Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il mio lungo satyagraha per S. Francesco Caracciolo

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Una delle passioni della mia vita, che mi ha tenuto impegnato per lunghissimo tempo, e con periodi spesso intensi, è stato il mio interessamento per S. Francesco Caracciolo. E ciò è accaduto soprattutto perché questo Santo, che ho sempre ammirato per sua umiltà,  è morto in Agnone, il mio paese natio, verso il quale sconfinato è sempre stato il mio amore

Ma chi è questo Santo per il quale ho dedicato tanto tempo per valorizzarne il ricordo?

Ascanio Caracciolo (il futuro san Francesco Caracciolo)  nacque a Villa s. Maria (Chieti) il 13 ottobre 1563. Rampollo di una nobile famiglia fu colpito in età giovanile dalla grave malattia della lebbra. Pregò vivamente Dio che potesse aiutarlo in questa triste condizione, promettendo che si sarebbe consacrato a Lui se si fosse salvato.

Guarito miracolosamente si recò a Napoli e presso la Compagnia dei Bianchi cominciò a svolgere le sue opere di misericordia per i più bisognosi, tra cui anche i carcerati. Insieme con Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo fondò l’Ordine dei Chierici Regolari Minori, approvato da Sisto V  il 1° luglio 1588.  Il 9 aprile 1589 emise la sua professione religiosa con il nome Francesco. Il 16 giugno 1590 fu ordinato sacerdote.  Fu protagonista di tre avventurosi viaggi in Spagna, durante i quali fondò alcune case  religiose.

 

In Italia egli svolse in particolare la sua attività spirituale  a Napoli, nella chiesa di S. Maria Maggiore, e a Roma in S. Lorenzo in Lucina. Nel 1608 decise di venire  in Agnone per fondare una casa religiosa, ma dopo un viaggio difficoltoso vi morì il 4 giugno 1608. Il suo Ordine si distinse per umiltà (rifiuto delle dignità ecclesiastiche), per fede ardente (adorazione continua del SS. Sacramento)  e per l’aiuto dato ai più bisognosi.

Fu beatificato il 4 giugno 1769 e poi canonizzato il 24 maggio 1807. La sua statua si trova nella sacrosanta Basilica di S. Pietro a Roma, tra quelle dei fondatori degli Ordini religiosi. Per la sua attività svolta a Napoli e per i suoi miracoli ivi verificatisi viene considerato compatrono di Napoli, nella cui Cappella del Tesoro del Duomo si conserva un suo importante busto argenteo.

S. Francesco Caracciolo è tornato in questi giorni di attualità perché il 23 dicembre del 2018 nella chiesa di S. Marco di Agnone c’è stata un’ importante cerimonia religiosa, alla presenza di autorità religiose e politiche e di un folto pubblico di fedeli.

I Chierici Regolari Minori hanno riaperto una loro casa in questa città, dove morì il loro principale fondatore. Ho visto così realizzato uno dei sogni importanti per il quale in passato io mi ero particolarmente impegnato.

Cosa veramente  accadde in quegli anni del mio interessamento per il Santo? Più precisamente la mia attività per S. Francesco Caracciolo fu svolta dal 1989 al 2006, con alcuni altri sporadici interventi successivi sino al giubileo caracciolino 2007-2008, cioè nel lungo periodo in cui sono stati Prepositi Generali dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori prima  P. Mario Salon, poi  P. Nello Morrea  e infine P. Raffaele Mandolesi.

Quanto avvenne in quegli anni fu certamente memorabile. Il lavoro da me compiuto per S. Francesco Caracciolo, a partire da quando  in Agnone il Santo era quasi dimenticato, fu tra i più intensi della mia vita.

Si trattò di un vero e proprio satyagraha nonviolento, cioè di un’azione di insistenza per il trionfo della verità, che per me consisteva nel risvegliare il culto di S. Francesco Caracciolo ad Agnone, e sempre in questa città nel creare un museo in suo onore e nel far rifondare una casa dei Chierici Regolari Minori. E questa mia lunga azione nonviolenta di sensibilizzazione fu diretta nei confronti del clero locale, della Diocesi di Trivento, dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori e del Comune di Agnone.

Voglio ricordare gli avvenimenti più importanti che si verificarono.

Il mio lungo interessamento più precisamente può essere suddiviso in tre periodi.

