Michele Granata e la Repubblica Napoletana del 1799

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Michele GranataIl monaco Michele Granata, martire della Repubblica Napoletana del 1799, rappresenta una delle figure di spicco in quegli anni tormentati del Regno di Napoli che vide cadere vittime della ferocia borbonica il fior fiore dell’Intellighenzia meridionale.

Michele Granata era nato a Rionero in Vulture il 25 novembre 1748 dai coniugi Ciriaco e Maddalena Laurìa. La sua famiglia era oriunda, di origine spagnola, da Cassano Irpino.

Al fonte battesimale ricevette i nomi di Michele, Silverio, Marcellino. Francesco Saverio è il nome che scelse nell’Ordine Carmelitano, dove si consacrò alla vita monastica. Cominciò i suoi studi nel seminario di Melfi e, morto il padre nel 1579, con il fratello minore Tommaso si recò a Napoli per perfezionarsi nell’erudizione, come si usava tra le famiglie benestanti del tempo.

Entrato nell’Ordine dei carmelitani scalzi nello stesso anno, si distinse per intelligenza, ingegno e dottrina. Per la sua notevole capacità didattica venne nominato Padre Maestro. In seguito assunse la carica di Padre Provinciale Diffinitore perpetuo nel suo Ordine.

Tornò per un breve periodo in provincia fermandosi a lungo, come confratello dei monaci, nell’antico convento di Barile.

Appena trentenne nel 1778, venne chiamato come professore di scienze matematiche all’Accademia militare della Nunziatella. Nel 1780 pubblicò una Breve notizia della vita di Nicolò Martino, che dedicò agli alunni del Battaglione Real Ferdinando. Inoltre diede alle stampe per gli allievi della “Nunziatella”: Elementi di algebra e geometria.

Nel 1787 fu dispensato dall’insegnamento con assegno di pensione.

Due anni dopo, però, dopo aver provato anche il carcere per motivi non del tutto chiari, venne richiamato all’insegnamento nella stessa Accademia militare.

Pubblicò in versi un Omaggio a Ferdinando IV, renduto alla regia Accademia militare per il di lui ritorno dalla Germania.

I riverberi delle idee repubblicane che giungevano da Oltralpe incrinarono la sua fede monarchica. Nel 1793 lasciò l’insegnamento e si ritirò, come rettore dei carmelitani, nel piccolo convento di Montesano.

Qui, fra l’altro, si prese cura dell’educazione dei suoi due nipotini Tommaso e Luigi, figli del fratello Benedetto, che dimoravano nei pressi del convento. L’anno dopo prelevato, con altri limpidi repubblicani, fra cui l’abate Monticelli dei Celestini e monsignor Forges Davanzati, venne rinchiuso nella fortezza di Gaeta.

Liberato, per i buoni uffici del principe di Castelcicala, il 25 luglio 1798 tornò all’insegnamento presso l’Accademia militare, ma per un breve lasso tempo.

Durante il breve periodo della Repubblica partenopea (22 gennaio- 13 giugno 1799) la città di Napoli venne divisa in sei cantoni o mandamenti: Montelibero (rioni Montecalvario e Chiaia); Colle Giannone ( rioni Avvocata e Stella); l’Umanità, (quartieri San Carlo all’Arena e Vicaria); Masaniello, (rioni Mercato e Porto), il Sebeto, (quartieri San Lorenzo e Pendino), Sannazzaro (rioni San Ferdinando e San Giuseppe).

Michele Granata ebbe l’incarico di reggere, nella qualità di Commissario, il nuovo cantone Sannazzaro (comprendente i rioni di San Ferdinando e di San Giuseppe), con Domenico Bisceglia, Ignazio Bonocore e Celestino De Marzi per issarvi orgogliosamente l’albero della libertà.

In tale periodo inviò nell’allora Provincia di Basilicata, a diffondere e sostenere le idee repubblicane, il giovane Tommaso De Liso.

Dopo la caduta della Repubblica Partenopea Michele Granata si rifugiò nel convento di Montesano e da qui fu prelevato da una numerosa banda di scellerati e, con altri patrioti, trascinato al Carmine Maggiore dove venne condannato dalla Giunta di Stato all’impiccagione.

Il 12 dicembre, dopo essere stato sconsacrato tre giorni prima da mons. Giuseppe Corrado Panzini, vescovo di Ugento, assistito e confortato dalla Compagnia dei Bianchi della Giustizia, il monaco rionerese salì fieramente il patibolo e rese l’anima a Dio. Nei registri dei Bianchi della Giustizia (padri designati ad assistere i condannati a morte) risulta annotato: “Il carnefice, a’ 12 dicembre 1799, di giovedì, levò al mondo il dotto, il magnanimo, il pio sacerdote Michele Granata di Rionero in Vulture: aveva da quindici giorni compiuto 51 anni”.

 

 

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