Anticaglia: il “vascio” che cela un teatro romano

Categoria principale: Storia
Categoria: Dalla Storia antica al XVII sec.
Creato Venerdì, 01 Luglio 2016 18:08
Ultima modifica il Venerdì, 01 Luglio 2016 18:08
Pubblicato Venerdì, 01 Luglio 2016 18:08
Scritto da Adele Migliozzi
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Il Teatro Romano di Neapolis, detto “dell’Anticaglia”, che sorge nel cuore del centro storico di Napoli, presso il decumano superiore, è custodito all’interno di un cortile di un edificio residenziale nei moderni isolati compresi tra via Anticaglia, via San Paolo ai Tribunali e vico Giganti, invisibile dalla strada e difficilmente accessibile all’interno dei condomini.

Il centro storico di Napoli, infatti, riconosciuto dall’Unesco «Patrimonio dell’umanità» per le sue importanti ricchezze artistiche e architettoniche, spesso cela tra le sue viuzze e i suoi quartieri brulicanti, tesori millenari, inglobati dalla modernità fino a diventare inconoscibili. 

Il monumento, dunque, rappresenta un significativo esempio di “archeologia urbana”, attraverso il quale è possibile ricostruire la storia edilizia di un intero settore urbano di Napoli.

Il Teatro dell’Anticaglia fu una delle glorie di Neapolis.

Sorto in luogo di un preesistente edificio greco di IV secolo a.C., il teatro si data, nell’aspetto ora visibile, tra la fine del I e gli inizi II secolo d.C., periodo in cui fu completamente ricostruito; si trattava di una delle strutture più rappresentative della città e un polo importante dell’attività civica, insieme all’Odeon, poco distante, in base alle ricostruzioni dell’antico assetto urbano dell’area sacra del Foro.

Come riferisce lo storico Svetonio, nel Teatro dell’Anticaglia ebbero luogo i leggendari certami canori di Nerone: le fonti raccontano che questi, nonostante un violento terremoto, da lui valutato come “apprezzamento degli dèi”, continuasse ad esibirsi, costringendo la popolazione a restare.

 

Dimenticato dalla metà del V secolo d.C., quando cambiano le funzioni del sito, tra il XV e il XVII secolo il teatro è sopraffatto dalla costruzione di vari edifici sorti sulla cavea: giacché durante la dominazione spagnola, per fronteggiare l’eccessivo popolamento della città, è consentita per legge l’edificazione in qualsiasi punto della stessa. Da allora gli ambienti interni, sventrati dal vico Cinquesanti aperto dai Padri Teatini, sono adibiti a stalle, cantine, depositi e botteghe, finché nel XIX secolo le abitazioni sono abbandonate e i loro cunicoli dimenticati per lunghi anni. 

Dopo alcuni fortuiti rinvenimenti e un primo piano di recupero nel 1939, solo dal 1997 il teatro è finalmente disvelato in parte, mentre l’intervento sistematico del Comune di Napoli dal 2003 al 2007 ha lasciato affiorare la parte ovest della media cavea dal giardino interno. 

Parte della cavea del Teatro di Neapolis-Anticaglia, recuperata dopo anni di oblio, è ora visitabile eccezionalmente.

L’ingresso per la cavea è da un’antica bottega di via San Paolo, sita nel cortile di un palazzo di origini quattrocentesche; l’accesso alla parte normalmente visitabile del teatro, invece, è possibile da un “vascio“ (basso) di vico Cinquesanti. 

Patrimonio archeologico, il basso del signor Vittorio conserva un letto molto speciale: nasconde una botola, che dà accesso ai resti degli ambienti sotterranei dell’antico teatro romano, da lui adibiti a “cantina” – in realtà, corridoio di sottoscena! – prima dell’esproprio e della nuova destinazione d’uso dell’edificio.

Proseguendo verso il cuore dei resti, si trova un’arcata corrispondente all’ingresso del teatro, fino a pochi anni fa utilizzata come garage per i motorini. Una parte del Teatro dell’Anticaglia costituisce l’ultima tappa del percorso sotterraneo di Napoli, mentre altri frammenti sono liberamente visibili lungo i decumani. Tuttavia, anche se già dal 2009 il Teatro di Neapolis-Anticaglia è stato aperto al pubblico – con visite guidate organizzate dal Comune di Napoli e dalla Soprintendenza Archeologica Speciale di Napoli e Pompei – sono pochi i napoletani che lo conoscono e pochissimi quelli che sono riusciti a entrare al suo interno; senza contare che la casa del signor Vittorio è solo una delle innumerevoli abitazioni a celare segreti di tale portata.

Non siamo ancora riusciti, insomma, a valorizzare turisticamente e culturalmente questa opportunità. Eppure, il centro storico di Napoli comprende ben 27 secoli di storia ed è il più grande d’Europa, con una superficie di 1700 ettari, puntellata di monumenti straordinari, molti dei quali celati.

Ecco perché, benché la vecchia struttura non sarà mai del tutto recuperabile, bisognerebbe ridefinire questo sito come spazio pubblico e ripristinarne l’antica funzione ricreativa, destinandolo ad accogliere rappresentazioni teatrali e manifestazioni formative: ovvero, inserendolo in un piano complessivo, non solo urbanistico, ma di crescita culturale, promuovendo la riscoperta del teatro antico, che identifica una radicata tradizione artistica della città partenopea. Intanto, possiamo fruire degli spazi al momento scavati e accessibili.