Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Da Montevideo a Marsala: quel legame poco conosciuto tra l'Uruguay e noi

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«Ognuna di quelle bandiere segnava una proprietà italiana. Giammai la statistica de nostri connazionali si presentò in un quadro pittorico così imponente».

Così un passaggio della relazione che il console italiano in Uruguay, G.B Raffo, stilò per il Regio Ministero degli Affari Esteri sui festeggiamenti nel paese sudamericano dopo la proclamazione del Regno d'Italia (il rapporto risale al 30 maggio 1861).

La gioia degli italiani e degli uruguaiani per l'unificazione politica della penisola testimonia la passione di nostri emigranti, come degli “Orientales”, per la causa risorgimentale, ed è soprattutto quest'ultimo aspetto il fulcro del lavoro proposto.

Oltre all'aver contribuito all'edificazione e allo sviluppo dello Stato uruguaiano attraverso l'emigrazione, com'è noto gli italiani si schierarono infatti dalla parte di Montevideo nella cosiddetta “Guerra Grande” (il conflitto che tra il 1839 e 1852 vide opposti Argentina e Uruguay), combattendo sotto le insegne della Legione Italiana*, una brigata di quasi mille uomini al comando di Giuseppe Garibaldi.

 

Già ottimi, i rapporti tra Casa Savoia e l'Uruguay si faranno ancora più stretti dopo il 1861, probabilmente anche per un sentimento di riconoscenza verso l'Italia dato il ruolo dei suoi miliziani nella guerra del 1839-1852.

Oltre ad un aumento del numero dei consoli uruguaiani nel Regno sabaudo (più cinque nel 1864), il 10 settembre 1867 i due paesi siglarono il Trattato di Commercio e Navigazione, che sarà ulteriormente perfezionato a vantaggio dell'Italia tra il 1885 e il 1886. Di nuovo, tra il 1886 e il 1890 venne firmato il "Contratto Taddei" (Emilio Taddei era un agente italiano per l'emigrazione) per favorire l'arrivo in Uruguay di 2000-3000 famiglie di agricoltori italiani.

Tornando al ruolo dei nostri emigranti nella costruzione dello Stato uruguaiano, saranno di particolare interesse i casi dei medici sardi Giovanni Battista Fa e Giovanni Antonio Crispo Brandis di Codrongianos. Come spiega Cossu:

«Il primo, emigrato in Uruguay nel 1883 insieme alla sua famiglia, per la sua naturale inclinazione ad assistere gratuitamente i pazienti privi di risorse economiche venne chiamato il “padre de los pobres” (padre dei poveri, ndr), appellativo con il quale fu comunemente conosciuto a Las Piedras e, più in generale, nel dipartimento di Canelones.

La vicenda biografica di Fa, medico massone legato alla figura dell'eroe dei due mondi, si inserisce nel quadro di rapporti e degli scontri politici tra clericali e laici che portarono la Repubblica Orientale dell'Uruguay nel 1918 a stabilire una netta e rigida separazione tra Stato e Chiesa.

Il secondo [...] emigrato nella Banda Orientale nel 1871, insegnò patologia medica e ricoprì il ruolo di preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Montevideo. Benefattore dell'Ospedale Italiano della capitale, fu amico e medico personale di Suor Maria Francesca di Gesù (al secolo Anna Maria Rubatto) la prima beata dell'Uruguay. Nel 1887, insieme ad altri soci italiani, in gran parte legati alle attività della Camera di Commercio Italiana nell'Uruguay, fondò il Banco Italiano dell'Uruguay. Istituto bancario che in quell'anno fece una banconota del valore di 10 pesos che riproduce le effigi di Cavour e Garibaldi, i due principali artefici dell'Unità d'Italia» .

L'Uruguay ha omaggiato Garibaldi con l'intitolazione di strade e piazze, con monumenti, statue e case museali, e intitolandogli una città, la città di “Garibaldi” (nel dipartimento di Salto).

Il 20 settembre, gli uruguaiani di origine calabrese (dunque ex sudditi borbonici) festeggiano invece la “Giornata di Garibaldi”, che ricorda sia il Nizzardo che la Breccia di Porta Pia.

 

 

*La vicenda della Legione Italiana è stata già trattata dal nostro giornale,  per questo si è scelto di farvi  qui solo un breve accenno.

 

Bandiera della Legione Italiana

 

 

 

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