Sergianni e Giovanna, amore e morte alla corte angioina

Categoria principale: Storia
Categoria: Dalla Storia antica al XVII sec.
Creato Sabato, 08 Aprile 2017 19:22
Ultima modifica il Sabato, 08 Aprile 2017 19:23
Pubblicato Sabato, 08 Aprile 2017 19:22
Scritto da Antonella Orefice
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Duca di Melfi, terzogenito dei Caracciolo dalla parte di Francesco, famiglia nobile di Napoli dominante tutta quanta la scena del patriziato partenopeo, Sergianni Caracciolo fu liberamente esaltato come “un novello Cesare” nell’iscrizione di Lorenzo Valla posta nella cappella sepolcrale eretta nella chiesa di San Giovanni a Carbonara.

Unica nella sua bellezza, la cappella si apre alla vista decorata di soli raggianti su un fondo purpureo trapuntato di stelle.

Fu fatta edificare per volere di Sergianni nel 1427 in un vano posteriore all'abside della chiesa al di là del sepolcro di re Ladislao.

La base del monumento funebre è costituita da un basamento di colonne modanato con cinque sculture rappresentanti  la Giustizia, la Forza, la Prudenza, il Dominio e la Possenza.

La statua di Sergianni campeggia sul sarcofago marmoreo circondato da angeli in abiti regali.

Nato a Napoli molto probabilmente nel 1372 da Francesco, detto Poeta, e da Isabella Sardo, grazie alla posizione del padre e alla protezione dello zio Tirello, arcivescovo di Cosenza, Giovanni Caracciolo, meglio conosciuto come Sergianni, crebbe alla corte di Ladislao, quasi suo coetaneo. Secondo alcune ricostruzioni il titolo di “ser” deriva non  semplicemente da “sere” o “messere”, ma dal conseguimento di studi giuridici.

Le virtù guerriere di Sergianni ebbero occasione di risplendere, in una cornice cavalleresca dal 1405 in diverse battaglie al fianco di re Ladislao di cui era  potente favorito.

Nel 1415 Giovanna II alla morte del fratello Ladislao gli successe sul trono di Napoli. Aveva 41 anni ed era già vedova del primo marito, il duca Guglielmo d'Austria, sposato nel 1401 e morto cinque anni dopo.

Fin dal principio del suo regno ebbero molta influenza presso di lei e nella gestione degli affari di Stato i cosiddetti "favoriti", personaggi illustri e ambiziosi spesso legati alla sovrana anche da legami sentimentali.

Giovanna IIConsigliata vivamente dalla corte, Giovanna passò in seconde nozze con Giacomo II di Borbone, conte di La Marche, che poteva assicurare alla regina anche l'importante sostegno della monarchia francese.

Il 10 agosto 1415 furono celebrate le nozze. Nonostante Giovanna avesse negato al marito il titolo regio, costui riuscì a stabilire il controllo diretto sulla corte attraverso funzionari francesi di sua fiducia, costringendo Giovanna a riconoscergli in seguito il titolo di re di Napoli.

Ma la prepotenza del sovrano suscitò i malumori dei baroni napoletani che scatenarono contro Giacomo violenti tumulti nella capitale, finché questi non si vide costretto a rinunciare al titolo regio e rispedire in Francia i funzionari che gli garantivano il controllo della corte.

Estromesso dalle vicende di governo e frenato nei suoi propositi di potere, nel 1418 Giacomo di La Marche decise di abbandonare Napoli e di ritirarsi in Francia, dove vestì l'abito dei francescani fino alla morte nel 1438.

Fu in questo periodo che Giovanna diede inizio a quella che sarebbe passata alla storia come la più celebre e discussa delle sue relazioni.

Nel 1417 il giovane ed ambizioso Sergianni Caracciolo ottenne il titolo di Gran Siniscalco del Regno, una carica “riesumata” ad personam dalla sovrana che istituì inoltre  una commissione di giuristi, per proclamare legittima la successione nei diritti feudali la moglie del suo amante protetto che da tempo si trascinava in una cavillosa questione testamentaria.

Sergianni aveva sposato Caterina Filangieri, figlia di Iacopo Nicola, conte di Avellino, alla quale, dopo le nozze, erano morti ben quattro fratelli. Secondo il diritto longobardo, che negava il passaggio dell'eredità feudale alla linea femminile, Caterina non sarebbe dovuta succedere al padre, ma con la nuova prammatica voluta dalla regina Giovanna II, il fratello di Iacopo Nicola, fu privato della contea, che passò a Sergianni. Di qui il fondatissimo sospetto che la nuova legge obbedisse a ben altre ragioni che a quelle giuridiche.

Trascorsero anni durante i quale, tra intrighi di corte, nemici e battaglie Sergianni fu sempre in primo piano sulla scena politica e militare di Napoli, affiancando la regina, condizionandone le scelte e divenendo quasi il padrone assoluto del regno.

Tra giochi diplomatici e sete di potere la relazione tra i due nel tempo finì nello sfociare in una reciproca diffidenza.

Sergianni si era reso odioso a tutta la nobiltà napoletana, le angherie a cui veniva sottoposta la sovrana si moltiplicarono senza remore, tanto da spingere Giovanna ad ordire una congiura per liberarsi del prepotente gran siniscalco che nel frattempo cercava di tenerla lontano da Napoli, complottando con amici e nemici.

Covella Ruffo, duchessa di Sessa, Marino Boffa e altri ottennero il consenso di Giovanna II per catturarlo.

Nell’agosto del 1432 erano state celebrate le nozze fra Troiano, figlio di Sergianni,  e Maria, figlia di Iacopo Caldora. Due giorni dopo, mentre ancora si protraevano i festeggiamenti, tre congiurati bussarono agli appartamenti del gran siniscalco in Castelcapuano e ottennero che fosse loro aperto, sostenendo che la regina era stata colta da malore.

Raggiunto rapidamente Sergianni lo uccisero.

Sepolcro di Sergianni CaraccioloCon lo stesso stratagemma indussero poi gli amici e i parenti del Caracciolo ad andare al castello dove furono a mano a mano disarmati e imprigionati. Solo la sera del 20 agosto i frati di S. Giovanni a Carbonara ottennero di poter prelevare il cadavere del gran siniscalco e di seppellirlo senza cerimonie nel loro monastero, nella cappella che egli aveva fondato nel 1427.

Nelle leggende napoletane gli episodi più oscuri della storia sono relativi proprio a Giovanna II che, forse per la sua propensione alle relazioni discusse, si prestava meglio ad incarnare le nefandezze tipiche della monarchia. Di lei si racconta che ospitasse nella sua alcova amanti di ogni genere di cui poi non avrebbe esitato a disfarsi.

Per secoli si è narrato della botola segreta di cui la sovrana disponeva all'interno di Castel Nuovo, dove venivano gettati i suoi amanti, una volta esaurito il compito, per essere divorati da mostri marini.

E la  leggenda, forse proprio perché così tanto macabra e inquietante, ha finito con l'accrescere la popolarità e la curiosità verso questa regina di Napoli, seconda e fusa nell’immaginario collettivo alla Giovanna I che anni prima l’aveva preceduta sul trono, chiamate entrambe a gestire un regno ingovernabile durante difficili  e tormentati momenti storici.