Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Mons.Bernardo della Torre e la lettera pastorale sull’Uguaglianza

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Bernardo Maria della Torre, nato a Napoli il 9 novembre 1746, è stato un teologo, patriota e vescovo cattolico italiano.

Ordinato sacerdote nel 1771, insegnò filosofia nel seminario arcivescovile di Napoli.

Dal 9 aprile 1792 fu vescovo di Marsico Nuovo, di poi  il 18 dicembre 1797 fu  nominato vescovo di Lettere e Gragnano. Allorché nel 1799 fu proclamata la Repubblica Napoletana, fu anche vicario generale dell’arcidiocesi di Napoli. In tale periodo Mons. Della Torre fece parte della commissione ecclesiastica e scrisse una delle più lunghe lettere pastorali che reca il semplice titolo “A’ fedeli della sua diocesi”, definendosi emblematicamente “cittadino”.

Tale scritto rappresenta uno dei più rilevanti documenti tra le sei lettere pastorali sulla libertà, uguaglianza e democrazia repubblicana,  redatte nel corso della Repubblica, oltre al vescovo Bernardo della Torre, da Nicola Saverio Gamboni, vescovo di Capri, da Carlo Maria Rosini, vescovo di Pozzuoli, dal cardinale Giuseppe Maria Capece Zurlo (autore di due lettere), e da Mons. Michele Natale, vescovo di Vico Equense.

Il filo conduttore della lettera pastorale del della Torre è la dimostrazione che il Vangelo e gli ideali repubblicani coincidevano nei principi fondamentali di libertà ed uguaglianza, in quanto “lo spirito della Cristiana religione non era certo spirito di servitù”. Mons. Bernardo della Torre esordiva, esplicitando che “una rivoluzione stupenda aveva tratto la nostra Patria dagli orrori dell’anarchia” Mons. Della Torre rilevava che Dio non aveva imposto una forma di governo piuttosto che un’altra, tuttavia “fra tutte le forme di governo […] quella fondata sulla Libertà e sull’Eguaglianza si conformava assai meglio allo spirito della dottrina di Gesù Cristo”. Infatti- scriveva il vescovo- Dio distingueva forse  tra il povero e il ricco, fra l’uomo di illustre famiglia o di oscura?”.

E proseguiva aggiungendo che la libertà era figlia della ragione né star poteva senza un sommo rispetto delle leggi, ma il “contrassegno più sicuro della Libertà era posto nella elezione dei propri Magistrati”.

Sull’uguaglianza, il vescovo scriveva che essa “aborriva i titoli vani e fastosi e voleva che i Cittadini si trattassero, e si reputassero, come fratelli.

In particolare sul contrasto fra il ricco e il povero, Mons. Della Torre si rivolgeva nella parte finale della lettera direttamente ai contadini per evidenziare la volontà del governo della Repubblica di elevare la plebe al grado di popolo in una nuova società di cittadini liberi dall’ignoranza:

“Voi che versate i vostri sudori per coltivar le vostre campagne, voi impiegati a quelle arti credute nei passati tempi più vili, rammentatevi che eravate stimati il rifiuto della Società, poco meno che servi. Mentre i potenti e i ricchi godevano dei loro agi, appena vi era permesso di avvicinarvi ad essi. Ma ora la legge che Iddio aveva scolpito nel cuore dell’uomo, che la luce Evangelica aveva annunziata alla terra, è divenuta il fondamento della nostra Repubblica. Voi che avete ad un tratto acquistata quella considerazione e quei diritti che l’ignoranza, l’errore e la superbia vi aveva ingiustamente rapiti[…] Figli esclamate voi che avete finalmente una Patria, voi chiamati finora Villani siete ormai Cittadini e la Patria vi stringe al seno come suoi teneri figli. Se le attuali circostanze della Repubblica richiedono dei sacrifici gravosi, la Libertà e l’Uguaglianza vi promettono un largo compenso”.

Colui che guardava al povero, debole con occhi di disprezzo e come uomo di natura inferiore al nobile, al ricco e al potente- aggiungeva ancora Mons. Della Torre- peccava e trasgrediva la legge divina che liberava la società da “ogni gioco di despotismo, di tirannia e di oppressione” e si identificava fortemente con l’uguaglianza che non era egualitarismo, ma consisteva nell’obbedienza alla legge civile finalmente uguale per tutti, come era stato ben esplicitato nel Vangelo.

Vi era, pertanto, una legge umana e civile apportata dai princìpi fondamentali della Repubblica, la Libertà e l’Uguaglianza, che si proponeva di “dirigere gli uomini nella società” che si uniformava perfettamente alla legge evangelica.

In seguito alla sconfitta della Repubblica, Mons Della Torre, per aver espresso la sua adesione ai principi repubblicani, fu arrestato. La condanna a morte gli fu commutata in esilio a vita. Riparò in Francia, rientrando  in Campania solo nel 1806. Successivamente Gioacchino Murat lo nominò in una commissione per la riorganizzazione del sistema della pubblica istruzione, di cui fecero  parte anche Giuseppe Capecelatro, Melchiorre Delfico e Vincenzo Cuoco.

Dal 21 dicembre 1818, fu vescovo di Castellammare di Stabia, fino alla morte che lo colse a Portici il 28 maggio 1820.

 

 

Bibliografia

Mario Battaglini- Il pubblico convocìo- Stato e cittadini nella repubblica napoletana del 1799- Vivarium- Napoli- 2003

 

 

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