Cenni storici sul neofascismo stabiese nel dopoguerra repubblicano

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Passata la grande paura della defascistazione del 1943 – 1946, operata a Castellammare, in particolare negli enti pubblici, con alcune decine di licenziamenti e defenestrazioni, i nostalgici del defunto fascismo rialzarono la testa costituendosi sul finire del 1946 in partito, denominandolo “Movimento Sociale Italiano”, poi diretto a livello nazionale da Giorgio Almirante (1914 – 1988).

L’epurazione, fortemente voluta dalla maggioranza della popolazione e in particolare da quanti – e non erano pochi -  avevano subito ogni sorta di angheria, compreso olio di ricino, asfissianti, continui controlli preventivi nei confronti di chiunque fosse anche soltanto sospettato di antifascismo, continue riduzioni di paga, licenziamenti, confino politico e carcere, si chiuse drasticamente con la grande amnistia di giugno 1946.

L’ironia della sorte volle che a pretenderla e a firmarla fu il capo di quel Partito che più di ogni altro aveva subito la repressione più dura, pagando il prezzo più alto con migliaia di militanti aggrediti, malmenati, incarcerati, feriti, uccisi e in tanti costretti ad emigrare, il ministro di Grazia e Giustizia e Segretario Generale del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti.

I malumori non mancarono ed energiche, seppure ben presto soffocate dalla rigida disciplina del Partito, furono le proteste nella base comunista e, ancor più, nelle frange, allora numerose e agguerrite, alla sinistra del Pci, composte da rivoluzionari delusi dalla politica di moderazione con le forze cattoliche e filo monarchiche, portata avanti da Togliatti.

Tra quanti avevano pagato con il licenziamento per la loro militanza fascista, ricordiamo gli squadristi Mariano Carrese, un lontano e giovanile passato nelle file socialiste, Vincenzo Zerbini, Domenico Vanacore e Piero Girace.

 

Il primo Sotto Comitato di Liberazione Nazionale, insediatosi a Castellammare di Stabia nel novembre 1943 e guidato dall’avvocato Silvio Gava, deliberò due successivi elenchi di 52 e 25 fascisti ritenuti squadristi e facinorosi.  Tra questi l’avvocato Arnaldo Fusco, considerato l’anima nera del fascismo locale e già Vice federale di Napoli e Giuseppe e Mario Mormone. Il 28 giugno 1944 toccò al sindaco Carlo Vitelli deliberare una nuova sospensione ed epurazione nei confronti di Sebastiano Longobardi, sorvegliante allo spazzamento e Michele Battipaglia, bidello di scuola elementare. (1)

Ma in assoluto, tra gli squadristi, il più pericoloso fu considerato Luigi Musolino, già protagonista in negativo dei fatti di Piazza Spartaco nell’ormai lontano 20 gennaio 1921, dove rimase ferito, guadagnandosi il distintivo d’onore per ferita fascista. Allontanatosi precipitosamente da Castellammare nell’agosto 1943, si arruolò nella Guardia Repubblicana col grado di maresciallo. Rientrato nella città stabiese rischiò di essere linciato da un gruppo di comunisti locali, ma fu preventivamente fermato dai carabinieri, proponendolo per l’assegnazione al campo di concentramento, nonostante avesse ormai 65 anni. (2)

Nella nostra città uno dei maggiori esponenti del neofascismo fu Mario Padula, nato a Castellammare di Stabia il 29 maggio 1908, medico chirurgo dentista con abitazione - studio in via Regina Margherita 45, nei pressi della Circumvesuviana, l’ex Villa Rosa.

Non conosciamo nulla del suo passato sotto il vecchio regime fascista, di sicuro era stato favorevole, probabilmente iscritto al Partito Nazionale Fascista. Di certo è sua l’iniziativa di costituire nel tardo autunno del 1947 una sezione del Movimento Sociale Italiano nella città stabiese, con sede presso il suo studio.

