La mattanza del 1799 nella ricostruzione di Ugo Foscolo

Categoria principale: Storia
Categoria: Articoli sul 1799
Creato Martedì, 10 Maggio 2016 18:00
Ultima modifica il Martedì, 10 Maggio 2016 18:15
Pubblicato Martedì, 10 Maggio 2016 18:00
Scritto da Angelo Martino
Visite: 3889

Sul mancato rispetto dell’armistizio del 1799, firmato e sottoscritto sia dal rappresentante del Borbone che delle potenze straniere a lui  alleate, scrisse anche Ugo Foscolo.

La mattanza del fiore dell’intellettualità napoletana provocò riprovevoli reazioni nei confronti della dispotica monarchia borbonica, anche da parte delle stesse potenze  che lo avevano sostenuto in maniera determinante. Lo  zar cercò di fermare l’ecatombe, rivolgendo  a Ferdinando IV parole di disprezzo, così come il turco Achmet, dopo che entrambi avevano firmato l’armistizio con la clausola, che prevedeva la partenza per Tolone dei patrioti repubblicani napoletani, che si erano difesi strenuamente, asserragliati in Castelnuovo e Castel Sant’Elmo.

Il tradimento del patto aveva atterrito tutta l’Europa, in quanto gettava disonore e vergogna per coloro che non lo avevano mantenuto.

Foscolo ne attribuì la responsabilità all’ammiraglio inglese Nelson, amante della moglie dell’ambasciatore inglese Hamilton. La ricostruzione foscoliana della vicenda mirò addossare la colpa agli inglesi e ai russi, spezzando una lancia a favore del cardinale Ruffo, che dimostrò di non volere abbandonare il più nobile sangue della nazione alle passioni della plebaglia”, tanto da essere considerato un traditore e Nelson “supplicò Ferdinando IV di licenziarlo”.

In parte la considerazione ha del vero, perché in un primo tempo  il cardinale sanfedista si era servito di uomini feroci, tra cui ex banditi e briganti, e in seguito, capì di non essere riuscito a frenare tanta disumana ferocia.

La situazione gli era sfuggita dalle mani e lo scrisse in maniera chiara il 21 giugno 1799, una decina di giorni dopo la sconfitta della repubblica napoletana in una lettera inviata al segretario di Stato borbonico John Acton: “Il dover governare una ventina di capi ineducati e insubordinati di truppe leggiere, tutte applicate a seguitare i saccheggi, le stragi e la violenza, è così terribile cosa e complicata che trapassa le mie forze assolutamente”.

Foscolo ritenne responsabile della mattanza anche Lady Hamilton, amante dell’ammiraglio Nelson, che da “ragazza vagabonda, seppe ingraziarsi la regina con la natura e la violenza di quelle tendenze al vizio, che nelle classi e più basse e più alte erano ugualmente eccitate da un bisogno assoluto e da una ricchezza smoderata; e non essendo frenate dal timore della pubblica opinione, il carattere e i costumi dell’altra si assimilarono profondamente”.

Foscolo mostrava essere ben informato sulla forte influenza che Maria Carolina d’Austria, moglie del Borbone, esercitava sulla Hamilton e quest’ultima su Nelson tanto da far sì che l’armistizio non fosse rispettato.

Il Foscolo concluse il suo commento sulla Repubblica Napoletana con un’ambigua osservazione su Lady Hamilton: “Altre femmine, cresciute nella prostituzione, hanno esercitato un ascendente sul carattere di altri uomini grandi; ma Lady Hamilton non avrebbe mai macchiato la memoria di Nelson col sangue inutilmente sparso di tanti innocenti se, quando lo conobbe, ella non fosse stata la moglie di un ambasciatore britannico”.

 

 

 

 

Bibliografia:

Ugo Foscolo, Scritti sulla Repubblica Napoletana, Napoli, 1999