Per quanto riguarda il primo periodo, che va dal 1989 al 1999, cioè per i primi dieci anni, l’impegno che profusi  è stato sinteticamente da me già raccontato nel libro  che ho scritto insieme a Mario D’Aloise intitolato Il nostro amore per S. Francesco Caracciolo, (pubblicato nel febbraio 2001 dalle Edizioni dell’Amicizia di Agnone) e precisamente nelle pagine 103-178. Per risvegliare il culto di S. Francesco Caracciolo cominciai con l’avere  contatti con i Caracciolini  e con il pittore Olindo Castracane, che vivevano a  Villa S. Maria, dove il Santo era nato, e poi essi continuarono con il vescovo di Trivento mon. Antonio Santucci, con la sede generalizia dei Chierici Regolari Minori  presso la parrocchia dei SS. Angeli Custodi di Roma, con la Pia Unione della Famiglia Caracciolo, alla quale apparteneva anche la signora Marella, moglie dell’avv. Giovanni Agnelli (recentemente scomparsa),  nonché ovviamente con il Comune di Agnone.  Scrissi l’ articolo “ Il mio amore per S. Francesco Caracciolo” sulla rivista di famiglia della Pia Unione. 

Contribuii poi con il dare alcune foto di carattere agnonese al Preposito Generale p. Mario Salon per la corposa ripubblicazione della vita del de Vives sul Santo nella collana “Ad maiorem Resurgentis Gloriam”. Cercai successivamente di far realizzare un dipinto dal pittore Castracane sulla morte di S. Francesco Caracciolo da mettere sulla parete di fondo del corridoio del primo piano del convento dei Filippini, vicino alla cappella del suo transito.

Il dipinto, però, non fu poi più realizzato per l’opposizione del sindaco sen. Remo Sammartino, che non gradì il bozzetto del quadro presentato dal pittore. Andai inoltre a Roccamontepiano a parlare con il caracciolino p. Guido Petrilli, per convincerlo a venire ad Agnone, giacché sapevo che non era oberato a Roma, dove viveva, da seri impegni nell’ambito dell’ Ordine, ma non riuscii nell’intento.

Con il nuovo Preposito Generale, p. Nello Morrea, eletto nel 1994 si riaccesero le speranze di un rientro dei Caracciolini in Agnone. P. Nello si mostrò sempre disponibile per quanto cercavo di fare per far risorgere il culto di S. Francesco Caracciolo nella mia città. 

Fu favorevole all’iniziativa che intrapresi che si realizzasse nel convento dei Filippini un museo intestato al Santo. Sollecitai con Mario D’Aloise  un incontro a Roma che ebbe luogo nella Chiesa dei SS. Angeli Custodi il 15 aprile 1998, alla presenza anche del Preposito Generale p. Nello Morrea, per capire quelle che erano le vere intenzioni dei CRM per quanto riguardava la fondazione di una loro casa  in Agnone, ma ne uscii deluso perché si era sul piano delle promesse, ma non di un impegno concreto.

Il secondo periodo dal 1999 al 2001 fu quello più intenso  di questa mia storia caracciolina, e venne da me dedicato  per la costituzione del museo sacro intestato a S. Francesco Caracciolo e alla storia religiosa di Agnone, nonché per la preparazione del libro “Il nostro amore per S. Francesco Caracciolo”, scritto da me e da Mario D’Aloise e che fu presentato il 4 giugno 2001.

La costituzione di un museo a S. Francesco Caracciolo sarebbe stato  utile non solo per Agnone, ma anche per i Caracciolini, che vedevano in esso un modo di valorizzare la figura del loro fondatore. Per questo motivo era ben visto dal Preposito Generale p. Nello Morrea, che sollecitò il Comune di Agnone perché venisse realizzato.

Per costituire il museo andavo tutte le mattine nella Biblioteca Comunale di Agnone, allora diretta dal dr Antonio Arduino, o al convento dei Filippini dove doveva essere allestito.

Il mio impegno, che si protrasse a tempo pieno per oltre un anno, colpì per la sua assiduità a tal punto il Comune che il sindaco pro tempore  Franco Marcovecchio, con delibera comunale del 22 maggio 2000 conferiva “ufficialmente al Prof. Remo de Ciocchis di Agnone l’incarico per l’idea progetto e l’allestimento del Museo S. Francesco Caracciolo e della storia religiosa di Agnone in collaborazione con il Dr Antonio Arduino, Direttore della Biblioteca Comunale”.