Fin da subito l’iniziativa ebbe notevole successo con oltre 80 adesioni. Esponenti di spicco della sezione missina, oltre a Padula, segretario responsabile, erano lo studente Eduardo Morisco, il panettiere Tommaso Liguori, l’operaio disoccupato Carmine Mascolo, l’operaio Ferdinando Salvato, lo scritturale Antonio Vaccaio Tramonto, il muratore Carlo Di Maio e il bracciante Giovanni La Monica. (3)

Nella città che si apprestava a costruire la sua leggenda di Stalingrado del Sud, vi erano addirittura due sezioni missine, un’altra per esempio fu costituita presso l’albergo Quisisana con segretario Gerardo Celoro e vice il casertano Domenico Susia, ma da tempo domiciliato a Castellammare.

Questa sezione si trasferì ben presto in via Alvino 22 ed ebbe vita travagliata con continui cambi del gruppo dirigente, fino ad eleggere Mario Finamore, colonnello d’artiglieria della riserva, classe 1900, poi candidato senza fortuna al senato nel collegio di Castellammare nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953. 

Suo vice fu eletto il più giovane Leopoldo Siani (classe 1920), capo manipolo della disciolta Gioventù Italiana del Littorio stabiese, si arruolò volontario a diciotto anni già nel gennaio del 1940. In guerra operò in Libia a disposizione del Servizio di Informazioni Militari. Ferito e ammalato fu rimpatriato e ricoverato nell’ospedale di Nocera, rientrando a Castellammare nel settembre 1943. Siani era stato nel 1945 internato nel campo di concentramento di Terni perché sospettato di riorganizzazione del Partito Nazionale Fascista e di svolgere propaganda in danno degli Alleati. Ha insegnato Educazione Fisica nei licei. (4)

Proprio Leopoldo Siani, in una sua memoria ricorda che all’indomani della caduta di Mussolini, mentre la stragrande maggioranza dei fascisti rinnegava la sua fede, buttando la camicia nera, a Castellammare si fondò ed agì un forte nucleo clandestino di fedelissimi al decaduto Regime, a capo del quale vi era  Rosario Joele, nome di battaglia, Enotrio, attivo con una squadra di giovani, compresi alcuni studenti, che, nel corso della cosiddetta guerra civile del 1943-1945, non si limitò a pacifiche azioni dimostrative e a volantinaggi, ma organizzò, tra le altre iniziative un campo di atterraggio sul Monte Megano dove arrivavano gli agenti speciali della Repubblica Sociale Italiana paracadutati da un aereo tedesco più volte.

I contatti con la RSI erano tenuti a mezzo radio da Napoli e attraverso Abbate venivamo allertati noi di Castellammare. Qualche volta venne da noi anche Nando Di Nardo, che si incontrava con Joele. (5)

Una sottosezione del circolo missino si aprì addirittura in località Pioppaino ed ebbe come esponente il barbiere Alberto Senna, ma non superò mai i pochi iscritti dell’inizio.

Il dottor Domenico Susia, già vice segretario della locale sezione Combattenti e reduci, lo ritroveremo ancora nel 1949 costituire una Camera Sindacale mandamentale della Federazione Italiana Lavoratori (FIL). 

Vice furono eletti il perito chimico Antonio Dentato e il professor Leopoldo Siano. Altri membri furono l’operaio chimico Prospero Guerriero e l’operaio Norberto Ninuccio. Questa Camera sindacale non andò oltre il centinaio d’iscritti, anche se si proponeva in maniera ambiziosa di costituire le varie Leghe dei lavoratori rappresentative dei vari settori, tentando un’inutile e sterile contrapposizione con la più forte e radicata Camera del Lavoro della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) che contava migliaia d’iscritti e aveva alle spalle una storia risalente ad inizio secolo, ora guidata dal comunista Catello Ilardi. 

A interessarsi da subito dell’iniziativa del dottor Padula fu un gruppo di giovani comunisti che provarono ad infiltrare due loro militanti con l’incarico di trafugare la lista degli iscritti.

L’iniziativa in particolare fu assunta da Mario Longobardi e Carlo Iezza.

Il colpo riuscì nella serata del 1 novembre 1947 - neanche il tempo di inaugurare la sezione missina - il giorno in cui i due si presentarono nella sede missina chiedendo di essere depennati dalla rubrica degli iscritti.

Il dott. Padula, aderendo in buona fede alla richiesta dei due giovani prese il registro, procedendo alla cancellazione, quando fu improvvisamente costretto a uscire momentaneamente dalla stanza, lasciando soli i due giovani; solo pochi attimi ma sufficienti a far sparire il registro.

