Matilde Serao, stralcio di vita
Combattiva e polemica come una Fallaci di fine Ottocento, Matilde Serao fu innanzitutto una donna coraggiosa, irriverente della morale e fedele testimone del suo tempo, profonda conoscitrice delle mode e degli stili di vita dell’alta società, ma anche delle pene e delle speranze delle popolazioni dei bassifondi, giornalista e scrittrice lodata da Croce, Carducci e Momigliano. Di origini greche, era nata a Patrasso nel 1856 da Paolina Borely e da Francesco Serao, avvocato e giornalista esule in Grecia perché antiborbonico. Con l’Unità d’Italia la famiglia Serao ritornò in patria fissando la propria dimora prima a Carinola e poi a Napoli, dove l’avvocato iniziò la sua attività di giornalista per "Il Pungolo", foglio d'ispirazione liberale molto apprezzato dal popolo napoletano. Sin dall'infanzia e della prima adolescenza Matilde frequentò l'ambiente a cui avrebbe poi dedicato la vita: la redazione di un giornale. Ben presto il suo nome si sarebbe legato a quell'intenso momento di rinnovamento del giornalismo italiano, che segnò il passaggio dall'Ottocento al Novecento, ossia da un modo più rudimentale di fare informazione, ad un altro più efficace e impegnato, oltre che tecnologicamente avanzato. La città nella quale lavorò più intensamente e con risultati migliori fu Napoli, dopo un'iniziale esperienza romana. Nel 1883 esordì nella narrativa italiana con l’opera Fantasia, ricevendo aspre critiche proprio dall'uomo che due anni dopo sarebbe divenuto suo marito: Edoardo Scarfoglio. Il loro incontro segnò l'inizio di una delle vicende d'amore più tormentate e turbolente della storia della letteratura e del giornalismo italiano.
Con il matrimonio la Serao non rinunciò né al suo ruolo di madre né a quello di scrittrice: nacquero quattro figli e nel contempo quattro opere tra cui Il ventre di Napoli, nel 1884 e Vita e avventure di Riccardo Joanna, nel 1877, un lavoro che Benedetto Croce definì «il romanzo del giornalismo italiano». Dal punto di vista letterario furono anni floridi, ma il suo idillio con Scarfoglio già iniziava ad appassire. La direzione del “Corriere di Napoli”, a causa di problemi economici si rivelò un’impresa fallimentare, nonostante sulle colonne fossero comparse le firme illustri di Carducci e D'Annunzio. Ciononostante, Scarfoglio in coppia con la moglie nel 1891 fondò, "Il Mattino" che da subito riscosse un considerevole successo editoriale Ma se il nuovo quotidiano si avviava ad una pubblicazione duratura, la vita privata dei coniugi entrava in una fase drammatica. Dall’estate del 1892 Scarfoglio intratteneva una relazione extraconiugale con la cantante di teatro Gabrielle Bessard. Dopo circa due anni, quando la donna rimase incinta, lui pensò bene di abbandonarla. In preda alla disperazione lei si presentò a casa della Serao e, abbandonando la piccola sulla soglia, si sparò un colpo di rivoltella alla testa. Nonostante il clamore suscitato dalla notizia comparsa su tutti i giornali, Matilde decise di accogliere la piccola Paolina, ma poco dopo, esasperata dai continui tradimenti del marito, lo lasciò definitivamente. Fu un momento di profonda crisi anche per il giornale, coinvolto nello scandalo dell'amministrazione Sulmonte, che finì per tirare dentro anche la fondatrice, accusata di aver goduto di certi privilegi economici in cambio di favori. Tra il 1902 e il 1903, l'abbandono del “Il Mattino”da parte della Serao fu ufficiale. Il fatale incontro con l’avvocato Giuseppe Natale, segnò da lì a poco il riscattò della sua vita di donna e giornalista. Una nuova vita ed un nuovo giornale: insieme fondarono “Il Giorno”, diretta emanazione delle politiche e culturali della Serao, che riscosse un buon successo di vendite. Da questa nuova unione nacque anche una figlia, Eleonora. Rimasta vedova dello Scarfoglio nel 1917, ufficializzò il suo legame con il Natale, un matrimonio che però durò solo due anni, prima della seconda vedovanza. Nel 1926, la Serao ricevette la candidatura a premio Nobel per la Letteratura, che fu poi assegnato a Grazia Deledda, altra grande voce della letteratura italiana al femminile. L’anno dopo, il 25 luglio, morì alla sua scrivania, intenta a scrivere l’ultimo racconto della sua esistenza. Morì a Napoli, una città di cui aveva descritto i quartieri più diseredati e dove era stata considerata un personaggio popolare. E i suoi protagonisti erano stati il "popolo", con la sua vita quotidiana e le peculiarità. La situazione di totale abbandono in cui versavano i suoi concittadini aveva spinto l'autrice a muovere aspre critiche al sistema politico dell'epoca e all'amministrazione cittadina, facendo risaltare per contrasto fulgide figure di spiriti retti e puri che si ribellavano all'infamia sociale.
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