La delibera precisava anche “che il suddetto incarico è da considerarsi a titolo di assoluta liberalità ed il prof. de Ciocchis è autorizzato per lo scopo a servirsi della collaborazione del personale della biblioteca comunale”. Infine venivo ringraziato “in considerazione della sua prestazione a titolo assolutamente gratuito”. Ricordo la collaborazione che ebbi da Bruno Cerimele, che allora prestava servizio presso la biblioteca comunale.

In quel periodo in cui dedicai tutto il mio tempo per la realizzazione del museo, furono fatti anzitutto spese inerenti ad alcuni lavori di muratura, di pittura e di elettricità (come i fanaletti).

Tra le cose realizzate è bene ricordare che fu ridipinta, con grande cura e rispetto, la cappella che ricorda il luogo dove è morto S. Francesco Caracciolo da parte del pittore Raffaele De Simone.

Per dare maggiore lustro alla cappella e creare un’atmosfera caracciolina feci dipingere nei riquadri rettangolari superiori delle sue quattro porte e di quella d’ingresso al corridoio del primo piano le seguenti significative scritte, che avevano a che fare con la vita e soprattutto la morte del Santo: “Haec requies mea in seculum saeculi”, “Zelus domus tuae comedit me”, “Beati  qui habitant in domo tua  Domine”, “”Oratio circularis continua”, “Votum non ambiendi dignitates”. Il quadro di S. Francesco Caracciolo, sito sull’altare della cappella, fu restaurato da Annamaria Salon, che era una  pittrice, nipote dell’ ex Preposito Generale p. Mario Salon.

L’idea progettuale del museo prevedeva sette sale: tre al piano terra e quattro al primo piano. La denominazione sarebbe stata la seguente: “Museo S. Francesco Caracciolo e della storia religiosa di Agnone”. Avevo progettato un museo sacro per la grande storia religiosa di Agnone, che avrebbe avuto il suo culmine nella morte di S. Francesco Caracciolo, unico Santo, fondatore di un ordine religioso, deceduto in questa città.

Nel pianterreno ci sarebbero state 3 sale: una sala-corridoio introduttiva alla storia religiosa di Agnone, una sala  benedettina e un’altra francescana.

Nel primo piano, invece ai lati della Cappella, che ricordava il transito di san Francesco Caracciolo,  ci sarebbero state una sala-corridoio sulla vita del Santo, un’altra sala dedicata alla sua morte, una terza sala su Agnone caracciolina (P. Luigi Tamburri, Tommaso Lolli, fondazione della prima casa dei CRM ad Agnone nel 1703), filippina e mariana e infine una quarta sala intestata al clero secolare, all’arte e al folklore religiosi di Agnone.

Si pensò di mettere in un angolo di ogni sala  un portaostensorio ligneo, nel quale poi doveva essere messo l’ostensorio, simbolo di S. Francesco Caracciolo, come leit-motiv ricorrente di tutta l’esposizione. Per il museo vennero realizzate anzitutto  una cinquantina di consistenti e pregevoli cornici in legno, poi sette di formato grande e altre più piccole per indicare il numero e la denominazione di ogni sala e infine una per la Cappella del Transito, da parte della falegnameria D’Ascenzo di Agnone.

I testi e le immagini, che dovevano essere messi nelle cornici, furono da me preparati facendo uno studio approfondito non solo della vita di S. Francesco Caracciolo, ma anche  della storia religiosa di Agnone. E poi mi recai un’ infinità di volte con la mia auto a Isernia presso la Mithograph, che tramite computer e particolari stampanti produsse i primi 25 eccellenti quadri, tra normali e grandi, che poi vennero sistemati nelle cornici.

I quadri prodotti riguardavano la vita di S. Francesco Caracciolo, la sua morte e  Agnone caracciolina. Ricordo che portavo a Isernia parecchi libri, da cui venivano prese le immagini a corredo dei testi. Uno di essi fu dalla Mithograph smarrito e non mi venne più restituito.

Fu il mio un  lavoro intenso, che mi teneva sempre occupato solo per realizzare il museo. Ricordo che mio padre Giovanni tanto si preoccupò nel vedermi impegnato che mi disse: “Remo, se continui così ti ammalerai, per cose che non devi fare tu, ma i preti e il Comune”.