Quando Mario Padula rientrò s’accorse subito dell’ammanco e dell’allontanamento di Iezza.

Senza perdersi di coraggio si lanciò all’inseguimento del giovane, ma avendo notato all’ingresso del viale che portava alla sede un gruppo di sei sette persone ferme, in atteggiamento sospetto, a copertura di Carlo Iezza preferì rinunciare, timoroso di possibili rappresaglie.

Rientrò in casa avvertendo la polizia dell’accaduto, ma questi prontamente intervenuti non riuscirono a rintracciare l’autore del furto, né i presunti complici nel frattempo dileguatosi.

Denunciati i due giovani, Mario Padula nelle settimane successive si dimise da segretario della sezione missina e a questo punto preferì rinunziare ad ogni azione giudiziaria nei confronti dei due sospettati dell’azione, comunicandola al commissariato di pubblica sicurezza, che a sua volta la trasmise alla Pretura per il ritiro degli atti.(6)

Riusciti ad impossessarsi della lista completa, i due passarono i fogli a Luigi D’Auria, la mente del gruppo, ma non ebbero molto tempo per discutere cosa fare di quell’elenco, perché in qualche modo ne venne a conoscenza Carlo Obici (1920 – 1999), il responsabile organizzativo della Federazione provinciale comunista. Senza perdersi in preamboli si fece immediatamente consegnare la lista, portandola con se a Napoli per affidarla nelle mani di Salvatore Cacciapuoti (1910 – 1992), il potente e temibile Segretario provinciale del PCI, uomo fidato di Giorgio Amendola.  S’ignora l’uso che ne fece.

Non era facile per i fascisti dichiararsi tali in una città come Castellammare e se ne accorsero ben presto il giorno in cui, era il 14 luglio 1948, si attentò alla vita del Segretario Generale del Pci, Palmiro Togliatti, quando centinaia di comunisti inferociti uscirono dalle fabbriche e assaltarono le sedi missine devastandole.

Furono due giorni terribili, con scontri e ferimenti tra forze dell’ordine e militanti di sinistra e una paura infinita che la rivolta si potesse trasformare in rivoluzione, quella rivoluzione tanto sognata da alcuni e altrettanto temuta dagli altri, dalla maggioranza moderata degli italiani.

Fu lo stesso Togliatti, dallo stesso ricovero ospedaliero, a chiedere che si cessasse quella follia collettiva, ma intanto nella città stabiese erano andate distrutte le sedi della “Democrazia Cristiana”, dell’”Uomo Qualunque”, dei liberali e perfino quelle dei socialdemocratici, la sede del circolo nautico e quello del circolo artistico. Alcune giorni dopo il ritorno della calma partirono gli arresti, il processo e la condanna per decine di militanti.

Passata la grande paura i missini si riorganizzarono, ma come avviene in tutte le grandi organizzazioni che si trovano a gestire un’idea, un progetto sconfitto dalla storia e condannato dalla società, non era facile mantenere l’unità perché in troppi pensavano di essere gli unici eredi e gli interpreti autentici del Pensiero del Capo, ormai defunto. 

Così nel 1951, a seguito del Congresso nazionale del luglio 1951 all’Aquila, su iniziativa del fiorentino Giorgio Pini (1899 – 1987), un autista meccanico, già fascista collaborazionista e del giornalista Concetto Pettinati (1886 – 1975), a sua volta un collaborazionista condannato a 14 anni di carcere, poi amnistiato, contrari all’alleanza con i monarchici del PNM, nacque il Raggruppamento Sociale Repubblicano (RSP), poi trasformatosi in partito con la denominazione di Socialismo Nazionale nel settembre 1953, arrivando a pubblicare un loro organo di stampa, La Prima Fiamma.

A Castellammare il primo nucleo comunale del Raggruppamento Sociale Repubblicano fu costituito verso la fine di novembre del 1952 e denominato “Carlo Pisacane”.

La sede fu aperta in via Regina Margherita 45 e contava appena tre aderenti. Segretario era, naturalmente, l’inossidabile Mario Padula, il noto attivista fascista (7) la cui fedeltà e perseveranza fu premiata con la nomina nell’Esecutivo Centrale del partito. Nel 1954 il RSP cambiò denominazione in Socialismo nazionale e il buon Padula seguì la scia costituendo a sua volta la sezione locale, potendo contare su 10 adesioni.

