Napoli, documenti inediti sulla rivolta del 1647
La sua figura si affacciò alla ribalta della storia in modo del tutto imprevedibile, dal 7 al 17 luglio 1647 , ma gli spagnoli non persero mai completamente il controllo della capitale che aveva decretato i fasti del pescivendolo di Amalfi e strinsero ben presto di assedio i rivoltosi nell'ampia, ma ben delimitata parte della citta' che va dalla chiesa di Santa Chiara alla chiesa del Carmine. Meno ancora gli spagnoli persero il controllo del Regno, dove il moto napoletano si diffuse in moltissime zone, senza però mai assumervi carattere radicale e generale. Era un tempo di grandi rivolte nei maggiori Paesi europei, in nessun altro caso, però, come a Napoli, sorse un popolano a promuovere e guidare il primo insorgere della rivolta, a obbligare il governo del re a trattare con lui e ad accettarne le condizioni. Ma subito dopo il popolano trionfante apparve trasformato in un insopportabile e pericoloso despota che, una volta preso il potere, cercò di esercitarlo con la stessa ferocia dei viceré. Ciò è documentato nell’annotazione di una giustizia ordinata da <<Tomaso Anello d’Amalfi, capo de’ tumulti, come Capitano del Popolo Napoletano>>, riportata nei registri della Congregazione dei Bianchi della Giustizia in data 10 luglio 1647, un’esecuzione che finì sospesa a seguito dell’assassinio dello stesso capopopolo che l’aveva sentenziata. Sarebbe un grave errore liquidare la rivolta napoletana come evento di scarso spessore storico solo perché il quadro delle sue apparenze è quello qui sommariamente accennato. Un secolo di studi ne ha messo in rilievo una complessità di significati e di elementi che la iscrive non solo tra i grandi fatti della storia napoletana, ma tra gli eventi significativi della storia europea del tempo. Fu rivolta non solo antifiscale, ma anche antifeudale, rivolta di lotta non solo contro la Spagna, ma anche tra Popolo e Nobiltà, rivolta della capitale, ma con molti focolai nelle province, rivolta inutilmente ‘ritentata’ da altri, finanche dallo stesso cognato di Masaniello, Damiano Gargano, appena un anno dopo e che gli costò lo vita. Quest’ultimo elemento, finora inedito, è stato ancora rinvenuto nei registri dei Bianchi della Giustizia. La rivolta del 1647 certo non passò invano. La debolezza complessivamente dimostrata dalla società napoletana lasciò il segno nei suoi sviluppi posteriori. Non da essa, comunque, ne' dalle ceneri di essa, ma su un terreno diverso e nuovo si formarono le forze, gli uomini e le idee che avrebbero dato vita vigorosa alla grande Napoli illuministica, riformatrice e, alla fine, rivoluzionaria del Settecento. Della rivolta del 1647 che chiudeva un capitolo della storia napoletana, anziché aprirne uno nuovo, sarebbero rimasti i fasti barocchi di una rappresentazione storica troppo sopra le righe della sua effettiva consistenza, e sarebbe rimasto archetipo di rivolta popolare, il povero pescivendolo che pagò con la vita i pochi giorni della sua inaudita, trionfale carriera di capopopolo.
Abstract da A. Orefice, I Giustiziati di Napoli dal 1556 al 1862 nella documentazione dei Bianchi della Giustizia, Prefazione. di A. Illibato, Napoli, 2015.
Archivio Storico Diocesano di Napoli, Bianchi della Giustizia, Registro n. 88, foglio 39 verso. Trascrizione documento: A 10 luglio venerdì, venne dal sollecitatore fiscale di Vicaria viglietto per confortare alla morte Gennaro Santamaria condannato da Tomaso Aniello d’Amalfi Capo de’ tumulti come Capitano del Popolo Napoletano. Et essendosi già apparecchiata la Compagnia et fatta la solita deputazione, fu per ordine dell’istesso rimessa la esecuzione alla Vicaria, et essendos differita l’esecuzione della Giustizia fu poi per la seguita morte del Tommaso Anello in tutto sopraseduta. Et acciò che ne’ nostri libri non manchi memoria delli correnti tumulti di questa città che questi ne sarà da altri abbondantemente scritto, et ne correrà la fama per l’annali di tutto il mondo s’è fatta la presente nota. Et il biglietto scritto per questa giustizia si è cucito nel quinterno delle lettere et scritture memorabili. Furono durante questa giustizia deputati li seguenti fratelli…
ASDN, ibidem, registro n. 90, foglio 41 recto. Trascrizione documento:
A di 16 dicembre 1648 fu appiccato nella piazza del mercato Damiano Gargano Napolitano per aver tentato di nuovo di pigliar l’armi contro la nobiltà, il suo esercitio era di potegaro di frutti, d’anni 34 i in circa. Lascia sua moglie chiamata Aluina di Maio Napoletana di anni 18; lascia una sua figlia chiamata Vittoria di anni 2 in circa lascia una sua sorella chiamata Antonio vedova d’anni 40.
Dichiara per restituire la fama al prossimo aver detto ali tormenti che Cicco Vitagliano, Giovanni Salerno, domenico di cui non sa il cognome ma è d’arte cositore, Peppo, Ciccotto de quali non sa il cognome ma sono d’arte pittori, e tre altri de li quali non sa il nome ne il cognome ma l’ha nominati accettando quello l’è stato detto volessero pigliar l’armi contro li signori per non volere le gabelle, e che volevano fare capo esso dichiarante, il che non è vero in modo nessuno, né mai hanno parlato di cose tali ad esso Damiano, ma quanto ha detto è stato per dolore de li tormenti e per non l’averne più. Vi intervennero li seguenti fratelli…
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