Il Camposanto Monumentale di Pisa

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Fondato nel 1277, su progetto di Giovanni di Simone, il Cimitero della Cattedrale di Pisa, nella piazza dei Miracoli, secondo una tradizione, fu detto “Camposanto” per l’utilizzo di terra proveniente dal Monte Calvario, trasportato su navi pisane di ritorno dalla III crociata.

Lo scopo della  costruzione fu quello di raccogliere in un ampio spazio le tante sepolture sparse nell’area intorno alla cattedrale. Fu così che nel 1277 l'arcivescovo Federico Visconti firmò l'atto di donazione del terreno per la sua costruzione. Il completamento del sito avvenne due secoli dopo, nel 1464.

La pianta si presenta rettangolare con un grande chiostro centrale, l'esterno è in semplice marmo bianco, con 43 archi ciechi e due porte.

A partire dal Trecento il Camposanto fu decorato dai più grandi artisti dell’epoca tra cuiBuonamico Buffalmacco, autore del celebre Trionfo della Morte e Francesco Traini, autore di una Crocefissione. Il ciclo degli affreschi del Trecento e Quattrocento è davvero straordinaro.

L'accesso principale è decorato da un tabernacolo gotico sopra il portale, risalente alla seconda metà del XIV secolo, con statue della Vergine col Bambino e quattro Santi, opere di Giovanni Pisano. All'interno vi è un chiostro con arcate a sesto acuto, nei cui corridoi sono presenti numerosi sarcofagi romani, un tempo riutilizzati per le sepolture più prestigiose.

Nella cappella Aulla è conservata la cosiddetta “lampada di Galileo”, la cui osservazione dette allo scienziato lo spunto per la teoria sull'isocronismo del pendolo.

Il patrimonio artistico del sito fu purtroppo gravemente danneggiato da un proiettile di artiglieria che nell’agosto 1944 si abbatté sul tetto in piombo del Camposanto, provocandone la fusione e la conseguente colatura lungo le pareti affrescate. Durante il distacco degli affreschi danneggiati dalle pareti furono riportati alla luce i disegni preparatori originali (sinopie) delle opere, oggi recuperate e custodite nel vicino museo.

Il Camposanto rappresenta  un vero Pantheon per la città, dove sono raccolte le sepolture dei membri delle famiglie più importanti di Pisa e tanti personaggi illustri:da Beatrice di Lotaringia (Pisa 1019-1076) reggente del Marchesato di Toscana, al matematico Leonardo Fibonacci (Pisa 1175-1225), dal fisico Antonio Pacinotti (Pisa 1841-1912) famoso inventore della dinamo, ad Angelo Battelli (Macerata 1862- Pisa 1916), fondatore della Società Italiana di Fisica, ed ancora Andrea Berlinghieri (Montefoscoli 1772 – Orzignano 1826), iniziatore della scuola Medico Chirurgica Pisana, l’egittologo Ippolito Rosellini (Pisa 1800-1843).

Tra le tombe dei grandi aleggia anche lo spirito illuminista di Francesco Algarotti, (Venezia 1712 – Pisa 1764), scrittore, saggista, aperto al progresso e alla conoscenza razionale, una sorta di Socrate veneziano,animato da un’infinita sete di conoscenza, nobile e di bell’aspetto, autore di diversi saggi su disparati argomenti.

Dopo aver trascorso buona parte della sua vita in giro per l’Europa, l’Algarotti tornò in Italia, soggiornando tra Venezia, Bologna  e Pisa. Malato di tubercolosi si preparò alla morte con serenità, curando la pubblicazione di tutte le sue opere e finanche l’epitaffio per la sua tomba, Algarottus non omnis (Algarotti non del tutto), immortalando nei secoli il suo immenso amore per le arti belle che nemmeno la morte avrebbe potuto scalfire.

Un angelo in volo regge una leggerissima pergamena su cui è inciso il nome di un altro personaggio illustre, quello di Vincenzo Marulli dei Duchi di Ascoli (Napoli 1768- Pisa 1808), intellettuale napoletano di formazione illuminista, autore di scritti fra i più interessanti della cultura architettonica italiana dei primi anni dell’Ottocento.

Sostenitore della Repubblica Napoletana del 1799, di cui fu tra i più combattivi deputati e membro della Municipalità, con il ritorno dei Borbone fu costretto all’esilio, iniziando così un lungo viaggio per l’Europa che lo portò a conoscere tante diverse realtà sociali, culturali e politiche.

Rimpatriato agli inizi dell’Ottocento, il Marulli cercò di proiettare la capitale del regno in un nuovo disegno, preoccupato di risollevare non solo le sorti architettoniche ed urbanistiche di una Napoli che all’epoca dilagava nella più inconcepibile e miserevole realtà. Il nuovo progetto sulla nettezza urbana fu presentato come il primo assoluto bisogno al fine di evitare il dilagare di epidemie e con esso il progetto di nuove strutture sanitarie e cimiteriali.

Le idee innovatrici di Vincenzo Marulli rappresentarono una sorta di cambiamento al passo con i tempi considerati gli sviluppi socio culturali che  Napoli stava vivendo dalla rivoluzione del 1799 a tutto il Decennio Francese. Vincenzo Marulli si inserì a pieno titolo in questo contesto, rappresentando quella cultura rivoluzionaria e di resistenza all’arretrata monarchia borbonica.

 

 

 

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