L’emancipazione della donna come cura al brigantaggio: le memorie di un bersagliere

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Categoria: Storia del Risorgimento
Creato Mercoledì, 06 Luglio 2016 22:42
Ultima modifica il Mercoledì, 06 Luglio 2016 22:42
Pubblicato Mercoledì, 06 Luglio 2016 22:42
Scritto da Davide Simone
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"L’educazione della donna , all’infuori delle città principali, e non solo nelle province meridionali, ma anche in alcune altre d’Italia, è più trascurata di quella dell’uomo. Alcuno, leggendo questo periodo, obietterà che la donna, non dovendo prendere molta parte alla vita pubblica, non è mestieri che sia molto istruita: a costoro io risponderei che, sicchè le donne del basso popolo vivranno in quello stato di assoluta ignoranza, di inveterata superstizione, di inscienza de’ più ovvii principi di moralità in cui ora gran parte trovansi, sarà ben inutile che noi ci ripromettiamo una rigenerazione morale delle nostre masse, consentanea alle aspirazioni dell’epoca nostra.

La donna del contadino, dell’operaio, dell’artiere e del basso impiegato, diventando madre, ha una delicata missione a compiere, pari a quella del negoziante, dell’impiegato e del possidente; questa importante missione è l’allevamento e la prima educazione dei figli; i principi di religione, di moralità e di onestà che restan più impressi nella mente e per tutta la vita , sono quelli che succhiansi, per così dire, col latte dalla madre; quelli che l’amorosa ed intelligente genitrice instilla al fanciullo ed ala bambina, fra le carezze ed i baci, non appena articola le prime parole, muove i primi passi nella vita; ora, com’è mai possibili che una madre allevi la sua prole co que’ sacrosanti, indispensabili principii, se no li ha mai conosciuti né imparati essa medesima?

 

Qui parmi alcuno sussurrarmi all’orecchio: ma son gli uomini che i fanno briganti, non le donne! Rispondo a questi col dire: che prima di tutto nelle orde sanguinarie testè distruttesi non mancarono di trovarsi delle vere brigantesse, ferocissime, quanto e più di taluni briganti; poi, che se anche la donna ignorante ed abbrutita non sente il coraggio di darsi la brigantaggio essa stessa, non manca però di spingere e mantenere a quel sciagurato mestiere il marito, il figlio, il parente, l’amante – e ciò è pura storia- per l’avida brama dio godere dei frutti della rapina e del saccheggio.

Ove dunque non esiste moralità tutto è possibile. Si pensi adunque, e da senno, ad aprire scuole elementari obbligatorie anche per le figlie del popolano, e il denaro che si dovrà spendere renderà, lì a non molto, il cento per uno del patrimonio della civiltà nazionale, perché quelle donne dirozzate, e per così dire moralmente rigenerate, diverranno ottime massaie, buone madri di famiglia, e daranno poi alla patria non più dei briganti e delle prostitute, ma dei probi cittadini, delle oneste spose.

Ma, lo ripeto, se le scuole elementari comunali non si renderanno obbligatorie, non se ne ricaverà ognora che ben poco frutto. L’educazione della donna , all’infuori delle città principali, e non solo nelle province meridionali, ma anche in alcune altre d’Italia, è più trascurata di quella dell’uomo. Alcuno, leggendo questo periodo, obietterà che la donna, non dovendo prendere molta parte alla vita pubblica, non è mestieri che sia molto istruita: a costoro io risponderei che, sicchè le donne del basso popolo vivranno in quello stato di assoluta ignoranza, di inveterata superstizione, di inscienza de’ più ovvii principi di moralità in cui ora gran parte trovansi, sarà ben inutile che noi ci ripromettiamo una rigenerazione morale delle nostre masse, consentanea alle aspirazioni dell’epoca nostra.

