Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Un documento inedito sulla fucilazione dei Fratelli Bandiera

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La Calabria è stata sempre grata e riconoscente ai fratelli Emilio ed Attilio Bandiera per aver sacrificato la propria vita allo scopo di donare liberta e indipendenza all’Italia.

Repubblicani mazziniani di Venezia, i fratelli Bandiera erano figli di un nobile ufficiale della marina austriaca. Le loro imprese risorgimentali  sono testimoniate non solo dai libri di storia, ma anche dalle tante lapidi e monumenti molto presenti sul territorio calabrese.

Tra i più  importanti c’è il monumento eretto presso la foce del fiume Neto, a Lagonetto, dove essi sbarcarono il 18 marzo 1844, poi un altro al Belvedere di Spinello, dove avvenne il primo scontro tra soldati borbonici e il gruppo degli insorti. Il Cippo della Strangola di San Giovanni in Fiore fu posto per onorare la memoria del secondo scontro tra truppe governative e gli insorti, il 19 giugno 1844. Nella valle di Rovito, dove vennero fucilati il 25 luglio del 1844 insieme ad altri patrioti, un recinto con una lapide racchiude il luogo della tragedia, e altre lapidi sono state negli anni poste in varie località della Calabria, anche se dopo la terza guerra d’Indipendenza, nell’anno 1867, le salme dei fratelli Emilio ed Attilio Bandiera furono trasportate a Venezia, loro città natia, e collocate nella navata sinistra della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo.

Un contributo inedito  ci viene da una pagina facente parte delle Memorie della giovinezza di Luigi Tolone di Girifalco che, con nobili sentimenti di commozione, racconta del  sacrificio estremo dei due giovani fratelli Bandiera e dei loro compagni,  e del diffuso amore per la libertà e per l’indipendenza nazionale che animò tanti uomini di puri ideali.

 

Luigi Giuseppe Tolone fu carbonaro e fondatore nel settembre 1837 della vendita Gioventù Italica e Fratellanza di Girifalco. Si unì alla spedizione dei Mille, agli ordini del Maggiore Pilade Bronzetti e nella battaglia del Volturno fu uno dei pochi sopravvissuti a Castel Morrone, dove trovò la morte lo stesso Bronzetti, episodio immortalato dal grande patriota e pittore sessano Luigi Toro.

Sull’esecuzione dei fratelli Bandiera, l’autore del memoriale riportò testualmente:

«Ritornavo da Napoli ond’ero per motivi di Studio e fermatomi a Cosenza da dove dovevo proseguire a piedi per Girifalco seppi che nelle vicinanze dovevano esser fucilate nove persone. Erano essi un gruppo di giovani animati da nobili ideali che sbarcarono giorni dietro a Cotrone. Traditi furo costretti a fuggire, una fuga che ebbe loco per boschi e campagne fino a che presi dalle guardie furo messi a’ muri. Erano venuti essi da forse il Regno di Piemonte perché seppero che a Cosenza era successa una rivoluzione di bracciali contro il malo modo di governare di Re Ferdinando che non è del tutto buono, se essi giovani eran venuti per animarla ma traditi furo catturati.
Doveasi vedere con quali sentimenti si recavano essi per esser privati del dono della vita. Erano quasi contenti di poter morire per un così nobile iscopo: la Sacra Patria, e cadendo sotto i colpi dei moschetti gridaro “Viva l’Italia”. Il mio animo era commosso e turbato che quasi avrei voluto esser io al posto loro. Ma se un dì l’Italia sarà unita dovrà esser custodita dagl’Italiani come un tesoro perché gronda di sangue».

 

 

 

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