Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

“L’amor di patria” in Gaetano Filangieri

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Gaetano Filangieri trattò in un apposito capitolo della "Scienza della Legislazione" il tema "Dell'amor della patria e della sua necessaria dipendenza dalla sapienza delle leggi e del governo".

Secondo  Vincenzo Ferrone, l'illuminista napoletano intendeva esporre con massima chiarezza un concetto  che si prestava ad essere considerato riduttivo e fuorviante per una società moderna da costruire.

"Non confondiamo le idee le più distinte tra loro. – scriveva Filangieri - Non abusiamo del sacro nome della patria per indicare quell'affezione al suolo natìo ch'è un appendice de' mali stessi delle civili unioni e che si può ritrovare così nella più corrotta, come nella più perfetta società".

L'amor di patria, dunque,  non poteva definirsi  con un semplice  riandare con la mente ai ricordi dell'infanzia, alla "culla", ad una primordiale appartenenza etnica. L'illuminismo apportava un amor di patria- nazione come amore delle virtù in una società repubblicana con il dovuto rispetto delle  sue leggi civili. Pertanto, secondo il Filangieri,  l’autentico amore per la nazione napoletana era fatto di ragione e volontà. Dovevano essere le virtù, i valori repubblicani a caratterizzare l'amore autentico per la nazione napoletana in quel Primo Settecento, un amore che doveva superare "l'amore di potere", insito purtroppo, sempre e naturalmente, in ogni società, e introdurre un amore nuovo nelle coscienze del popolo napoletano.

"Vi si deve introdurre, deve essere prima destato e poi adoperato". Così il Filangieri mostrava quanto quel  percorso richiedessero una graduale e necessaria evoluzione ai tempi nuovi affinchè potesse essere sentiro profondamente l’amor di patria.

 

Vincenzo Ferrone scrive che "il filosofo napoletano aveva subito colto la funzione politica e istituzionale che l'opinione pubblica stava assumendo come possibile forma di espressione della sovranità popolare nei confronti del dispotismo", che si nutriva dell'assenza di un autentico amor di patria incentrato sulle virtù e sui valori politici e civili condivisi. Inoltre, Gaetano Filangieri evidenziava quanto fosse deleterio accomunare uomini virtuosi e uomini corrotti entrambi appartenenti ad un’unica comunità in base ad un'errata concezione dell'amor di patria. 

L'amor di patria doveva esprimersi in un  rispetto virtuoso del nuovo sistema legislativo, che egli proponeva e diffondeva, che additava non solo alla nazione  napoletana ma al mondo intero.

Filangieri delineava un quadro  generale a cui avrebbero dovuto  attenersi la Nazione Napoletana e l’intero territorio meridionale per realizzare quel legame vero e sincero: diffusione della proprietà, abolizione delle differenze di status sociale; una istituzione di truppe civili al posto delle mercenarie, l’equa ripartizione delle ricchezze per il raggiungimento della  felicità, una giusta legislazione criminale, un piano d’istruzione pubblica, presupposto fondamentale per ampliare e fortificare i vincoli dell’unione civile della Nazione, eguale partecipazione al potere di tutti i cittadini, potere inteso come “amore della patria” e uomini virtuosi per l’attuazione della legislazione.

All'interrogativo su come diffondere tra il popolo l'amore per la patria e le sue leggi, su come affermare la passione dei cittadini per le virtù civiche, ossia su come superare la lunga stagione dell'antico regime e forgiare il nuovo cittadino, Filangieri esplicitò il ricorso agli insegnamenti e agli esempi dei grandi uomini della civiltà classica repubblicana greca e romana.

Il filosofo napoletano poneva le basi di quella che sarebbe stata la moderna cultura repubblicana, in opposizione a quell'antico regime che - come scrive testualmente Vincenzo Ferrone - " aveva smarrito i valori delle virtù civiche, dell'interesse collettivo a favore degli egoismi economici individuali", per cui egli riteneva che al più presto "occorresse ridare uno spazio adeguato al culto repubblicano degli eroi che si erano sacrificati per la collettività". Necessitava, secondo il filosofo napoletano,  nel secolo XVIII, rivisitare e aggiornare quanto, in termini di virtù e valori ideali civili, era stato elaborato dai grandi uomini nel passato repubblicano di Atene, Sparta e Roma, alla luce dei diritti dell’uomo moderno, di una rinnovata  passione politica e civile.

Il  Filangieri credeva nella funzione politica, civile e pedagogica del teatro, come scuola di virtù e sollecitava, pertanto, l’istituzione di teatri popolari a spese dello Stato in maniera da  garantire spettacoli a tutti i  cittadini, anche a quelli che vivevano come “ lazzari”, i primi che necessitavano di “una nuova religione civile che doveva predicare la pratica della virtù tra il popolo”.

A tal fine ricordava come ad Atene i cittadini stessi fossero attori.

Il Filangieri additava, pertanto, un nuovo concetto di “amor di patria” mirato a quella felicità dei popoli, quel sostantivo che sarebbe stato primariamente recepito nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America il 4 luglio 1776.

 

 

 

Bibliografia:

Vincenzo Ferrone, La società equa e giusta. Repubblicanesimo e diritti dell’uomo,  in Gaetano Filangieri,  Bari, 2003

Elena Croce,  La Patria Napoletana, Milano, 1999

 

 

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