Inoltre la falegnameria D’Ascenzo produsse dieci straordinarie bacheche a tavolo per mettere in esse documenti o libri su san Francesco Caracciolo o sulla storia religiosa di Agnone. Ricordo che il Preposito Generale p. Nello, d’accordo con la mia impostazione,  ogni tanto veniva da Roma ad Agnone a vedere come si stava costituendo il museo e una volta portò una copia di un’antica  edizione del libro “Le Sette Stazioni”, scritto da S. Francesco Caracciolo, da mettere in una bacheca a tavolo.

Il museo era  nel complesso già bene impiantato. In tutte le sale erano state sistemate le cornici e le bacheche a tavolo e i portaostensori di legno. Nelle tre sale del primo piano accanto alla cappella del transito erano stati sistemati nelle cornici i  25 quadri preparati dalla Mithograph,  inerenti alla vita del Santo, alla sua morte e ad Agnone caracciolina.

Per il completamento mancavano alcune bacheche a muro, poche basi di legno da mettere sul pavimento per sostenere alcuni oggetti museali e i restanti quadri da inserire nelle cornici, che avrebbe dovuto continuare a fare la Mithograph e di cui avevo già pronti i testi.

Si credette opportuno, a un certo momento, dietro insistenza del Comune, di inaugurare il museo cominciando  ad aprire al pubblico le stanze caraccioline e completare successivamente il lavoro. Io non fui contrario a questa idea.

Per aprire il museo necessitava prima di tutto un custode. Il Comune non riuscì a nominarlo per cui non fu possibile che venissero dati dai sacerdoti oggetti sacri da esporre senza che ci fosse una persona responsabile che li sorvegliasse. L’arciprete Don Alessandro Di Sabato diede diversi oggetti sacri lignei per il museo.

Anche il parroco pro tempore di S. Antonio Abate, Don Angelo Ricci, ne voleva dare altri,  tra cui anche la cosiddetta “Pace di S. Antonio”, oggetto argenteo che veniva fatto baciare ai fedeli in certe occasioni festive, ma io feci presente che senza un custode responsabile consideravo rischioso esporre manufatti così preziosi  con il pericolo di essere rubati. Ostacoli cominciarono a sorgere anche per quanto riguardava l’ultima somma che il Comune doveva  erogare.

Di fronte ad un atteggiamento comunale non più collaborativo, abituato a credere che avrei pensato io sempre a tutto,  dovetti per forza desistere.  Un impegno gratuito come il mio avrebbe dovuto essere da tutti apprezzato e favorito. Riscontrai invece tutt’altro che gratitudine.

Il dr. Arduino, bibliotecario di Agnone, troppo sensibile alla vanità, non digerì la nomina fattami dal Comune  di vedere che esso aveva preferito me a lui. Si limitava solo a preparare la delibera delle spese che venivano fatte e a poco altro.  

Dopo una collaborazione iniziale un po’ alla volta cominciò ad avversarmi sino al punto  da condannarmi, anche per altre successive incomprensioni, alla quasi damnatio memoriae nei suoi quattro libri scritti su Agnone. La Pro Loco, pur di avere libera la più ampia stanza del pianterreno per le conferenze,  una volta fece togliere le bacheche a tavolo, che io avevo fatto mettere in essa, per farla diventare Sala Francescana.

Nel terzo periodo da 2002 al 2006,  non mi dedicai più al museo. Non potendo continuare il mio lavoro progettato, dedicai ogni tanto il mio tempo ad insistere perché i  Chierici Regolari Minori rifondassero subito  una loro casa ad Agnone. Mi auguravo che con il loro rientro, sarebbe sorta maggiormente  la necessità di completare e  rendere funzionante  il museo per valorizzare la figura di S. Francesco Caracciolo e la storia religiosa di Agnone, ai fini di un vero e proprio turismo religioso.

Inoltre pensavo che, rientrando in Agnone,  i Chierici Regolari Minori potessero essi stessi gestire il museo, senza che il Comune dovesse affrontare le spese di nominare un custode.

Allorché “il motore” che io ero stato per tutta l’iniziativa si fermò, il lavoro da me fatto non fu rispettato in attesa che venisse poi completato. Tutto cominciò ad andare alla deriva. Notai che avvenivano persino dei furti. Una meravigliosa banda che avevo fatto fare dalla Mithograph di Isernia con la scritta “Oculi mei semper ad Dominum in Eucharistia manentem”, da mettere in fondo al corridoio superiore , che costituiva la Sala dedicata alla vita di san Francesco Caracciolo, non si trovò più. Scomparvero anche alcune cornici.

