La libertà di stampa e il giornalismo politico nell'Italia napoleonica

Categoria principale: Storia
Categoria: Articoli sul 1799
Creato Lunedì, 01 Aprile 2019 11:57
Ultima modifica il Lunedì, 08 Aprile 2019 12:17
Pubblicato Lunedì, 01 Aprile 2019 11:57
Scritto da Antonella Orefice
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Durante l'ancien régime le regole imposte alla stampa italiana erano simili a quelle esistenti nelle altre nazioni europee: la censura impediva la trattazione di temi politici e condannava la divulgazione di notizie che potessero compromettere le relazioni diplomatiche con gli Stati esteri. Le gazzette riportavano le notizie approvate dai censori, gli eventi riguardanti le Corti, le cerimonie religiose e i fatti più importanti.

Di maggiore libertà godevano, invece, i giornali, letterari o scientifici, che si rivolgevano a un pubblico di eruditi a condizione di rimanere nel loro ambito.

Durante il triennio rivoluzionario (1797-99) il panorama della stampa italiana cambiò profondamente.

La prima Campagna d'Italia di Napoleone segnò una grande svolta  nella storia del giornalismo italiano, già intrapresa dalla Rivoluzione francese e dall'articolo XI della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, nel quale si affermava che la libera comunicazione del pensiero e delle opinioni era uno dei diritti più preziosi.

 

Ogni cittadino poteva dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, ma anche rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge.

In Italia, le notizie che arrivano dalla Francia provocarono nei ceti colti curiosità ed eccitazione. Aumentò notevolmente il numero dei lettori  e quasi tutte le gazzette pubblicarono i documenti rivoluzionari.

Cadute le restrizioni sulla stampa sorsero, dunque, le prime forme di giornalismo politico.

I nuovi fogliprendevano posizione sui fatti di attualità, dedicando ampio spazio alle notizie italiane, consci che l'Unità d'Italia appariva più vicina.

La capitale della stampa fu Milano, dove il primo foglio libero, il Giornale degli amici della libertà e dell'uguaglianza, nacque il 23 maggio 1796, seguito poi da altre testate. Il giornale più famoso del triennio 1796-1799 fu il Monitore italiano poi Monitore cisalpino, ispirato al Moniteur universel parigino del 1789.

Altri importanti fogli stampati durante la stagione delle “Repubbliche Sorelle” furono il Monitore bolognese, il Giornale repubblicano di pubblica istruzione di Modena e il Giornale democratico fondato a Brescia. A  Roma ebbe un certo rilievo il Monitore di Roma di Urbano Lampredi.

L’attività culturale della Repubblica Napoletana fu intensissima e non piccola parte in essa ebbe la stampa la cui libertà fu sancita da uno dei primi provvedimenti del Governo Provvisorio il 5 febbraio 1799. Le autorità governative finanziarono la stampa attraverso l’acquisto di copie da distribuire gratuitamente e la concessione di una sovvenzione.

Al Monitore Napoletano di Eleonora de Fonseca Pimentel si affiancarono altri quattro giornali, molto differenti tra loro per la personalità ben spiccata dei compilatori: il Veditore Repubblicano, del giudice Gregorio Mattei e Pietro Natale Alethy, di cui restano solo i primi quattro numeri, un giornale di élite dal linguaggio forbito e comprensibile a pochi, ma molto attento alla realtà, Il Corriere di Napoli e di Sicilia, ritenuto da Benedetto Croce un giornale a cui spetta il primo posto dopo il Monitore della Pimentel per la ricchezza di notizie,  curato dai francesi Marcilly e Cantigona che lo eseguivano in doppio linguaggio francese e italiano, proponendosi di far conoscere ad ogni cittadino l’opinione e le operazioni degli uomini che lo rappresentavano.

Infine il Giornale Estemporaneo e Il vero repubblicano dei quali si sono salvati solo rarissimi numeri e, purtroppo,  non si conosce nemmeno il nome dei fondatori.

L’Estemporaneo per certi aspetti si avvicinava molto al Monitore Napoletano per la scelta degli articoli che dovevano servire a formare lo spirito pubblico, mentre si distingueva da esso, come dagli altri per la prevalenza data alle notizie di carattere scientifico o più genericamente culturale.

Il Monitore Napoletano, a sua volta, aveva un menabò molto simile al Monitore di Roma su cui trovavano spazio non solo le leggi e i proclami del governo, ma anche notizie dall’estero e rubriche di varietà.

Quando nell’agosto del 1799 le truppe francesi furono costrette dalle forze austro-russe a lasciare la penisola, crollarono le ‘Repubbliche Sorelle’, e con esse scomparirono tutti i giornali democratici, ad eccezione di quelle gazzette che non si erano compromesse perché strettamente controllate dal potere.

Nel 1800, con la vittoria di Napoleone a Marengo, si aprì per l’Italia la seconda fase repubblicana, ma il Napoleone che tornò a Milano si era trasformato in dittatore e pertanto reintrodusse la censura. Nei territori aggregati alla Francia, le autorità imposero a vari periodici il bilinguismo e ne promossero alcuni in lingua francese, come il “Courrier de Turin” e il “Journal de Gềnes”.

Il successivo Editto sulla stampa di Carlo Alberto del 26 marzo 1848 fu un punto di riferimento per la storia del giornalismo italiano, poiché molte delle norme in esso contenute rimasero in vigore anche dopo l'istituzione del Regno d'Italia.

Il provvedimento cambiò completamente il concetto di ‘libertà di stampa’: dalla censura si passò a un controllo amministrativo finalizzato a punire gli abusi previsti come reati dal codice civile o penale.