Protagonismo meridionale nell’Unità d’Italia: il calabrese Giovanni Barracco

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Giovanni BarraccoQuando si parla del Risorgimento come di una vicenda tutta settentrionale, in particolare piemontese, si rivela un livello abissalmente asinino di inquadramento della complessa, poliedrica vicenda storica, che portò all'Unità e all'indipendenza dallo straniero nella penisola, alla nascita di un regime liberale, costituzionale, laico, eventi epocali nella storia millenaria della penisola.

Accanto al Nord (Genova, Torino, Milano, Venezia), furono protagonisti di primo piano della vicenda risorgimentale il Centro (Firenze e Roma), il Mezzogiorno e le Isole (Napoli e Palermo).

Il Sud fu il primo promotore cronologico in modo memorabile del Risorgimento, come ha messo in rilievo la sterminata storiografia scientifica sul tema, e basti ricordare Benedetto Croce, con i Martiri repubblicani del 1794 e del 1799.

Il Sud fu protagonista della vicenda risorgimentale fino al 1860 e classe dirigente dello Stato unitario, costruttore di primo piano della nuova Italia liberale e della nuova Roma capitale d'Italia.

Una delle personalità poco note, ma significativa di questo protagonismo meridionale, è quella del calabrese Giovanni Barracco (Isola di Capo Rizzuto, Crotone, 1829 - Roma, 1914) e di altri esponenti della sua famiglia.

Essa era una delle più cospicue per tradizioni aristocratiche e per ricchezza del Mezzogiorno, ma dopo il 1848 e il ritiro della Costituzione da parte della fedifraga dinastia borbonica, passò su posizioni liberali, con il primogenito Stanislao, che firmò la memorabile protesta del Parlamento Napoletano dopo la tragica, sanguinosa repressione del 15 maggio.

Giovanni Barracco, appena ventenne, fu segnato da questi eventi e divenne uno dei componenti del circolo liberaleggiante e moderno che, faceva capo a Napoli, dove di era trasferito, a personalità come Ruggero Bonghi, Gaetano Filangieri, allo stesso fratello del re di orientamenti più aperti, come fu Leopoldo, conte di Siracusa, e al suo segretario archeologo e studioso dell'antichità, il napoletano Giuseppe Fiorelli (1823-1896), che divenne nel tempo la più grande figura nel settore dell'archeologia napoletana e campana  (direttore degli scavi di Pompei, direttore del Museo Archeologico, fondatore del Museo di San Martino, docente universitario, senatore del Regno gia nel 1865, direttore generale delle Antichità e Belle Arti).

Fiorelli lo avviò ai medesimi interessi, che Giovanni Barracco coltivò per tutta la vita, anche come famoso collezionista (potendo permetterselo per le ingenti disponibilità finanziarie), accanto all'impegno civile e politico che sentì e coltivò con responsabilità di intellettuale e di cittadino come pochi.

La famiglia Barracco contribuì con un cospicuo contributo alla spedizione garibaldina, che avanzava verso Napoli.

Giovanni Barracco fu uno dei più fervidi sostenitori e protagonisti del Plebiscito del 21 ottobre 1860.

Nel 1861 fu eletto sia consigliere comunale di Napoli, sia deputato al primo Parlamento unitario per il collegio di Crotone, dove fu più volte scelto, prima della nomina a senatore il 7 giugno 1886.

Fece parte della ristretta commissione parlamentare, che propose di conferire a Vittorio Emanuele II il titolo di Re d'Italia il 14 marzo 1861.

Fu vice-presidente della Camera dal novembre 1874 al febbraio 1876.

Non volle la carica di Ministro degli Esteri offertagli nel 1869 dal capo di governo Lanza, ritenendo di avere altri interessi ed altre vocazioni a vantaggio della nuova Italia, della sua terra calabrese, dell'agricoltura, del suo amore per l'arte, in particolare per le grandi memorie antiche, specialmente di scultura.

