Dopo Pino Daniele, Napoli perde un altro suo grande figlio: Francesco Rosi
Nato a Napoli il 15 novembre del 1922, fu compagno al liceo di Giorgio Napolitano, poi abbandonò la prospettiva degli studi di giurisprudenza, per volgersi al teatro prima, al cinema dopo, che sarà la sua arte amatissima. Fu aiuto regista di Luchino Visconti, in seguito avviò il suo percorso artistico originale e coraggioso sull'Italia del malaffare, sulle complicità col mondo politico, sul cinema ad argomento politico, non di evasione, promotore di consapevolezza e responsabilità civile. Tra i suoi grandi film "Salvatore Giuliano", sull'equivoco banditismo siciliano (1962) e soprattutto il memorabile "Le Mani sulla città", sulla immensa speculazione edilizia a Napoli (1963), nella quale descrive con raro coraggio della verità lo stretto collegamento tra speculatori, potere amministrativo e politico e criminalità, triangolo, che non ha mai lasciato la presa fino ad oggi sulla cara, amara, tragica città. Successivi film coraggiosi sono stati "Uomini contro" (1970), "Il caso Mattei" (1973), in collaborazione con il giornalista Mauro De Mauro, assassinato anche in relazione alla sua indagine, e con le memorabili interpretazioni di Gian Maria Volontè, il suo attore preferito. Altri film "Lucky Luciano", "Cadaveri eccellenti", la versione cinematografica di "Cristo si è fermato ad Eboli"di Carlo Levi, "Cronaca di una morte annunciata", "Dimenticare Palermo". Rosi non ha mai dimenticato il teatro, portando in scena Eduardo ed ha dedicato alla cara città natale un singolare film"Diario napoletano" (1993) in cui erano interpreti diretti importanti personalità napoletane, come Galasso, Marotta, prima dell'ultimo film "La tregua" (1997), ripreso dal romanzo del grande e tragico testimone di Auschwitz, Primo Levi. Ha ricevuto molteplici riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Ha onorato Napoli, come tanti suoi illustri cittadini, che hanno saputo essere insieme e a livelli alti napoletani, italiani, europei.
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