Il decennio francese in Terra di Lavoro
E’ noto che il decennio francese nel Mezzogiorno d’Italia fu un periodo, in complesso, di modernizzazione politico-istituzionale e socio-economica, che cominciò con l’occupazione di Napoli, il 14 gennaio 1806, da parte di Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone. Il Bonaparte fu nominato re nel febbraio successivo e rimase in carica fino al 15 luglio 1808, quando divenne re di Spagna. Gli subentrò Gioacchino Murat, cognato dei Bonaparte, che rimase al governo fino al marzo 1815. Durante il decennio francese fu avviato un poderoso processo di modernizzazione delle istituzioni, con riforme dell’economia, delle finanze, dell’istruzione, della laicizzazione dello Stato con l’introduzione dello Stato Civile. I risultati migliori furono raggiunti in campo istituzionale e amministrativo. A questa grande stagione di riforme contribuirono i patrioti italiani esuli del Regno che erano sfuggiti alla carneficina del 1799. La provincia di Terra di Lavoro, così come era stata designata dagli Aragonesi, estendeva i suoi confini ben oltre l’attuale provincia di Caserta, e comprendeva vasti domini territoriali dell’attuale Lazio, Molise e della stessa Campania, prima di essere soppressa durante il regime fascista. I documenti dell’Archivio di Stato di Caserta, istituito proprio durante il decennio francese, nell’anno 1812, ci consentono di delineare le principali riforme degli intendenti della provincia di Terra di Lavoro. L’otto agosto del 1806 fu emanata la legge sulla divisione e l’amministrazione delle province del Regno, che conteneva la divisione del territorio, l’istituzione delle amministrazioni provinciali con i consigli generali della provincia, la creazione dei distretti con i relativi consigli distrettuali, l’istituzione degli Intendenti, che erano a capo delle province. La nuova figura dell’Intendente rappresentava l’esecutore delle disposizioni impartitegli principalmente dal ministero dell’Interno. Occupandosi dell’amministrazione locale, l’Intendente controllava i comuni, faceva conoscere leggi e decreti, curava l’applicazione, diramando circolari, e tenendo un fitto carteggio con i sottintendenti, i sindaci e le altre autorità. Era affiancato da un consiglio d’intendenza composto da tre membri nominati dal re e da un segretario generale. Capoluogo di Terra di Lavoro diventò Santa Maria di Capua, ma poiché la scelta del capoluogo si basava su criteri, quali la centralità del sito, l’estensione territoriale, la storia, i meriti politici, la salubrità dell’aria e l’esistenza dei locali idonei ad ospitare l’amministrazione, gli Intendenti, per la residenza, preferirono optare per Aversa, ritenuta più adatta al ruolo. Il primo Intendente di Terra di Lavoro fu Lello Parisi, a cui seguirono Giulio Marsilli, Luigi Macedonio e Michele Bassi Se nell’estesa Terra di Lavoro erano stati soppressi solo 117 monasteri su un totale di 1332 in tutto il Regno, bisogna pur dire che ne beneficiarono i luoghi destinati ad uso pubblico, e che la politica francese delle riforme fu mirata ad una priorità di beni destinati a case municipali, prigioni, luoghi di giustizia di pace, gendarmeria reale, caserme e scuole primarie, come accadde per i soppressi monasteri del Monastero degli Agostiniani Calzi di Santa Maria, dei Crociferi di Aversa, degli Antoniani di Aversa, dei conventuali di Caiazzo, dei Verginiani di Formicola, dei Paolotti di Caserta, degli Alcantarini di Marcianise e dei Conventuali di Maddaloni. In relazione all’istruzione pubblica, già il 15 agosto 1806, con un decreto si stabilì che tutte le città, terre, ville, ed ogni altro luogo abitato del regno fossero obbligati a mantenere il maestro per insegnare i primi rudimenti e la dottrina cristiana ai fanciulli e fossero tenuti a stabilire una maestra per far apprendere, insieme con le necessarie arti donnesche, il leggere, scrivere e la numerica alle fanciulle. Lo stipendio era al carico del bilancio comunale. Nonostante ostacoli e difficoltà diverse, nel 1808 in tutta la provincia di Terra di Lavoro si riuscì per la prima volta ad aprire ben 176 scuole primarie non più gestite dagli ordini religiosi. I graduali ed ulteriori provvedimenti nel campo dell’istruzione portarono nel 1811 alla creazione di un Direttore generale per il controllo delle attività didattiche, e per Terra di Lavoro fu Francesco Perrini a svolgere il suddetto ruolo- Pertanto si poté procedere all’apertura dei collegi e dei licei provinciali, tra cui il collegio di Maddaloni e il collegio femminile Real Casa di Aversa. Dalla documentazione del fondo ‘Ponti e Strade’ dell’Archivio di Stato di Caserta prova in quel periodo l’interesse per un inventario del perimetro stradale dell’intera provincia, dalle vaste zone paludose del bacino del Volturno e dei sottobacini dei Lagni e dell’Agnena alle altitudini del Matese, passando per la zona Aurunca, i massicci di Roccamonfina, quelli del Massico e Monte Maggiore. dalla zona mondragonese a quella casertana, così come la documentazione del fondo ‘Affari Forestali’ consente di ricostruire la storia dell’area boschiva prima e dopo la promulgazione