Wops. I prigionieri guappi
A fine Ottocento e a inizio Novecento il termine Wop veniva utilizzato nei paesi anglosassoni per designare in senso spregiativo gli “italiani”. La parola deriva dal napoletano “guappo” ed è traducibile con il nostro “terrone”. Tuttavia Wops è anche l’anagramma di P.o.Ws., forma abbreviata di Prisoners of War, usata nella documentazione britannica durante il secondo conflitto mondiale per indicare i prigionieri di guerra. Tra il 1941 e il 1944 almeno 155.000 italiani furono trasferiti dagli inglesi nella madrepatria britannica, prelevati direttamente dai fronti africani – da El Alamein, per esempio – o dai territori in cui erano stati detenuti in un primo momento, come l’India, il Kenya, il Sudafrica.
Gli italiani, ritenuti - diversamente dai tedeschi - non pericolosi per la sicurezza nazionale e considerati buona manovalanza, divennero fin dal 1941 una presenza costante nelle campagne britanniche. Alloggiati in campi ben attrezzati, tutelati dalle convenzioni internazionali relative ai prigionieri di guerra, assistiti dalla Croce Rossa Internazionale, nutriti con razioni abbondanti, in Gran Bretagna i nostri connazionali vissero quella che può forse essere considerata, da un punto di vista materiale, l’esperienza di prigionia meno tragica tra quelle patite durante il secondo conflitto mondiale. Tuttavia, come ha scritto Giorgio Rochat, la qualità della prigionia non si può analizzare solo sulla scorta delle “calorie della razione quotidiana”. La condizione psicologica degli italiani fu caratterizzata da una costante malinconia e da un crescente malcontento, causati dalle condizioni di una prigionia che fu lunghissima da un punto di vista temporale, immutata dal punto di vista dello status giuridico – nonostante il variare della posizione dell’Italia nei confronti degli Alleati –, prorogata a ben dopo la fine della guerra per le esigenze economiche degli inglesi, e ingiustificata, se non da un punto di vista meramente disciplinare, dopo l’armistizio del settembre 1943 e addirittura la conclusione delle ostilità. I nostri soldati tornarono uomini liberi solo una volta che, terminato l’ennesimo raccolto di barbabietole da zucchero in Gran Bretagna, cominciarono a rientrare in Italia, a piccoli scaglioni, dall’inizio del 1946.
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