Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L’autore di 'Je te voglio bene assaje', fu allievo di un martire del 1799

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Quando scrisse il testo del noto brano classico napoletano “Je te voglio bene assaje”, Raffaele Sacco aveva 48 anni.

Nato a Napoli il 14 agosto 1787 da Carlo e Angiola De Novellis, don Raffaele, come lo chiamavano, era un ottico che aveva il proprio negozio all’inizio di Spaccanapoli, ed aveva avuto per educatore il sacerdote repubblicano Marcello Eusebio Scotti, nato a Napoli il 9 luglio 1742, sacerdote in Procida, giustiziato a Napoli il 4 gennaio 1800 dalla reazione borbonica.

Nel corso degli eventi della Repubblica Napoletana del 1799, tutta la famiglia del dodicenne Raffaele “palpitava” per le sorti del sacerdote Scotti, un “genio”, come lo definì Salvatore Di Giacomo, che “morì come quella persona di sapienza e coraggio che era stata sempre”.

In una tiepida sera di settembre del 1835 nacque uno dei più bei brani della canzone classica napoletana e fu cantato nel salotto di una signora (della quale il Di Giacomo non ha rivelato il nome), da un tenore, accompagnato da un coro che “s’andava entusiasmando sempre più a ogni strofa”.

All’ultima strofa, erano le due di notte, un secondo coro si unì al primo con i “popolani” che sotto le finestre intonavano le strofe. Fu una grande commozione per don Raffaele Sacco, scoppiando in lacrime, ringraziò gli astanti con le braccia levate, esclamando: siate benedetti!

Il giorno successivo la canzone già apparteneva al popolo di Napoli e la si canticchiava ovunque. Tra i frequentatori del   Caffè d’ Italia, di via Toledo, solito luogo di ritrovo degli scrittori del periodo, si diffuse la copia del testo su dei pezzi di carta che Gennarino Durante, il proprietario del bar,  metteva sotto i gelati”.

Un giorno Don Raffaele Sacco fu ricevuto dal cardinale Riario Sforza, il quale, nel chiedergli della canzone “Te voglie bene assaje”, arrivò subito ad esplicitare quelle che erano le sue intenzioni, ossia che avesse un soggetto sacro presente nel testo. Fu accontentato e la parte finale fu cambiata.

E fu così che  per un periodo di tempo circolò anche una versione diversa dall’originale.

E' noto che vi è stato disaccordo sull'autore della musica, da alcuni attribuita a Gaetano Donizetti e da altri a Filippo Campanella, amico del Sacco.

Salvatore Di Giacomo non ebbe dubbi su Donizetti, tanto da scrivere: “potete giurarci e al bisogno, se ancora vivo, ve ne posso fornir le pruove”, dimostrando di conoscere altri particolari, tra cui la denunzia del prete Francesco Saverio Casularo "indignato della gran copia di canzoni grassocce e volgari che, modellate su quelle del Sacco e con lo stesso ritornello, allagavano Napoli” , ribadendo che il brano fosse stato composto nel 1835 .

Anche Mario Stefanile ha sostenuto che la canzone fosse stata musicata da Gaetano Donizetti ed ebbe un successo talmente strepitoso che, se da un lato diventò un vero” fanatismo canoro” con “ parodie”, per alcuni si dimostrò un’ insopportabile ossessione.

Resta comunque di fatto che essa fu l’esempio di un genere musicale che si sarebbe diffuso sul finire del secolo ed avrebbe fatto a gara con la narrativa e la poesia napoletana, raggiungendo le  alte vette artistiche.

La composizione di Sacco segnò l’inizio del lancio delle canzoni alla festa di Piedigrotta. Il brano fu stampato in ben 180 mila fogliettini volanti dall’ editore Girardi.

Anche il patriota Luigi Settembrini ne fece menzione in “Ricordanze della mia vita”, scrivendo che, quando era tenuto  prigioniero nel carcere di Santa Maria Apparente per le sue idee liberali, costituì per lui un sollievo sentire cantare “Te voglio bene assaje” dalla figlia di don Luigi Liguoro, il suo carceriere.

La canzone non ha perso nulla della sua bellezza nel corso degli anni ed è considerata uno dei brani immortali della grande canzone classica napoletana.

 

Bibliografia:

Salvatore Di Giacomo- Celebrità napoletane- prima edizione- V. Vecchi- 1896
Mario Stefanile- Napoli al Vento-Bruno Mele Editore- Napoli- 1959

 

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