Poi accadde un episodio che mi fece veramente male. Le bacheche a tavolo, che erano state fatte per il museo dei Filippini, furono successivamente prese dal responsabile pro tempore della biblioteca comunale di Agnone, dr. Nicola Mastronardi, per essere portate in  biblioteca e utilizzate per l’esposizione di antichi libri e non sono state più usate per il museo sacro, per il quale erano state  fatte. 

Mi ricordo che  io e Mario D’Aloise ci recammo al Comune a protestare perché le bacheche a tavolo venissero riportate al convento dei Filippini. Ma da allora esse sono rimaste nella biblioteca comunale.

In verità ci fu  un vero e proprio smantellamento, senza tener conto alcuno del lavoro che avevo con tanta passione gratuitamente fatto per il bene del mio paese e della Chiesa.  Sono rimaste solo le 25 cornici, che avevo realizzato, relative alla vita di S. Francesco Caracciolo, alla sua morte e ad Agnone caracciolina.

Pur tra tanta ingratitudine non mancò qualche mio altro sporadico intervento sino al Giubileo Caracciolino (2007-2008), quando i miei rapporti con i Chierici Regolari Minori si interruppero definitivamente.

Ricordo di aver inviato in quel periodo due storiche lettere al nuovo preposito Generale, p. Raffaele Mandolesi. Una l’11 febbraio 2007 e un’altra, ancora più importante il 18 agosto 2008 (spedita per conoscenza anche ai precedenti Prepositi Generali P. Nello Morrea e p. Mario Salon, nonché a mons. Domenico Angelo Scotti, vescovo di Trivento) nelle quali sostenevo appassionatamente la necessità del  rientro caracciolino ad Agnone. Promossi persino un incontro tra il Preposito Generale Mandolesi  e il vescovo  di Trivento mons. Scotti, dopo una route vocazionale Villa S. Maria-Agnone, perché si instaurasse un rapporto tra loro per giungere ad un accordo per il rientro caracciolino nella mia città. Era strano che a proporlo con insistenza ero io e non gli interessati.

Il mio disimpegno maturò in modo definitivo dopo un incontro, che per me fu certamente indimenticabile, svoltosi a casa mia, quando venne a trovarmi il Preposito Generale p. Raffaele Mandolesi insieme con il suo fratello e consorte, per invogliarmi a vendere copie del libro su san Francesco Caracciolo, intitolato “Il Principe mendicante”(2007) di L. Spina e C. De Seta, autori campani, che io avevo persino accompagnati a scattare foto tra Agnone e Villa S. Maria, poi in parte riportate nella pubblicazione.

In quel particolare incontro dissi chiaramente a p. Raffaele che io avevo lavorato per il bene di S. Francesco Caracciolo e per l’Ordine dei Chierici Regolari Minori gratuitamente per circa vent’anni. Infatti i Prepositi Generali caracciolini, quando venivano in Agnone, erano abituati a venire da me, perché mi avevano visto immancabilmente disposto sempre  ad accoglierli  e a collaborare.

Feci notare a p. Raffaele che, dopo aver lungamente  atteso  il rientro dei Chierici Regolari Minori  in Agnone, poiché ero consapevole che ora l’Ordine aveva i sacerdoti per farlo, io non avrei più collaborato sino a quando non fosse stata aperta una loro casa  nella mia città, luogo in cui era morto il loro fondatore.

Dissi poi a p. Raffaele che ero il meno indicato a cercare di  vendere tra l’altro il libro “Il Principe mendicante”, giacché avevo fondato da tempo in Agnone una casa editrice denominata Edizioni dell’Amicizia, i cui libri tenevano scritto al posto del prezzo la parola “Dono”. E così si chiuse l’incontro. In verità dopo tanto impegno ero risentito che i Caracciolini non si attivassero mai seriamente per rientrare in Agnone. L’avrebbero dovuto fare non solo perché era giusto per l’Ordine, ma anche per gratitudine nei miei confronti per il  mio lungo impegno svolto a loro favore.

Nei dieci anni successivi (2009-2018) di mio disimpegno, cioè soprattutto  durante il periodo in cui è stato sindaco di Agnone, Michele Carosella, sono stati effettuati due interventi nel Convento dei Filippini, poco accorti. Il Carosella era  una persona innamorata del suo paese, ma privo di sufficienti forze necessarie alla carica per la quale era stato eletto, per cui era abituato a delegare e a lasciar fare.

