Il sorgere in Europa degli Stati nazionali

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Dalla lotta per le investiture tra Papato ed Impero uscirono rafforzate le forze borghesi comunali. Sia il papa che l’imperatore erano interessati al consolidamento dei Comuni, ma soprattutto a ricevere da essi sostegno finanziario,  per cui erano larghi in concessioni nei confronti dei Comuni che ne approfittavano per rendersi sempre più autonomi rispetto alle due massime autorità del Medioevo.

Mentre in Italia  nel XIII e XIV secolo i Comuni centro-settentrionali non riuscivano ad abbandonare il loro particolarismo e corporativismo deleterio, in Spagna, Inghilterra  e Francia si verificava una evoluzione della borghesia comunale da posizioni non dissimili da quelle italiane a posizioni totalmente innovative rispetto a quelle italiane. La nobiltà laica ed ecclesiastica continuava a sfuggire completamente al controllo centrale del monarca feudale, non contribuiva fiscalmente alle esigenze della corte centrale  e  continuava a godere di immunità tali da renderla un corpo separato e autonomo rispetto alla società che stava cambiando.

Non meno interessati dei monarchi all’assoggettamento della nobiltà  laica ed ecclesiastica erano le forze borghesi comunali che vedevano perennemente insidiati e saccheggiati dalla illegalità e dalla rapacità dei feudatari i loro capitali accumulati  per mezzo delle attività artigianali, commerciali  e finanziarie, che, per poter essere sviluppate, abbisognavano della massima tranquillità  e legalità.

Del resto il sostegno finanziario della borghesia commerciale e bancaria era sempre più richiesto dalla monarchia per le spese di corte e per i tentativi di centralizzazione  antifeudale.

La nascente  borghesia non rifiutava questi prestiti al monarca  accentratore perché dal prestito finanziario essa ricavava vantaggi  economici immensi, quali l’appalto dell’esazione  fiscale o il monopolio delle forniture reali sempre più in aumento.

A questo punto la centralizzazione antifeudale operata dai re di Spagna, Inghilterra e Francia trovava l’appoggio  interessato della borghesia che nella eliminazione  dello strapotere feudale ed ecclesiastico  scorgeva la possibilità di una maggiore emancipazione sociale se non politica.  La nascita del blocco monarchico-nazionale-borghese in questi Paesi  significava l’intensificazione del processo di centralizzazione antifeudale, la burocratizzazione amministrativa, giudiziaria e fiscale, la creazione di un esercito non più dipendente dai “capricci” dei grandi feudatari.

La formazione di una burocrazia amministrativa e fiscale creava dei funzionari dipendenti esclusivamente dal re non più reclutati tra l’aristocrazia feudale ed ecclesiastica,  ma tra i plebei (soprattutto la borghesia delle professioni).

Le monarchie nazionali borghesi, costituita per la prima volta una macchina fiscale abbastanza precisa e puntuale, cominciarono a richiedere il pagamento delle tasse all’aristocrazia laica ed ecclesiastica sempre esente dall’imposizione fiscale.

Ma ora il rafforzamento delle monarchie e la presa di  coscienza  della borghesia produttiva  che non tollerava più l’improduttività , la rapacità e il privilegio fiscale della nobiltà laica ed ecclesiastica imponevano l’universalità dei tributi. Significativo a questo punto  fu il caso della Francia di Filippo il  Bello .

Il sovrano francese chiese, anzi pretese la contribuzione fiscale anche dagli ecclesiastici. Essi rifiutarono di sottomettersi a tali obblighi  verso il monarca, trovando l’appoggio dello stesso papa rimasto ancorato all’ottica del privilegio ecclesiastico romano. Ma a dimostrazione che i tempi erano mutati, la borghesia francese corse in aiuto del sovrano francese, schierandosi  nettamente dalla sua parte contro le retrive pretese papali. La presunta offesa di Anagni contro il papa perpetrata dai francesi non fu che l’ultimo atto della fine del preteso e ormai anacronistico universalismo papale. I tentativi dei pontefici romani di creare degli ordini ecclesiastici come i domenicani e i gesuiti, vere e proprie quinte colonne al servizio del Vaticano, non ottennero alcun risultato pratico. Anzi, il pericolo rappresentato da questi ordini ecclesiastici al servizio dello Stato pontificio accomunò e consolidò il blocco monarchico nazionale e borghese.

L’Impero,  nel frattempo uscito definitivamente sconfitto dallo scontro col Papato, si disimpegnò quasi completamente, a parte alcune calate imperiali in Italia che conclusero ben poco. Esso, ormai avviato sotto gli Svevi a snaturarsi prendendo sempre più le caratteristiche di uno Stato su basi centralistiche e borghesi, circoscrisse i limiti dei suoi interessi ed interventi alla zona, grosso modo, austro-germanica dell’Europa.

 

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