Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Laura Beatrice Oliva-Mancini

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Spesso si dice, e giustamente, che dietro, accanto ad un grande uomo ci sono grandi Figure e presenze femminili.

Se questo vale in generale, nel caso di Pasquale Stanislao Mancini vale molto di più, perché la sua straordinaria vicenda esistenziale, in tutti i suoi vari, complessi aspetti (di stile morale, di impegno intellettuale e professionale, di responsabilità politica) non è comprensibile senza l’influsso, la presenza, di conforto e/o di collaborazione, della madre irpina Maria Grazia Riola, della moglie napoletana Laura Beatrice Oliva, della primogenita (di ben undici figli) Grazia (il cui nome richiamava giustamente, e non a caso, quello dell’indimenticabile nonna).

Laura nacque a Napoli il 17 gennaio 1821 da Domenico Simeone Oliva originario di Tursi, in Basilicata, e da Rosa Giuliani, di origine corsa.

Pasquale Stanislao Mancini e Laura Beatrice Oliva si incontrarono, si innamorarono e, nonostante una certa iniziale opposizione dei facoltosi e di origini nobiliari (marchesi di Fusignano) genitori del Mancini, si sposarono nel 1840.

Pur con gli impegni familiari, Laura continuò a scrivere versi, che erano letti con grande interesse in tutta Italia. La poetessa recitava pubblicamente e pubblicava versi sull’indipendenza nazionale e la libertà, esaltando i martiri della Patria e si rivolgeva alle donne italiane, perché lottassero per la causa nazionale.

In una sua canzone così indicava i doveri della donna: Il ciel ripose / in noi madri, in noi spose, / le sorti liete della patria o il danno. / Se concordi saremo, dell’alta impresa/ restano i figli nostri in sua difesa.

Nel 1844 cantò l’eroismo dei fratelli Bandiera; nel 1846 visitò con il marito molte città italiane, tra cui Firenze, dove incontrò molti letterati, che la salutarono come la “poetessa del Risorgimento Nazionale”, e Genova, dove, nel Congresso degli Scienziati, inneggiò all’Italia.

 

Nel 1848, in morte della poetessa patriottica napoletana, Giuseppina Guacci Nobile, che faceva parte come Laura dell’Accademia Pontaniana, la ricordò con una lirica, che lesse indossando un abito nero ornato dei proibiti nastri tricolori, dinanzi ad un’affollata assemblea, dove sedeva anche un ministro borbonico.

Partecipò con entusiasmo alla rivoluzione napoletana del 1848, dopo la quale fu costretta ad emigrare a Torino col marito, per sfuggire alle persecuzioni della polizia. Portò con sé il fratello Cesare, accolto e seguito come figlio dal marito, che divenne avvocato (poi magistrato e morì a Milano Procuratore generale nel 1883), oltre che letterato e giornalista, che fu lo zio più caro alla primogenita Grazia, e la madre Rosa, che aveva assistito il marito ammalato fino alla morte ed aveva visto morire due figli tra il 1830 e il 1840.

Rosa Giuliani, vera eroina del dovere, morì poi a Torino, lontana dal luogo natìo, prima della liberazione del Mezzogiorno. Domenico Oliva morì il 18 luglio 1841, due mesi dopo la nascita della prima nipote Grazia, alla quale dedicò dei versi (vedi Pasquale Stanislao Mancini, Un fiore sulla tomba di Domenico Simeone Oliva, Napoli 1842).

Nel 1860, dopo la caduta dei Borbone, Laura col marito e i figli tornò a Napoli, dove, per l’ingresso di Vittorio Emanuele II, compose una cantata eseguita al teatro San Carlo alla presenza dello stesso sovrano.

L’anno successivo tornò a Torino, ora capitale d’Italia, sempre per seguire il marito che fu deputato e ministro dell’Italia unita, dove pubblicò un volume delle sue poesie dal titolo Patria e amore. In questa fase Laura non si limitò a rivestire il ruolo di poetessa nazionale, che veniva chiamata a partecipare alle celebrazioni patriottiche ufficiali, ma espresse con spirito indipendente i propri sentimenti, anche non in linea con la politica ufficiale.

Col trasferimento della capitale d’Italia a Firenze nel 1865, si spostò in essa con la famiglia, continuando a ricevere nella sua abitazione personaggi illustri, come Garibaldi, Mamiani. L’ultimo suo canto politico fu quello che dedicò ad Adelaide Cairoli, che aveva perso nel moto garibaldino del 1867 contro lo Stato pontificio, per la conquista di Roma, due dei suoi figli. Anche lei spinse suoi due figli, Francesco ed Angelo, ad arruolarsi per le guerre di indipendenza.