Ebbe un particolare amore per l'alpinismo: dopo aver percorso le montagne della sua Sila, fu tra i primi a scalare il Monte Bianco e il Monte Rosa. Nel 1863 fu con Quintino Sella ed altri sul Monviso, da cui scaturirà l'idea della fondazione del Club Alpino Italiano, a somiglianza di quelli già esistenti in altri paesi e che servirà a far conoscere agli italiani meglio il loro paese e a coltivare attività salutari.

Tra il 1861 e il 1880 compì diversi viaggi in Europa, spinto dalla sua passione per l'arte e come collezionista, collaborato dagli archeologi e intimi amici negli anni Wolfang Helpig e Ludwig Pollak.

Trasferitosi a Roma dopo la conquista e la proclamazione della città come capitale d'Italia, mise insieme una delle più famose collezioni di scultura antica, non solo greca e romana.

Per i suoi studi e le sue iniziative ebbe riconoscimenti internazionali e lauree honoris causa.

Per la sua competenza e sensibilità artistica e culturale, si fece promotore di miglioramenti della sede del Senato, Palazzo Madama, accrescendola della biblioteca, creando la sala Umberto, la Rotonda con i busti di Leopardi, Verdi, Gioberti.

Nel 1902, non avendo eredi diretti, donò la sua collezione al Comune di Roma, che gli mise a disposizione inizialmente un'area in fondo a Corso Vittorio Emanuele II, sulla quale innalzò un palazzo, che fu il "Museo di Scultura Antica" fino al 1938, quando il fascismo lo demolì per esigenze urbanistiche, anche se fu trovata poi una nuova definitiva, sede, che è quella attuale, sempre nel citato Corso, in quella che era chiamata la "Piccola Farnesina" di Sangallo il giovane.

Il Museo Barracco è oggi uno dei principali e caratteristici Musei di Roma, con la sua collezione di sculture egiziane, assire, arcaiche greche, di arte fidiaca e policletea, dei grandi maestri del IV secolo a. C, ellenistiche e romane. Vi sono annesse la Biblioteca Barracco e la Biblioteca Pollak.

Giovanni Barracco nel 1911, come unico superstite della Commissione parlamentare che aveva proposto di conferire il titolo di Re d'Italia a Vittorio Emanuele II, presenziò solennemente alle celebrazioni del Cinquantenario dell'Unità d'Italia e all'inaugurazione del Vittoriano, divenuto Altare della Patria.

Morì a Roma nel 1914.

Il fratello Roberto, rimasto a Napoli, nato a Spezzano della Sila (Cosenza) nel 1836, fu governatore del Suor Orsola Benincasa, tra i fondatori della Società Napoletana di Storia Patria, consigliere provinciale e senatore nel 1896. Morì a Napoli nel 1917, chiedendo al Presidente del Senato di non essere commemorato per umiltà e per il suo "modesto nome" a paragone di tanti protagonisti dell'Unità e della costruzione della nuova Italia, esempio di uno stile morale e civile degno di essere sempre richiamato.

Un altro fratello di Giovanni Barracco fu Maurizio (Isola di Capo Rizzuto, 1827 - Napoli, 1902), uomo di vasta cultura, che fu grande pittore, senza scopi venali, dei pastori e dei contadini calabresi, amico dei Palizzi e di Domenico Morelli.

Questa è la Calabria civile, nobile, colta da richiamare costantemente nell'immaginario collettivo e per le nuove generazioni, non quella del brigantaggio, del sanfedismo di Ruffo, della 'ndrangheta: la Calabria di Telesio e di Campanella, dei Martiri della Repubblica Napoletana del 1799 (Assisi, Baffi, Bisceglia, De Colaci, De Filippis, Grimaldi, Logoteta, Mattei, Mazzitelli, Muscari, Nicoletti, Rossi, Spanò),  di Guglielmo e Florestano Pepe, di Giuseppe Poerio, di Benedetto Musolino, di Giovanni Nicotera, di Raffaele Pirìa, di Francesco Cilea, di Corrado Alvaro.

 

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