Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la patriota lungimirante

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Cristina Trivulzio di Belgiojoso Quando Cristina Trivulzio di Belgiojoso nel 1848 lasciò la città di Napoli, Ferdinando II di Borbone esclamò: “Finalmente ci siamo liberati di quella scocciatrice!”.

La famosa patriota si era trovata nella capitale del regno durante i moti insurrezionali, ma quando fu raggiunta dalla notizia delle cinque giornate di Milano, partì subito per il Nord Italia, pagando il viaggio ai circa 200 napoletani che decisero di seguirla, tra gli oltre 10.000 patrioti che l’accompagnarono al molo con una grande speranza di libertà nel cuore.

Era un’ospite scomoda, Cristina, pericolosa e rivoluzionaria, forse anche troppo, tanto da essere definita “un vero tormento” da Mazzini, e dal meritarsi l’anatema di Pio IX di “sfacciata meretrice” per aver mischiato suore a prostitute quando, durante la resistenza della Repubblica Romana del 1849, era stata messa a capo della direzione degli ospedali.

Figlia di Gerolamo, discendente di una delle famiglie storiche dell'aristocrazia milanese e di Vittoria dei Marchesi Gherardini, Cristina era nata a Milano il 28 giugno del 1808.

L’infanzia infelice, segnata da lutti familiari e dall’epilessia, ne aveva forgiato il carattere e le scelte di vita. A soli 16 anni, considerata la più ricca ereditiera d’Italia, aveva sposato l’avvenente principe libertino Emilio Barbiano di Belgiojoso, ma il matrimonio sarebbe durato appena 4 anni.

 

Le relazioni extraconiugali intrattenute dal principe erano presto risultate intollerabili, tanto da lasciar prevalere in Cristina una forte dignità e conseguente volontà di separarsi.

L’avventura politica e l’impegno civile iniziò alla fine degli anni venti, quando in tutta la penisola si respirava aria di indipendenza.

“Gli italiani avevano sperimentato soltanto la speranza. Soltanto il diritto di parlarne era stato fin qui garantito, per cui quando i dominatori austriaci e borbonici proscrissero la parola magica e si rivelarono per quei tiranni incurabili che sono, furono e sempre saranno, gli italiani sentirono, forse per la prima volta, il peso intollerabile delle catene, le maledirono e si prepararono ai sacrifici più nobili pur di spezzarle».

Era questa l’atmosfera di quegli anni, e così la Trivulzio l’avrebbe descritta anni dopo in una delle sue opere. [Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire, Milano, Vallardi, 1868, p. 12]

La sua attività rivoluzionaria non passò certo inosservata alla polizia austriaca. Pur rischiando più volte l’arresto riuscì comunque a scongiurarlo in virtù del potere di cui godeva la famiglia e dei rapporti diplomatici esistenti tra il nonno, il Marchese Maurizio dei Gherardini, ed il governo austriaco.

Invitata in numerosi salotti, dopo la separazione, Cristina, giovane, bella e libera, ebbe modo di viaggiare e prendere contatti con gli esponenti della Carboneria, presenti in tutta Italia e non solo.

I controlli della polizia, nonostante l’appoggio familiare, divennero sempre più opprimenti, con l’intensificarsi dell’attività rivoluzionaria di lei e dei rapporti intrattenuti con esponenti noti ai governi oppressori.

Costretta a fuggire in Francia, i suoi beni furono sequestrati dalla polizia austriaca, costringendola a vivere ospite di amici ed a firmare cambiali.

Nel 1831 fu emanato un decreto che prevedeva «la confisca di tutte le proprietà, al momento dichiarate sotto rigoroso sequestro» qualora Cristina non fosse rientrata nel territorio austriaco entro tre mesi.

In risposta lei accettò gli stenti e la povertà pur di non sottostare alle condizioni imposte da un governo tiranno.

Il redattore Alexandre Bouchon, le offrì a Parigi una collaborazione per il suo giornale, il Constitutionnel, proponendole di scrivere articoli relativi alla questione italiana e bozzetti firmandosi La Princesse ruinée (La principessa rovinata).

Cristina Trivulzio di Belgiojoso Tra l'impegno patriottico e i vari problemi a Cristina rimaneva ben poco tempo per la vita mondana, ciononostante i pettegolezzi fiorivano, attribuendole amanti e frivolezze.

Durante i dieci anni parigini Cristina continuò a contribuire da lontano alla causa italiana scrivendo articoli e diventando addirittura editore di giornali politici, quando non trovava altri editori disposti a pubblicare suoi scritti giudicati pericolosi.

Da giornalista passò ad affermarsi anche come scrittrice e ad organizzare salotti letterari dove si riunivano grandi artisti, esuli italiani e borghesia europea.

Tra i frequentatoripiùassiduici fu il compositore catanese Vincenzo Bellini, poi Franz Liszt, il poeta tedesco Heinrich Heine, i francesi de Musset e Balzac ed i patriota Federico Confalonieri.

Nel 1838  divenne madre della piccola Maria sulla cui paternità non ancora si si è giunti a documentazioni certe. In effetti la nascita non fu registrata presso gli archivi di Versailles probabilmente per mantenere segrete le origini della bambina che, ciononostante avrebbe poi ricoperto un ruolo importante nell’aristocrazia italiana.

La nascita di Maria comportò un lungo periodo di isolamento per Cristina ed il ritorno in una Milano disillusa dai moti carbonari. Correva l’anno 1840 quando si ritirò a vivere nella residenza di famiglia di Locate dedicandosi alla cura dei poveri del luogo ed impegnandosi nella realizzazione di tante opere sociali.

La carriera di giornalista e scrittrice riprese con dei brevi ritorni in Francia. La Gazzetta italiana e l’Ausonio furono due testate da lei dirette con il sostegno di illustri collaboratori.

L'impegno patriottico diventò sempre più preminente nella vita della Trivulzio il suo intento non era l’istituzione di  una monarchia bensì di una repubblica  simile a quella francese. Tuttavia, se per arrivare alla repubblica bisognava prima unire l'Italia, l'unica soluzione era di appoggiare la monarchia dei Savoia.

D’altronde le repubbliche a partire dal 1799 avevano già sperimentato una facile dissoluzione da parte dei tiranni e tanti spargimenti di sangue. Per unificare l’Italia c’era bisogno di una “monarchia di transizione”.

La dura repressione dei moti rivoluzionari ed il ritorno degli austriaci costrinsero la Trivulzio a sofferti  anni di esilio in Asia Minore. Solo nel 1855, grazie ad una amnistia poté tornare a Locate. Sei anni dopo fu finalmente realizzata l’Unità d’Italia.

Ritrovando una sospirata tranquillità Cristina  visse gli ultimi giorni della sua vita in una villetta a Blevio, spegnendosi serenamente nel 1871 a 63 anni.

Giornalista, scrittrice, patriota, Cristina Trivulzio di Belgiojoso fu soprattutto una donna rivoluzionaria, combattiva e lungimirante come i tanti valorosi patrioti che combatterono per la nostra Repubblica Italiana.

 

 

 

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