Ammalatasi gravemente, Laura morì in una villa di Fiesole, il 17 luglio 1869, ad appena 48 anni, circondata dal marito, dai sei figli sopravvissuti, dai generi e nipoti, e dagli amici.

Così la ricordava l’amico Medoro Savini: “Laura Beatrice visse per l’Italia e morì col nome della sua Italia tra le labbra. La sua vita fu consacrata alla Patria, la sua morte è lutto per la Patria”.

Sulla casa dove nacque, in via della Concordia, ora via Laura Mancini Oliva, il Municipio di Napoli, su proposta del consigliere e storico risorgimentale Mariano d’Ayala, che dettò anche l’iscrizione, deliberò, oltre l’intestazione della via, anche una lapide, che recita “Qui nacque/nel dì decimosettimo dell’anno 1820 / modesta qual visse nella fortuna/ LAURA BEATRICE OLIVA/sposa di P.S. Mancini / Poetessa / delle sventure e della Libertà d’Italia / Memoria posta dagli amici politici / 1870.” (essa è ora nel degrado, a segnalare lo stato indegno di incuria della nobile, grande memoria letteraria, civile e politica napoletana e nazionale).

Nel 1888, alla morte di Pasquale Stanislao Mancini, fu concesso uno spazio nel Quadrato degli Uomini illustri del Cimitero di Poggioreale di Napoli, dove c’è la Tomba comune con la Sposa Laura Beatrice (non curata con tante altre con vergogna civile e istituzionale) sulla quale è scritto:

Qui giacciono ed avranno monumento / PASQUALE STANISLAO MANCINI / m. nella Reggia di Capodimonte il XXVI Dic. MDCCCLXXXVIII / e la sua sposa LAURA BEATRICE OLIVA / m. in Firenze il XVII Lug. MDCCCLXIX/ dopo XX anni ricongiunti per volere pietoso/ del Comune e dei Figli / Siano queste zolle ispiratrici / di Patrio Amore - di Operoso Sapere - di Arte Imperitura.”

A capo della lapide tombale c’è la corona di bronzo con una targa, anch’essa in bronzo, che recita “A / PASQUALE STANISLAO MANCINI / LA CAMERA DEI DEPUTATI / IL XXX GENNAIO MDCCCLXXXIX”.

Essendo figlia di un letterato, Laura Beatrice ebbe due nomi letterari: quelli delle donne amate e cantate da Dante e Petrarca. Ella, come Pasquale, ebbe una formazione pedagogica particolare, morale e culturale, che ne affinarono la sensibilità e la preparazione.

Pasquale, divenuto già brillante esponente della cultura napoletana negli anni Trenta dell’Ottocento, con interessi molteplici, non solo giuridici, come nella sua versatile e poliedrica personalità, rimase folgorato, quando la conobbe, ritrovando in lei non solo un singolare fascino femminile, ma soprattutto una rara sensibilità culturale, caratteristica che per Mancini era fondamentale.

Laura Beatrice fu l’unica donna della sua vita e si legò subito ad Ella, pur contro il volere dei genitori, di più elevata posizione sociale, con ascendenze nobiliari, a fronte dell’origine più umile, piccolo-borghese, della famiglia Oliva.

Ma, in quell’ambiente caldo e ricco di umanità e di cultura, Pasquale si trovò benissimo, sfidò l’ostilità familiare, sentì come secondo padre quello di Laura Beatrice, fu vicino alla sua lunga malattia, che lo portò prematuramente alla morte, pubblicò un volume di ricordi di lui, tenne con sé come seconda madre quella di Laura, Rosa Giuliani, e come figlio il fratello di lei, Cesare, unico sopravvissuto ai lutti, normali in quei tempi, di altri due fratelli di Laura, morti prematuramente (come avvenne poi anche con la famiglia Mancini).

La sopravvissuta famiglia Oliva seguì Pasquale anche nell’esilio a Torino, dove morì la madre di Laura e dove si svolse la formazione dell’unico fratello (come racconta la primogenita Grazia nell’opera autobiografica).

Laura Beatrice ebbe due stelle polari nella sua vita: l’amore per Mancini e per i figli da lui avuti e quello per la Patria, per l’Italia da rendere una, libera, indipendente.

Non a caso la raccolta di poesie più nota di lei, edita nel 1861, ebbe, come si è già detto, come titolo “Patria ed Amore” (riedita postuma nel 1874), che conteneva componimenti dagli anni Quaranta in poi, con una sezione specifica sul suo amore per Mancini).

