Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Stendhal e il brigantaggio del primo Ottocento

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E’ un piccolo gioiello di testimonianza sui briganti, operanti nello Stato Pontificio e nel Sud d’Italia durante i primi anni dell’Ottocento, l’opera del grande scrittore francese Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal (Grenoble, 23 gennaio 1783 – Parigi, 23 marzo 1842) I briganti in Italia, pubblicato nel 1833 nel “Journal d’un voyage en Italie et en Suisse pendant l’année 1828 di Romain Colomb”.

Il vivo interesse, che Stendhal manifestava per il fenomeno del brigantaggio, veniva altresì confermato dalle vicende raccontate in uno dei suoi testi narrativi più celebri, La Badessa di Castro.

Lo scrittore raccontava del brigantaggio di inizio Ottocento con la consapevolezza che esso costituiva una realtà che aveva sempre interessato l’Italia. Il riferimento è all’Italia geografica, a quella che allora era solo una “mera espressione geografica” come la definiva sprezzantemente Metternich.

“Tutta l’Italia è stata, contemporaneamente o di volta in volta- scriveva Stendhal- , infestata dai briganti: ma è soprattutto negli Stati del papa e nel Regno di Napoli che essi hanno regnato più a lungo e hanno proceduto in maniera più metodica e costante insieme. Là essi hanno un’organizzazione, dei privilegi e la certezza dell’impunità e, se arrivano ad essere abbastanza forti da intimorire il governo, la loro fortuna è fatta. E’ dunque a questo fine che tendono costantemente per tutto il tempo in cui esercitano il loro infame mestiere. Sembra di essere ai tempi della barbarie, quando la forza era il solo arbitro, il solo potere riconosciuto.

Che governo è mai quello che è costretto a tremare dinanzi ad un pugno di malfattori! Venti o trenta uomini bastano a spargere il terrore nell’intero paese e a mettere sul piede di guerra tutti i carabinieri del papa!”

Lo scrittore francese si riferiva al brigantaggio operante nel primi anni dell’Ottocento nello Stato Pontificio, una realtà ben nota e rilevante anche quando era il Papa a regnare. Basta citare l’editto contro il brigantaggio del 13 giugno 1801, recante la firma del cardinale Giuseppe Doria.

Stendhal evidenziava altresì la fede di tipo superstizioso che caratterizzava il credo religioso dei briganti, che univano ferocia a superstizione al punto da credere che la devozione, alla Madonna soprattutto, potesse proteggerli ed assolverli da una vita intrisa di delitti e di soprusi.

Con il preciso intento di far conoscere tale triste realtà, Stendhal riportava la conversazione tra un brigante accusato di un gran numero di crimini che, davanti al suo giudice, confessava tranquillamente e spavaldamente tutto, anche reati sconosciuti alla giustizia, ma nel momento in cui gli si chiedeva se osservasse il digiuno, rispondeva risentito ed offeso: “Mi sospettate dunque di non essere cristiano?”

Al fine di evidenziare una devozione grossolana, che la Chiesa non condannava in quel tempo con decisione, Stendhal descriveva truci delitti come quelli di cui si era resa responsabile nel 1817 una banda di briganti conosciuta come “banda dell’Indipendenza”, comandata da De Cesaris, che in Calabria era nota per potere e ferocia.

Composta da trenta uomini e quattro donne, essa si rese colpevole di grassazioni, chiedendo di depositare presso un tronco di un albero o alla base di qualche colonna  del danaro per riscatti o semplice quieto vivere. Il giorno che il proprietario di una fattoria ebbe l’ardire di denunciare tutto alle autorità, i briganti reagirono, uccidendo tutti i componenti delle truppa inviata e non solo.

“Tre giorni dopo, i briganti -continuava Stendhal- compirono una terribile vendetta nei confronti dello sventurato fattore. Dopo averlo catturato e condannato a morte, lo gettarono in un enorme calderone dove si faceva bollire il latte per il formaggio, di poi obbligarono ognuno dei suoi domestici a mangiare un pezzo del corpo del padrone”.

Un altro episodio, accadde nel territorio pontificio, nel 1819 nei pressi di Tivoli, dove si era stanziata una banda molto intraprendente. Un giorno, fu rapito l’arciprete di Vicovaro, dopo l’uccisione di un nipote che aveva cercato di difendersi. Il riscatto richiesto per il prete e per uno dei suoi compagni di sventura era così alto che non fu possibile pagarlo; allora i briganti spedirono alle famiglie le orecchie dei malcapitati prigionieri, e in seguito alcune loro dita.

Alla fine, stanchi di aspettare o forse irritati dai lamenti di quei disgraziati, li massacrarono.
Stendhal si mostrò, inoltre, particolarmente interessato alle vicende del brigante Gasparrone,  erroneamente citato come ‘Gasperoni’, accusato di centoquarantré omicidi e detenuto in prigione a Roma.  Il criminale aveva compiuto il suo primo delitto all’età di sedici anni, uccidendo il curato della sua parrocchia, che gli aveva rifiutato l’assoluzione per un furto commesso. A diciott’anni l’impavido assassino si era distinto in un combattimento contro l’esercito, ferendo o uccidendo venti persone, e tale azioni gli valsero il comando della banda di cui faceva parte.
Fra le imprese memorabili di quella banda, Stendhal citava il rapimento da un convento di monache di Monte Commodo: “trentaquattro ragazze che si trovavano nel convento  furono portate via a viva forza e in pieno giorno. I briganti avevano scelto quelle i cui genitori potevano pagare il riscatto più alto; le tennero nascoste per dieci giorni sulla montagna. Il riscatto richiesto per ciascuna di esse variava dai duecento ai mille scudi romani”.

L’arresto del Gasparrone  fu reso possibile grazie alla complicità di una donna con cui aveva avuto una relazione, di cui le autorità pontificie si servirono per distruggere la sua banda e “impadronirsi della sua persona, nonché di alcuni dei suoi”.

La donna non aveva saputo resistere ad una lauta ricompensa di seimila scudi romani. Architettò una trappola ed il brigante vi cadde, recandosi fiducioso ad un appuntamento in un bosco. Realizzando d’esser stato tradito riuscì  comunque  a strangolarla prima di finire  prigioniero.

Il brigante Gasparrone,  fu rilasciato dalle carceri pontificie nel 1870, dopo oltre quarantacinque anni e graziato dal governo italiano.

 

 

 

Bibliografia:

Stendhal, I briganti in Italia, Il Nuovo Melangolo,  2004

 

 

 

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