe la gioventù in quegli anni, fondato sul mito della superiorità della razza latina, sulla rigida divisione tra "civilizzati" e "non civilizzati", a partire dagli abitanti autoctoni delle colonie dell’Impero, e sull’esaltazione dei ragazzi bianchi e fascisti. E contribuiscono a spiegare il forte consenso alle leggi razziste degli italiani dell’epoca. Un film in bianco e nero che non fa onore all’Italia, ma che bisogna ricordare. 

 

Mario Avagliano

 

 

 

 

 

 

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