Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La repressione del brigantaggio del 1796 ricordata da Luigi Conforti

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Luigi Conforti, è stato uno storico, un poeta, un saggista meridionale.

Nato a Torino nel 1854, quando il padre, il grande giureconsulto Raffaele (Calvanico, Salerno, 1804 - Caserta, 1880), protagonista del Risorgimento Italiano (organizzatore del plebiscito di Napoli del 21 ottobre 1860, poi deputato e senatore, divenuto anche ministro di grazia e giustizia dell’Italia una e libera), era in esilio con tanti altri grandi oppositori meridionali antiborbonici.

Luigi si laureò in giurisprudenza a Siena e in lettere a Firenze.

Fu segretario del Museo Nazionale di Napoli, tra i fondatori di ‘Napoli Nobilissima’ e autore di saggi preziosi su Napoli, anche con guide famose, tradotte all’estero, come quella su “Napoli e dintorni”, in collaborazione con Salvatore Di Giacomo, e di ricerche storiche accurate e con documenti inediti sulla storia di Napoli di fine Settecento, in particolare sul 1799 e sul periodo antecedente, anche per il legame familiare con uno dei principali protagonisti e martiri della epocale vicenda della Repubblica Liberaldemocratica Napoletana, Francesco Conforti, ministro dell’interno di essa, già abate, teologo, professore di storia all’Università di Napoli, impiccato il 7 dicembre 1799.

 

Luigi  morì a Napoli nel 1907.

In un passo del libro Napoli dal 1789 al 1796,  attraverso la pubblicazione di documenti inediti, il Conforti affrontò  la questione del brigantaggio.

In data 30 settembre 1796 – scriveva Conforti -  il segretario di Stato Simonetti aveva fatto alla Gran Corte le seguenti comunicazioni:

«Le delegazioni venute in questo mese di agosto del delegato straordinario nella provincia di Montefusco, fiscale Carabi, delli Presidi di Salerno e di Catanzaro, delle udienze di Trani e di Lucera, ed anche del Preside di Foggia descrivono le numerose comitive di ladroni e malviventi le quali scorrendo da paese a paese e da provincia a provincia portano il terrore e lo spavento dappertutto, commettendo omicidi, furti, ricatti ed altri gravissimi eccessi, con aumentarsi sempre più delli disertori della truppa veterana, nonché di miliziotti volontarii, e fucilieri di Montagna antichi e nuovi e da condannati fuggitivi delle pene di galera e di Presidio e chiedono la forza militare per poterle perseguitare ed esterminare, non bastando quella indebolita delle Compagnie di campagna e l’altra con poco buon effetto adoperata dagli armigeri dei Baroni.»

Quindi notava che i delegati straordinari, inviati nelle province, poco frutto avevano arrecato, «quantunque molte centinaia di tali scellerati si fussero sterminati e mandati alle forche ed altre asprissime pene.»

Sicchè il re (Ferdinando IV) investiva tutte le udienze ed i Tribunali di campagna di poteri eccezionali, accordando loro il potere di «derogare da qualunque foro anche privilegiatissimo con la facoltà di fare qualunque privilegiato processo e di eseguire subito senz’appello, o ricorso, o relazione, o revisione, e senza termini legali qualunque sentenza e condanna anche di ultimo supplizio.

Il Regno era in balìa del brigantaggio più feroce; l’esercito vedeva assottigliar le sue fila dai disertori, che all’onor delle armi preferivano l’assassinio ed il furto; le compagnie armate demoralizzate, gli armigeri dei Baroni timidi o conniventi, i delegati straordinari, benchè sforniti di poteri eccezionali, mandavano a centinaia i colpevoli alla forca.

Si immagini quando ebbero le Udienze le potestà e le facoltà che loro concesse il Re. La forca fu in permanenza.»

 

 

Citazioni tratte da:

 Luigi Conforti, Napoli dal 1789 al 1796 con documenti inediti, Napoli, Editore Anfossi, 1887, pp.294-296.

 

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