Il primo intervento è consistito nel ricostruire, in modo immaginario, poco distante dalla cappella voluta da p. Luigi Tamburri, un’altra falsa cappella, che non ha quindi alcun riferimento con quella in cui è morto S . Francesco Caracciolo, senza alcuna reliquia che in qualche modo appartenesse alla storia della sua morte. Oggi quindi nel convento dei Filippini abbiamo il paradosso di due cappelle in cui sarebbe morto il Santo.    

Il secondo intervento, dovuto al Presidente dei laici caracciolini, Nicola Caracciolo, ha avuto l’intento di rendere permanente nel convento dei Filippini, una mostra su S. Francesco Caracciolo,  che aveva avuto luogo nella chiesa di S. Maria Maggiore a Napoli in occasione della pubblicazione del libro Il principe mendicante.

Così facendo ha commesso il grave errore di creare una struttura con grossi pannelli lignei, non facilmente removibili,  coprendo e snaturando la visione  del convento dei Filippini, senza comprendere che un museo in questo convento, deve ricordare soprattutto i fatti relativi alla morte di san Francesco Caracciolo  e degli altri successivi eventi storici caracciolini accaduti in Agnone ( come miracoli, storia della settecentesca casa dei CRM, p. Luigi Tamburri, p. Tommaso Lolli, Asilo Infantile, ecc.)  e non aspetti del Santo, inerenti alla mostra napoletana  di un libro o verificatisi altrove.

E’ fuori dubbio che gli autori di questi due interventi avessero dei buoni intenti e volessero fare qualcosa per il culto di S. Francesco Caracciolo, tuttavia sono stati, a mio avviso, anche se involontariamente creati problemi, che bisognerà in qualche modo risolvere.

Dieci anni dopo dal mio disimpegno è giunta finalmente la notizia che  tra il vescovo di Trivento mons. Claudio Palumbo, recentemente eletto,  e l’ex Preposito Generale dei CRM p. Raffaele Mandolesi, per conto del nuovo Preposito Generale p. Teodoro Ortega Kalaw, si stava giungendo ad un accordo per il rientro caracciolino ad Agnone. Subito ho inviato qualche lettera di solidarietà al nuovo vescovo, manifestando la mia gioia per il tanto auspicato avvenimento.

Ora che i Chierici Regolari Minori sono rientrati nella mia città, ho visto finalmente realizzato un sogno per il quale mi ero tanto impegnato.

Dio ha voluto che il mio lungo interessamento per S. Francesco Caracciolo raggiungesse dei risultati concreti, come la pubblicazione del libro “Il nostro amore per S. Francesco Caracciolo” e l’intestazione dell’Ospedale Civile di Agnone al Santo, conseguiti insieme con Mario D’Aloise, nonché  l’estensione del culto del Santo a tutta la  Diocesi di Trivento, voluta da vescovo mons. Santucci, il quale ricordo giunse a questa decisione per il clima che si era creato intorno al Santo, dovuta alla mia continua insistenza nel volerne valorizzare il culto. Tanto è vero che a questo vescovo  sembrò persino un po’ esagerato il mio interessamento se giunse a dirmi “Professore, la Chiesa Cattolica ha tanti Santi non solo San Francesco Caracciolo!”.

Inoltre, sempre sul piano della concretezza,  per quanto riguarda il museo al Santo una parte di esso, relativa alla sua vita, alla sua morte, ad Agnone caracciolina è stato da me realizzato nei 25 egregi quadri, che sono esposti nel convento dei Filippini di Agnone,  negli interventi alla Cappella del Transito e nell’attuazione, con l’aiuto della biblioteca comunale pro tempore, delle bacheche a tavolo, delle cornici, ecc., di cui ho già parlato.

Dio mi ha voluto, invece, non realizzatore ma profeta per quanto riguarda il rientro dei Chierici Regolari Minori ad Agnone. Essi comunque, a mio avviso, potevano rifondare una loro casa molti anni prima, se mi avessero ascoltato.

Sono comunque lieto che la mia opera di sensibilizzazione profetica abbia avuto un esito positivo. Il che dimostra che quanto avevo appassionatamente detto e fatto a questo riguardo era nel giusto e il Signore, rispetto alla cui volontà siamo tutti servi inutili, ha voluto alla fine non più con i miei sforzi, ma con  quelli di altri realizzare un sogno religioso in cui avevo tanto creduto.

Ed io umilmente sono lieto di accettare la sua volontà.

 

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