Il “Movimento Sociale Italiano” si presentò per la prima volta alle elezioni amministrative di Castellammare, il 6 novembre 1949 ottenendo un discreto risultato conquistando 2.151 preferenze, l’8,5 per cento, e tre seggi con Mario Padula, Domenico Susia e Guglielmo Desiderio.

 

 

Con lo scopo di approfondire i temi tracciati in questi primi appunti di ricerca saremo grati a chiunque possa aiutarci a reperire notizie su Mario Padula, di cosa abbia fatto della sua vita dopo il 1954 e su fatti, episodi e persone legati alle vicende qui raccontate.

Contattarci tramite email, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

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Note

1) ASC, Esito provvedimenti giudizio epurazioni ex squadristi. 1944-45

2) ASN Prefettura Gabinetto, defascistizzazione, Musolino Luigi, arresto, busta 90

In Campania vi erano almeno tre degli oltre venti campi di concentramenti per fascisti presenti in Italia, i cosiddetti, famigerati, Civilian Internee Camps gestiti dagli anglo americani e aperti in Italia tra il 1943 e il 1945, il più importante era quello di Padula, dove furono rinchiusi oltre 2.500 fascisti, gli altri due erano ad Afragola e Aversa.

Se a Castellammare i fascisti perdevano il posto di lavoro ed erano emarginati dal contesto sociale e civile, nel nord altri fascisti stabiesi perdevano la vita in nome dei loro valori.  E’ il caso del giovane Raffaele Infante (1917 - 1945, 28 anni, arruolatosi nella Repubblica Sociale Italiana, uno dei pochissimi condannati a morte da un Tribunale italiano dopo la fine della guerra, accusato di collaborazionismo con il tedesco invasore. Infante fu fucilato alla schiena con altre cinque camicie nere, da un plotone d’esecuzione il 23 settembre 1945 dopo una sentenza emessa dal Tribunale Straordinario di Assise di Novara, presieduta dal giudice Oscar Luigi Scalfaro (1918 – 2012). Molti altri fascisti stabiesi accorsi a difendere la neonata Repubblica Sociale Italiana caddero in scontri con i partigiani o fucilati se fatti prigionieri, quasi tutti ragazzi poco più che ventenni, ne ricordiamo alcuni come Vincenzo Tregrosso (1920 – 1944), sottotenente della Divisione San Marco, il milite Angelo Pecoraio (1908 – 1946), il sottotenente Luigi Minelli (1906 – 1943), il milite Antonio Gargiulo (1925 – 1944), il sottocapo della X Mas Ciro Gargiulo (1924 – 1945), il capitano Giovanni Acanfora (1911 – 1945), )[1], il bersagliere Vincenzo Russo (1925 – 1943) e altri di Gragnano, Torre Annunziata, Boscoreale, Torre del Greco, Vico Equense, Sant’Agnello, un fiume di sangue inutilmente versato.

3) Da una testimonianza diretta di Luigi D’Auria avallata dalla documentazione depositata presso l’Archivio di Stato di Napoli, Questore a Prefetto, 3 novembre 1947 e Commissario alla Pretura, 19 dicembre 1947, Fascio 121.

4) Cfr.  Il dissenso clandestino 1943 – 1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo – americani, Atti del Convegno di Napoli dell’8 novembre 1998, in relazione alla sua testimonianza, pubblicata da ISSES, Istituto di Studi Storici, Economici e Sociali.

5) Ibidem, Il dissenso clandestino 1943 – 1945. Testimonianza di Poldo Siani di Castellammare di Stabia. Il professor Leopoldo Siani, pagò la sua inutile, disperata militanza neofascista con l'arresto nell’aprile 1945 e l’internamento in un campo di concentramento di Terni. Subì diverse minacce anonime di morte per la sua fede fascista e l’impegno nella lotta clandestina del 1943-45, divenuta di pubblica conoscenza con il suo arresto.

 6) ASN, Terzo versamento, Questore a Prefetto, Fascio 1327

 7) Ibidem ASN, Questore a Prefetto

 

 

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