La donna del contadino, dell’operaio, dell’artiere e del basso impiegato, diventando madre, ha una delicata missione a compiere, pari a quella del negoziante, dell’impiegato e del possidente; questa importante missione è l’allevamento e la prima educazione dei figli; i principi di religione, di moralità e di onestà che restan più impressi nella mente e per tutta la vita , sono quelli che succhiansi, per così dire, col latte dalla madre; quelli che l’amorosa ed intelligente genitrice instilla al fanciullo ed ala bambina, fra le carezze ed i baci, non appena articola le prime parole, muove i primi passi nella vita; ora, com’è mai possibili che una madre allevi la sua prole co que’ sacrosanti, indispensabili principii, se no li ha mai conosciuti né imparati essa medesima?

Qui parmi alcuno sussurrarmi all’orecchio : ma son gli uomini che i fanno briganti, non le donne! Rispondo a questi col dire: che prima di tutto nelle orde sanguinarie testè distruttesi non mancarono di trovarsi delle vere brigantesse, ferocissime, quanto e più di taluni briganti; poi, che se anche la donna ignorante ed abbrutita non sente il coraggio di darsi la brigantaggio essa stessa, non manca però di spingere e mantenere a quel sciagurato mestiere il marito, il figlio, il parente, l’amante – e ciò è pura storia- per l’avida brama dio godere dei frutti della rapina e del saccheggio. Ove dunque non esiste moralità tutto è possibile.

Si pensi adunque, e da senno, ad aprire scuole elementari obbligatorie anche per le figlie del popolano, e il denaro che si dovrà spendere renderà, lì a non molto, il cento per uno del patrimonio della civiltà nazionale, perché quelle donne dirozzate, e per così dire moralmente rigenerate, diverranno ottime massaie, buone madri di famiglia, e daranno poi alla patria non più dei briganti e delle prostitute, ma dei probi cittadini, delle oneste spose.

Ma, lo ripeto, se le scuole elementari comunali non si renderanno obbligatorie, non se ne ricaverà ognora che ben poco frutto".

 

Quello proposto è un brano tratto dal libro “Sul brigantaggio dell’Italia meridionale. Considerazioni politico-militari documentate” di Amabile Bonazzola, ufficiale dei Bersaglieri impegnato nella campagna contro il brigantaggio negli anni immediatamente successivi l’unificazione della penisola.

Tra i pochissimi contributi di questo genere, l’opera del Bonazzola smentisce, per chi abbia la curiosità di leggerla, quella mitologia, spesso priva di fondamento storico e documentale, che vuole l’esercito regio aguzzino ed oppressore dei popoli meridionali, e il pezzo in esame ne è la dimostrazione.

Come rimedio al problema brigantesco, infatti, l’ufficiale non suggerisce l’uso della forza bruta, ma al contrario invoca l’istruzione, obbligatoria e gratuita, con particolare premura per quella femminile.

In un’epoca che relegava la donna ai margini del vivere sociale, Bonazzola ne chiede, con stupefacente lungimiranza , la crescita e l’emancipazione attraverso lo studio, così da liberarla da quell’ “inscienza”(l’analfabetismo nel Mezzogiorno borbonico superava l’80%) anticamera e causa primaria della scelta criminale. In quegli stessi anni, gioverà ricordarlo, il nuovo governo unitario rese la scuola obbligatoria (per gli uomini e per le donne)e gratuita con la Legge Casati , una direttiva già in vigore nel Regno di Sardegna (1859) e sviluppata dalle leggi Bon Compagni (1848) e Lanza (1857), dispositivi che, tra le altre cose, abolivano il controllo vescovile sull’insegnamento, segnando in questo modo una differenza epocale con il modello duosiciliano che vedeva invece l’istruzione gestita ed affidata al mondo ecclesiastico.

Ndr: l’assegnazione, da parte del Bonazzola, di un ruolo prevalentemente domestico alla donna, andrà inquadrata in quella che era la mentalità del tempo, anche tra i segmenti più avanzati della società.