Napoli senza l’ultimo giacobino
Napoli è in lutto. È morto l’ultimo giacobino. Addio a Gerardo Marotta, avvocato-filosofo, fondatore e presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, appassionato testimone della breve stagione della Repubblica Napoletana del 1799, sorta ad imitazione della Repubblica francese e soffocata nel sangue dai sanfedisti del cardinale Ruffo. La vita e la carriera di Gerardo Marotta, conosciuto da tutti come l’Avvocato, sono legate indissolubilmente alla sua amata Napoli, dove è nato nel 1927 e dove è morto il 26 gennaio del 2017, attorno alle ore 23, presso la clinica Hermitage di Capodimonte, alla vigilia del compimento dei 90 anni, che avrebbe festeggiato il 26 aprile. Nel dopoguerra Marotta, giovane di belle speranze di forti simpatie comuniste, fondò l'associazione Cultura Nuova, che diresse dal 1946 al 1953, organizzando manifestazioni e conferenze che richiamarono grandi personaggi della cultura italiana. Laureatosi in giurisprudenza con lode all'Università di Napoli «Federico II», con tesi in filosofia del diritto su «La concezione dello Stato nel pensiero della filosofia tedesca e nella sinistra hegeliana», già all’epoca della sua attività forense Marotta coltivò un vivo interesse per la filosofia, la storia e le arti. Fu infatti tra i giovani studiosi che animarono le attività dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici di Benedetto Croce e del Gruppo di Studi "Antonio Gramsci". Nel 1975, Marotta fondò a Napoli l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, di cui venne nominato presidente a vita nell'atto di costituzione. Come lui stesso ha raccontato, fu Enrico Cerulli, presidente dell’Accademia dei Lincei, a convincerlo: «Marotta, non c’è più tempo. L’Europa è in declino. La filosofia deve riprendere il cammino segnato da Croce e dalle scuole filosofiche del Risorgimento».
La sede di Monte di Dio, il palazzo in cui visse Gennaro Serra, uno dei martiri della rivoluzione partenopea del 1799, non venne scelta a caso. Personaggio atipico, d’altri tempi, quasi eduardiano, che andava vestito con una mantella e un cappello a falde larghe e abiti di lana anche d’estate, Marotta era però culturalmente vivace e modernissimo ed è stato capace di risvegliare l’attenzione attorno ai temi storici e filosofici e alla riscoperta della Repubblica Napoletana. Grazie alla sua competenza e tenacia, l'Istituto sito nel palazzo Serra di Cassano in quarant’anni è diventato sede di manifestazioni culturali e di iniziative di studio e ricerca fra le più prestigiose d'Europa, ospitando i più grandi pensatori del Novecento. L’Istituto non è la sola creatura di Marotta, che nel 1980 fondò la Scuola di Studi Superiori a Napoli e l’anno dopo la rivista Nouvelles de la République des Lettres, di cui affidò la direzione a Paul Dibon e Tullio Gregory. Per la sua meritoria attività Marotta ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Diploma d'onore del Parlamento Europeo e ben sette lauree ad honorem: in filosofia dalle Università di Bielefeld, Erasmus di Rotterdam, Sorbona di Parigi, Napoli, Pavia e Bucarest e in pedagogia dall'Università di Urbino. Più controversa la sua attività politica. Restano famose le sue «intemerate» sulla decadenza di Napoli e del Mezzogiorno e il suo stile giacobino, un po’ demodé. Fu un grande sostenitore del sindaco Antonio Bassolino e del «rinascimento napoletano», con un gesto che rimarrà nella storia recente della città. Nel 1994, in segno di speranza, assieme insieme al filosofo Georg Gadamer fece riaprire il portone principale di Palazzo Serra di Cassano, chiuso per decisione del padre di Gennaro Serra da quel giorno del 1799 in cui il giovane rivoluzionario napoletano venne condotto in piazza Mercato per essere decapitato, per simboleggiare l'impossibilità di un futuro di libertà e di cultura per Napoli. Poco tempo dopo, però, con intenzione altrettanto simbolica, lo stesso Marotta lo fece risigillare. L’ultima sua battaglia è stata quella di tentare di salvare il grande patrimonio librario dell’Istituto, dopo che nel 2012 i trecentomila libri da lui donati alla biblioteca stavano per essere chiusi in scatoloni destinati in un deposito a Casoria. «Giordano Bruno perché deve andare in deposito?», tuonò Marotta. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio ne ha ricordato «la passione meridionalista e l’impegno generoso per la diffusione del sapere e la preservazione del patrimonio culturale del Paese», mentre il premier Paolo Gentiloni ha parlato di «dolore enorme per Napoli e per l’Italia». L’ultimo saluto a Napoli Gerardo Marotta lo ha dato tra i suoi libri, in un palazzo simbolo della rivoluzione napoletana, alla quale ha dedicato la sua esistenza.
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