della legge del 1811, con l’istituzione dell’Amministrazione generale delle acque e delle foreste, che cercò di porre un argine alla deforestazione selvaggia a scopo di coltivazione. Relativamente alla questione assistenza e sanità pubblica, i governanti francesi assunsero una situazione di compromesso, in quanto compresero in poco tempo che non sarebbe stato possibile introdurre in questi specifici settori una compiuta laicizzazione nel Meridione , a causa della lunga tradizione da parte delle istituzioni religiose. Malgrado ciò, l’amministrazione e la tutela della beneficenza fu quasi completamente posta sotto il controllo statale. Gioacchino Murat diede l’avvio al funzionamento di un Consiglio di amministrazione per tutti gli interessi degli ospizi, ospedali e altri stabilimenti preposti al sollievo dei poveri e degli ammalati. Pertanto, facendo seguito alle direttive del decreto del 16 ottobre 1809, il Consiglio generale degli ospizi in Terra di Lavoro fu presieduto dall’Intendente e composto dal vescovo, o da un ecclesiastico da lui delegato, da tre membri nominati dal re, su proposta dell’Intendente, tra benestanti distintisi per particolare beneficio dei poveri. Le funzioni dei suddetti membri erano gratuite, e il primo Consiglio generale di Terra di Lavoro si riunì il 16 novembre 1809 nel palazzo dell’intendenza di Capua. Riguardo alla documentazione presente nell’Archivio di Stato di Caserta relativa all’ospedale civile della stessa Caserta, si hanno per lo più notizie di natura contabile, da cui è stato possibile rilevare quanti ducati percepiva il personale sanitario: il chirurgo quattro ducati, l’infermiere 4.60, il “pratico chirurgo” sei, il cuoco cinque, il cappellano 8.60 , e l’addetta alle pazienti donne tre. Tuttavia il Decennio francese doveva segnare la fine nel Mezzogiorno dell’ “ancien régime”, affrontando la questione feudale, che il riformismo settecentesco aveva solo parzialmente avviato. L’abolizione della feudalità venne sancita dalla legge emanata il 2 agosto 1806 da Giuseppe Bonaparte. I punti salienti consistevano nella reintegra al potere sovrano dello Stato di tutte le giurisdizioni feudali, nel riconoscimento della nobiltà ereditaria dei titoli , ma con contemporanea equiparazione dei nobili agli altri cittadini ai fini legali e fiscali, nel assoggettamento dei beni ex feudali ai comuni pesi tributari, nell’abolizione, senza indennizzo, di tutte le prestazioni personali, nell’abolizione di tutti i diritti proibitivi, nella dichiarazione di demanialità dei fiumi e delle acque correnti. Quindi vi era nello spirito della legge un obiettivo sociale rilevante per quel primo Ottocento, anche se è stato evidenziato da parte di molti studiosi l’aspetto negativo dell’ereditarietà del titolo nobiliare da parte dei baroni e il loro dominio diretto del territorio di cui erano in grado di esibire gli atti originali di acquisto. Vi fu, comunque, un vero intento riformista verso la trasformazione della società feudale in società borghese, di cui in Terra di Lavoro è possibile constatare alcuni aspetti relativi alle controversie, soprattutto sugli usi civici, tramite la documentazione di “Usi Civici e Atti demaniali” dell’Archivio di Stato. Gli agenti demaniali e il commissario ripartitore dovettero affrontare numerosi casi. Nei fascicoli di Capriati al Volturno sono presenti gli atti di una controversia tra l’ex feudatario duca di Laurenzana e il comune. Per Grazzanise, invece, sono conservati i documenti riguardanti le lamentele di cittadini che, avendo ricevuto le quote in terra, dichiaravano di non essere in grado di pagare il canone annuo dovuto. L’importanza di tale documentazione è l’attestazione che, nell’abolire gli usi civici, la legislazione del Decennio francese non contemplò provvedimenti atti a dotare i contadini dei mezzi necessari alla coltivazione delle terre che erano state quotizzate. A Pietramelara, alcuni cittadini furono accusati dal sindaco Pasquale Porfirio di aver usurpato delle terre nel tagliare gli alberi, danneggiando conseguentemente i terreni degli altri. In questo procedimento l’Intendente giustificò l’azione dei cittadini, ritenendo che avevano agito spinti dalla situazione d’indigenza in cui si trovavano. Ad Alvignano furono lo stesso sindaco, i decurioni e il parroco a battersi affinché fossero inseriti nell’elenco degli aventi diritto tutti i cittadini più poveri. Il sindaco di Aversa voleva che i cittadini di Aversa godessero della ripartizione demaniale anche nei vicini comuni casali di Casal di Principe, Gricignano, Succivo e Cesa, ma la richiesta fu respinta dall’Intendente in quanto quei paesi già da tempo erano diventati indipendenti. L’intendenza di Terra di Lavoro, al fine di propagandare le riforme e le iniziative messe in atto nel corso del Decennio francese, si servì di una pubblicazione “Il Giornale dell’Intendenza di Terra di Lavoro”, stampato a Capua da Giuseppe Sarzillo, il cui primo numero reca la data del 21 maggio 1807.
AAVV- Caserta ai tempi di Napoleone- Il decennio francese in terra di lavoro- Electa Napoli- 2006
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