Era una poetessa fine nel dominio dei versi, ricca di cultura letteraria e civile, partecipe delle aspirazioni e delle speranze dell’Italia, incarnando il tipo nuovo di donna italiana, che fu una delle conquiste più moderne ed attuali del Risorgimento: non la donna chiusa in casa, concentrata solo sulla famiglia, ma aperta al mondo esterno, al bene comune, ai destini della Patria, educando in tali direzioni i figli, fino al sacrificio estremo, se necessario (perciò i suoi versi per Adelaide Cairoli, che aveva dato quattro figli per la Patria).

La prodigiosa attività di Mancini dal punto di vista professionale, intellettuale, politica non si spiega senza la diuturna vicinanza, il dialogo, il conforto, il consiglio, il sacrificio di Laura Beatrice.

Se a Napoli, poi a Torino e poi a Firenze casa Mancini fu il luogo aperto e accogliente alle personalità più rilevanti della storia del Risorgimento italiano, agli esuli ed ai sofferenti, divenendo famoso e ricercato salotto culturale e politico, in massima parte il successo si deve a Laura Beatrice, alle sue capacità organizzatrici e di relazioni sociali, al suo fascino culturale e umano.

Pasquale Stanislao Mancini e Laura Beatrice Oliva conobbero già in gioventù il dolore e seppero affrontarlo con forza e insieme sopportazione (non a caso Mancini è stato il traduttore del libro della Bibbia “Giobbe”, il personaggio che, come ricorda l’amico prof. Antonio Mezzanotte che scrive a Mancini da Perugia il 15 ottobre 1841 per confortare i due amici sposi “Docil portando ed umile/ il giogo del dolore (Giobbe)/ temprò l’amaritudine/ de’ lunghi suoi martiri.”

Queste dolorose vicende familiari temprarono fortemente i caratteri di Pasquale e Laura e spiegano la forza di affrontare traversìe, esili, tensioni estreme così caratteristiche della umana vicenda di Mancini.

Questa forza di convivere con il dolore e di sopportarlo e superarsi fu una delle costanti della Famiglia Mancini, se pensiamo anche alle vicende dell’esilio piemontese, con figlioletti morti prematuramente, la madre di Laura morta lontana da Napoli, la stessa morte di Laura nel 1869, le morti premature degli adorati figli di Grazia Mancini, Beatrice prima e Riccardo dopo.

Molte notizie si trovano in Laura Beatrice Mancini-Oliva, Patria ed Amore, Canti lirici editi e postumi, con un ragionamento di Terenzio Mamiani e con cenni biografici, Firenze, Successori Le Monnier, 1874.

Non è segnalato chi abbia scritto i ‘Cenni biografici’. Dallo stile sembra essere la figlia Grazia, non credo del marito Pasquale, che aveva fitti impegni professionali, universitari, politici. Sicuramente avrà seguito la stesura e ne avranno parlato. Potrebbe essere Medoro Savini, che aveva scritto una monografia su Laura Beatrice Mancini nel 1869.

“Notizie sulla vita di Laura Beatrice Mancini-Oliva”, di undici pagine.

“Laura Beatrice... nomi che suonano e ricordano agli Italiani gentilezza e poesia... a dodici anni scrisse versi; a quindici aveva già fama di poetessa... dipingeva ad acquerello ed a miniatura, ricamava con molta perizia, scriveva con perfetta calligrafia... (ricorda l’autrice o l’autore delle notizie che, dove era l’Istituto delle sorelle Nelly presso la Chiesa dei Gerolamini di Napoli, ora una scuola municipale, c’è una iscrizione che ricorda “In questa casa - per alcuni anni dal 1833 - avendovi scuola le sorelle Nelly - alle discipline del bello e del vero - educavasi il cuore e la mente - di - Laura Beatrice Oliva - tra le poetesse d’Italia - a nessuna seconda - ”.

Li fece conoscere la poetessa Rosa Taddei. Al matrimonio Laura Beatrice portò non solo finezza, sensibilità, cultura, ma anche già conoscenza del dolore e della sopportazione. A venti anni, aveva scritto una tragedia Ines de Castro, che adombrava il suo rapporto inizialmente tormentato con Mancini, per l’ostilità dei genitori di Pasquale. (L’opera fu successivamente rappresentata a Napoli e a Torino con l’attrice Ristori, alla quale Laura Beatrice dedicò una poesia).

La sua cetra divenne ardentemente patriottica con una poesia all’esule Terenzio Mamiani nel 1842 e poi in ricordo dei Fratelli Bandiera e anche dopo il viaggio a Genova nel 1846 per il Congresso degli Scienziati Italiani.

