Il Mezzogiorno protagonista dell'Italia unita: Giuseppe Ferrigni

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Categoria: Storia del Risorgimento
Creato Venerdì, 02 Gennaio 2015 16:52
Ultima modifica il Venerdì, 02 Gennaio 2015 16:53
Pubblicato Venerdì, 02 Gennaio 2015 16:52
Scritto da Nicola Terracciano
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Giuseppe FerrigniGiuseppe Ferrigni (Napoli, 1797 - Torino, 1864), magistrato, vicepresidente del Senato del Regno d'Italia.

Figlio del nobile Diego, avvocato e magistrato, e di Margherita Simeoli, ebbe 4 fratelli, tra i quali Andrea, canonico, professore e rettore dell'Università di Napoli, poi deputato del Parlamento napoletano del 1848.

Fu inizialmente valente avvocato con vari interessi, letterari e filosofici.

Sposò nel 1826 Enrichetta Ranieri, sorella di Antonio, l'amico di Leopardi, che l'ospitò fino alla morte nella sua casa napoletana.

La villa vesuviana, dove  Leopardi trascorse periodi di distensione tra il 1836 e il 1837, e dove scrisse tra l'altro le famose poesie "Il tramonto della luna" e "La ginestra " (che poi diede il nome alla villa) era di proprietà del Ferrigni, portata in dote dalla moglie.

Giuseppe ed Enrichetta ebbero quattro figlie: Argia, Clotilde, Ifigenia, Calliope.

Argia ebbe in dote la Villa della Ginestra e, stranezza del destino, il figlio Americo sposò a Recanati nel 1895 Adelaide Leopardi, nipote del grande Poeta.

Calliope sposò Antonio Capecelatro e ne ebbe la nota scrittrice Enrichetta (Torino, 1863 - Napoli,1941), poi andata sposa nel 1885 a sua volta a Riccardo Carafa, duca di Ruvo.

Molte notizie di questi singolari intrecci familiari sono raccontati nello scritto di Enrichetta "Una famiglia napoletana dell'Ottocento".

Giuseppe Ferrigni divenne poi magistrato di altissimo valore, operando a Palermo otto anni (1838-1946), prima di giungere a Napoli fino alla carica di consigliere della suprema Corte di Giustizia.

Ebbe interessi anche letterari, cime si è detto, fondando nel 1820 con Troya e Liberatore, il periodico "La Minerva Napoletana", Il più autorevole periodico dei nove mesi del periodo costituzionale, dopo il moto carbonaro e la concessione della Costituzione, diffuso non solo nella capitale, ma anche nelle province, schierato a difesa della libertà di stampa e di religione.

Colpito dalla reazione assolutista fedifraga borbonica, con l'aiuto degli austriaci, dovette interrompere le pubblicazioni ed i redattori furono costretti all'esilio.

Fondò anche nel 1826 la rivista "L'Ateneo di Scienze Morali", nel quale apparvero scritti di diritto e filosofia.

La sua casa divenne luogo di incontro di artisti, poeti, letterati, dell'intellettualità napoletana più viva, ed ospitò i più illustri visitatori stranieri, che venivano a Napoli.

Intorno al 1830, col ritorno degli esuli, si sperò in un clima civile e culturale più aperto e fu fondata la rivista "Il Progresso delle Scienze, delle Lettere e delle arti" da Giuseppe Ricciardi, ma con l'ispirazione di Ferrigni, che suggerì l'intestazione ed indicò il modello dell'Antologia fiorentina di Viesseux, per creare "un nodo fra gli uomini più cospicui in fatto di scienze e di lettere".

Sulla rivista apparvero scritti di Ferrigni, tra i quali "Del perfezionamento della legislazione europea", nel quale distingueva la pena dalla punizione e si dichiarava contro la pena di morte.

Fu protagonista di primo piano nell'attività delle Commissioni del Parlamento Napoletano del 1848.

Per le sue idee liberali, per la sua opposizione antiborbonica, fu emarginato dal sovrano e trasferito a Trani, ma rifiutò e fu destituito dalla magistratura.

Si dedicò all'avvocatura, nel sospetto e nel controllo polizieschi.
Aderì nel 1859 al comitato dell'ordine, presieduto da Spaventa e fu arrestato col cognato De Gennaro, poi rilasciato.

Rifiutò nel 1860 la carica di ministro della giustizia offertagli dal nuovo sovrano Francesco II, in un disperato tentativo di salvare il regno, mentre già Garibaldi avanzava da Sud.

Ferrigni rifiutò, lucidamente consapevole della prossima fine del regno borbonico, che si era chiuso in ogni sua stagione storica, sotto ogni suo sovrano, a trasformazioni liberali e costituzionali, alla modernità avanzante in Europa, che sole potevano salvarlo.

Con l'arrivo di Garibaldi a Napoli del 7 settembre, fu reintegrato nella magistratura, e fu vicepresidente della Corte di Giustizia.

Il 20 gennaio 1861 fu nominato senatore, partecipando assiduamente alle sedute, pur essendo faticoso allora il viaggio da Napoli a Torino per l'assenza di infrastrutture unitarie e i pericoli che ciò comportava.

Diede un contributo prezioso e fondamentale per la nascita della nuova giurisprudenza unitaria.

Nel 1862 divenne procuratore generale della Corte  di Cassazione di Napoli.

Nel 1863 fu nominato vicepresidente del Senato e tale restò fino alla sua morte a Torino il 29 dicembre 1864.

Così lo ricordarono in Senato a Torino il 9 gennaio 1865 "Rimanga pertanto effigiata nel cuor vostro l'immagine...dell'uomo valente e studioso in ogni parte di alta letteratura, del magistrato che nel più eccelso tribunale diede a ogni suo consiglio l'importanza di sicura dottrina, del cittadino che in tanta altezza di stato serbava incorrotte le sue libere aspirazioni e preferiva l'estimazione pubblica al potere, salitone e discesone con plauso eguale, del facondo patrono di cause...meritò grandemente d'Italia e del Senato...(pur nell'affanno fisico) non paventò, per servire alla Patria, i disagi e i pericoli di lontana periodica trasmigrazione.

Volenteroso valicava egli la gran distanza che separavalo dai bei colli di Posillipo, e dalle fresche aure di Mergellina; e partecipando sollecito ai nostri lavori, cadde forse vittime di fatale coraggio...mentre durerà perenne in Napoli la fama della sua sapienza e del suo patriottismo, duri anche utilmente tra noi la rimembranza del suo zelo."

A Napoli rimane come memoria solo una via. Troppo poco per una Personalità storica risorgimentale e di magistratura di tale rilievo.