Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La nascita del Regno delle Due Sicilie tra pagamenti e condizioni

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Come è noto, il Regno delle Due Sicilie è stato un regime che ha avuto origine nel 1816, su iniziativa delle potenze europee che nel Congresso di Vienna ridisegnarono anche la carta geografica dell’Italia che si presentò al  Congresso  in una posizione assolutamente marginale rispetto ai grandi interpreti della politica di allora, costretta a subire le volontà di Austria, Francia, Gran Bretagna, Russia e Prussia.

Lo storico Rosario Villari ha analizzato  i vari momenti che portarono alla decisione del nuovo assetto istituzionale , negli anni 1814 e 1815, e alla Restaurazione del Congresso di Vienna, soprattutto in relazione alla divisione della penisola italiana.

Ferdinando IV di borbone, che diventerà Ferdinando I, sovrano del Regno delle Due Sicilie, pagò otto milioni di franchi per riavere il trono: due milioni di franchi andarono a Metternich e ben sei milioni di franchi a Talleyrand. Si trattava di una somma enorme per quel tempo, se si considera che  con  meno di un milione di franchi si potevano comprare mille ettari di terreno.

 

Secondo Villari, non è noto quanto vi fosse di interesse prettamente privato nell’acquisizione della somma, e quanto fosse da relazionare “agli interessi dei loro Paesi”, rispettivamente l’Austria e la Francia.
Ciononostante, Metternich pose delle condizioni ben definite al futuro Ferdinando I. Col trattato del 29 aprile 1815, si sancì la  promessa di impedire qualsiasi repressione e l’amnistia per tutti i partigiani di Gioacchino Murat, mentre il 22 maggio, con la convenzione di Casalanza, sottoscritta tra Austria e Inghilterra, Metternich obbligò il re borbone a mantenere al loro posto i funzionari e i militari insediatasi durante il decennio francese.

Per tale politica, mirata ad ottemperare alle condizioni poste, Ferdinando I nominò primo ministro Luigi de’ Medici, appartenente al ramo napoletano dei Medici, il quale era stato cresciuto con gli ideali dell’illuminismo riformatore settecentesco. La sua politica moderata lo portò con intelligenza a mantenere le riforme che erano state introdotte nel Regno di Napoli durante il decennio francese, estendendole, tra il 1816 e il 1819, anche alla Sicilia. Ma questa politica moderata e conciliatrice non poteva che procurargli antipatie tra i funzionari di fede borbonica.

Il reazionario ed oppressore principe di Canosa fu costretto a dimettersi, e fu soppressa la famigerata setta reazionaria dei Calderari, un’associazione di delinquenti, composta da ladri, assassini e ruffiani, che spiavano, intimidivano e ammazzavano i patrioti liberali e costituzionali presenti nel Regno.

Nell’ambito di questi nuovi provvedimenti e in relazione alle amministrazioni locali, i comuni mantennero un buon numero di quelle che erano state le riforme del decennio francese.

L’amministrazione guidata da un sindaco, assistito, secondo i casi, da uno o due consigli fu conservata, come anche il ” decurionato”, ossia il consiglio ristretto.

Tuttavia i patrioti, tra cui gli ufficiali e i militari formatisi nel periodo murattiano, reclamarono la costituzione e nel 1820 vi furono i primi moti insurrezionali che costrinsero Ferdinando I a ricorrere all’intervento di  Metternich  per essere rimesso sul trono di sovrano assoluto.

 

 

Bibliografia:

Rosario Villari, Come è nata l’Italia. Il Risorgimento, Appendice al quotidiano La Repubblica, intervista in 12 puntate (24 settembre – 10 dicembre 1991).
Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento, Mondadori, 1999.

 

 

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