Dedicò tutta la sua ispirazione “a scopo di civile redenzione” e già da allora “fu salutata Musa del Risorgimento italiano”.

Avendo seguito il marito Pasquale a Torino, alternò la vita tra i figli e le lettere. “Ella, in una parola, accompagnò, e secondo il poter suo promosse coi carmi lo sviluppo della grande epopea della nostra rivoluzione. L’Italia non ebbe in questi tempi alcun altro poeta, del quale la medesima cosa possa dirsi.” (P.XIX)

E operò anche praticamente, spingendo alla guerra del 1959 il figlio Francesco non ancora diciottenne e nel 1866 lo mandò al fronte insieme al fratello minore Angelo. Riebbe i figli a differenza di Adelaide Cairoli, pur soffrendo e subendo effetti negativi per la salute.

Tornata a Napoli dopo l’Unità, scrisse ad esempio Per la commemorazione delle stragi del 1848, Ai caduti per la Patria, In morte di Cavour, Per l’ingresso di Vittorio Emanuele II in Napoli, musicato e cantato al San Carlo alla presenza del Re.

Trasferitasi a Firenze, sperò in un miglioramento della salute che non venne. Scrisse di Luisa Sanfelice, altra martire della Repubblica Napoletana del 1799 accanto ad Eleonora de Fonseca Pimentel, per i centenari di Dante e Machiavelli.

Sentendo la fine appressarsi, scrisse versi di struggente intensità Alla luna, All’uccello notturno, La morente alla sua stella e le odi Ricordati di me (all’amatissimo Pasquale), L’ultima illusione con accenti di quel Leopardi che era uno dei poeti amatissimi con Alfieri e Dante.

Morì nella Villa Niccolini Alamanni, fuori porta San Gallo il 17 luglio 1869.

“Fu giorno di lutto per Firenze e per l’Italia quello in cui seppesi della morte di sì egregia donna. Le si fecero esequie onoratissime, poiché vollero accompagnare la salma molti tra gli uomini più chiari per ingegno e per ufficio che trovavasi in Firenze (allora capitale d’Italia), ed anche non picciol numero di persone del popolo, che onoravano e compiangevano anche in lei la pietosa soccorritrice degli sventurati. Ne disse gli elogi sulla bara il deputato Francesco Crispi, e le fu data sepoltura in adempimento della sua ultima volontà nel cimitero di San Miniato al Monte, ove riposano le spoglie di altri celebri artisti e letterati, fra le quali di Giuseppe Giusti.” (P. XXIII)...

Il Consiglio Comunale di Napoli, sopra proposta del generale Mariano d’Ayala consigliere, decretò che nella casa dov’ella ebbe nascimento fosse apposta una lapide, nella quale questo si ricordasse, insieme ai meriti di lei, e che da Oliva la sottoposta via si nomasse, anche perché il chiarissimo padre della poetessa in quella casa per molti anni abitò e tenne scuola.” ...L’iscrizione, che è dello stesso d’Ayala dice così... La via intestata è presso quella della Concordia” (p. XIV, ora in deplorevole stato, come si è detto).

Si ricorda “il riflesso luminoso delle sue virtù personali ed artistiche nelle figlie, la cui educazione letteraria ed artistica fu opera sua.” (p. XV)

Nel salotto e nei convegni in Torino, in Napoli, in Firenze, ospitò tutti, pur di diversi partiti, “purché devoti alla Patria ed alla Libertà” (da Giuseppe Garibaldi a Carlo Poerio, da Camillo Cavour a Terenzio Mamiani a Guglielmo Pepe, che battezzo l’ultima delle figlie).

Concludendo si fa notare come ella “accoppiasse alle doti elette della mente una naturale modestia, una schiettezza e semplicità di modi che nascondevano la superiorità del suo spirito, che vincevano ogni invidia.” (P. XXVI).

 

 

Bibliografia

M. Savini, Laura Beatrice Mancini. Studio, Firenze, 1869.

A. Russo, Laura Beatrice Oliva, profilo nel volume elettronico, Il Risorgimento invisibile, 
a cura di Laura Guidi, Clio Press, Napoli, gennaio 2003, www.cdlstoria.unina.it/storia/ 
dipartimentostoriaold/donne/invisi/profili/oliva.htm

V. Guarna, Laura Beatrice Fortunata Oliva, voce del Dizionario Biografico degli Italiani, 
2013, consultabile anche via internet http://www.treccani.it/enciclopedia/laura-beatrice- fortunata-oliva

 

 

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