Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Resistenza e storiografia

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La cosiddetta “resistenza” è un fenomeno storico che ha ricevuto pochissimi studi di autentico valore storiografico, ciò che può apparire paradossale se si considera l’egemonia nelle cattedre di storia contemporanea degli storici marxisti o comunque di sinistra, la presenza di decine e decine di “istituti storici della resistenza” ed il carattere pervasivo nel discorso pubblico della mitologia antifascista.

Se si esamina la bibliografia sulla “resistenza” si scopre di primo acchito che straripano i testi di memorie, gli epistolari, le ricostruzioni evenemenziali di minuti episodi, opere scritte da giornalisti o politici ed imbevute di retorica, ideologia e (non di rado) falsificazioni ecc. I saggi storici in senso proprio sono realmente rari, anzi rarissimi.

Un grande storico come Federico Chabod, anch’egli antifascista, nel libro “L’Italia contemporanea. 1918-1948”, con prefazione di Leo Valiani (uno dei capi della resistenza), cerca di riassumere quanto si era scritto sino a quel momento (l’edizione originale è del 1961).

 

Egli suddivide la bibliografia, correttamente, per categorie. Il grosso dell’elenco è racchiuso fra “Antologie”, i “Diari e testimonianze”, e soprattutto gli “Aspetti politico-ideologici della Resistenza”, che da soli comprendono oltre la metà di tutti i testi citati. (Fra questi compare la raccolta di discorsi ed articoli di Palmiro Togliatti dal 1941 al 1945: lo si segnala per far capire quali sia il tenore di questi libri).

Di monografie sulla resistenza, che non siano memorie personali, antologie di racconti, discorsi politici o simili lo Chabod ne indica esattamente nove.

Fra queste: 2 sono state scritte da fascisti o simpatizzanti del fascismo, che Chabod (antifascista, ma grande storico) segnala per completezza ed imparzialità;

2 sono stati scritti da capi della resistenza ed hanno un tono marcatamente encomiastico ed apologetico, per tacere d’altro;

2 sono dei brevi articoli storici, rispettivamente di 35 e 5 pagine, con soli fini divulgativi;

1 è un libro dello storico del pensiero politico Massimo Salvadori;

i 2 rimanenti sono stati scritti entrambi da Roberto Battaglia ed il secondo è, all’incirca, una ripresa del primo.

Consultando alcuni manuali universitari di storia contemporanea si ritrova citato come base della bibliografia sulla resistenza proprio e sempre il Battaglia. In mezzo secolo dalla pubblicazione del libro dello Chabod il panorama non è cambiato molto.

Giusto per portare un esempio di ciò, si può ricordare il breve saggio di Nicola Tranfaglia (un antifascista dichiarato, critico verso Renzo De Felice, amico di Angelo Tasca ecc.), intitolato “L’Italia democratica. Profilo del primo cinquantennio 1943-1994”, Milano 1994.

La Guida bibliografica riportata dopo lo scritto, lunga 120 pagine circa (!) non segnala una sola monografia sulla resistenza. Eppure trova spazio per indicare monografie su temi come i lavoratori in cassa integrazione della Fiat, le carceri, la moda, la televisione italiana, il festival di Sanremo ecc.

Sulla resistenza si è scritto molto, ma abitualmente molto male. Le monografie di valore sono rarissime.

Esiste una storiografia universitaria di gran lunga più ricca ed abbondante non soltanto su temi come l’esercito romano, l’agricoltura nel Medioevo, le repubbliche marinare, il Risorgimento, la Grande guerra ecc. ecc. ecc., ma persino su argomenti come la sessualità nella Grecia antica o la mistica del Carmelo.

Il disinteresse ovvero lo scarso interesse dimostrato dagli studiosi nei confronti della guerra civile in Italia nel 1943-1945 può dipendere magari dal timore di toccare “nervi scoperti”, ma trae origine anzitutto dalla consapevolezza della sua sostanziale scarsa importanza storica, posta in confronto a molti  altri periodi ed eventi della storia nazionale ed internazionale.

 

 

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