Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Itri: una strada intitolata a Raffaele Gigante, protagonista del Risorgimento

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La laboriosa cittadina di Itri (Latina), epicentro della coltivazione delle olive, che sono universalmente più note come di "Gaeta", perchè essa, come cittadina più grande, confina con Itri, ha una ricca tradizione di storia civile e risorgimentale, spesso rimossa e poco nota, anche perchè la memoria collettiva è deformata, in quanto appiattita  spesso solo sulla figura di Michele Pezza, ovvero “Fra Diavolo”, assassino prima di divenire capo sanfedista e brigantesco, al servizio di sovrani carnefici e degli inglesi complici, anticattolici (in quanto anglicani) e interessati solo e comunque al dominio del Mediterraneo.

Itri ha dato i natali a figure alte e nobili come quella del beato Burali d'Arezzo (Itri, 1511-Napoli, 1578), prima avvocato, poi superiore dei Teatini a Napoli, poi vescovo di Piacenza, cardinale nel 1570, amico di San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, papabile nel conclave del 1572, poi arcivescovo di Napoli nel 1576.

Si ricorda tra Ottocento e Novecento la nobile figura del sacerdote Giovanni Battista Manzi, nato ad Itri nel 1830, superiore e memorabile docente di matematica e fisica nel famoso Collegio Alberoni di Piacenza, dove fondò gli osservatori sismico, meteorologico, astronomico, e morì nel 1912 onorato dalla nota cittadina emiliana.

Per la storia risorgimentale si ricorda il martire locale sacerdote don Ivone Cardi, assassinato atrocemente nel 1815, col nuovo ritorno dei Borbone, dopo la seconda fuga in Sicilia del 1806,  per la sua adesione all'esperienza di modernizzazione del Mezzogiorno con Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat.

Vi furono poi gruppi carbonari nel 1820-1821, fervidi aderenti al 1848 ed al sogno di un Mezzogiorno liberale e costituzionale, stroncato con la sanguinosa repressione borbonica del 15 maggio, portandoli per reazione e disillusione poi all'impegno nella setta dell'Unità Italiana di Agresti, Settembrini, Pironti, per la quale soffrirono carceri e processi, nei quali furono coinvolti anche Raffaele Gigante ed il padre Tobia, originario di Gaeta.

Raffaele Gigante, nato ad Itri nel 1816, dopo gli studi nel Seminario di Gaeta, si trasferì a Napoli per gli studi di giurisprudenza. Frequentò anche la scuola di lingua e italianità di Basilio Puoti.

Divenne nella sua vita professionale uno dei più grandi avvocati civilisti del foro napoletano, espertissimo nel campo demanialista, difensore di diverse cittadine contro le usurpazioni dei privati. Fu attratto dal neoguelfismo di Gioberti, dalla prospettiva di una conciliazione tra cattolicesimo e mondo moderno, libertà, nazionalità, indipendenza, con il papato riformato a fare da garante e promotore di questo processo. Le speranze neo-guelfe furono storicamente poi deluse dalla svolta assolutista, illiberale, antinazionale di Pio IX, sotto l'influsso della fazione reazionaria egemone del cardinale Antonelli e della cerchia gesuitica.

Alla luce di una posizione sostanzialmente cattolico liberale, nazionale, unitaria si pone la profonda ammirazione di Gigante, dall'adolescenza, per Alessandro Manzoni, poi conosciuto di persona già nel 1862 e frequentato maggiormente al tempo della sua elezione alla Camera. Raffaele Gigante fu infatti deputato per quattro legislature, tre nel collegio di Formia (1865-1874) ed una nel collegio di Agnone (1874-1876).

Alla luce di quella posizione, si colloca anche la sua amicizia con il sacerdote, grande filosofo e cattolico liberale, Antonio Rosmini, beatificato recentemente, nel 2007, dopo decenni di ostracismi e di messa all'indice dei libri di alcune sue opere, conosciuto a Gaeta nel 1849 nella casa dell'amico di seminario don Francesco Orgera che l'ospitava. Poi Gigante lo presentò a Napoli a suoi amici che si trovavano sulla sua stessa posizione cattolico-liberale e unitaria.

Per aver partecipato sulle barricate al fatidico 15 maggio, restando anche ferito, Gigante conobbe poi processo e carcere, condanna all'esilio, tramutata in confino, vigilato fino alla fine del regno borbonico.

Stando in patria, tenne i fili della cospirazione e fu in contatto nei giorni nodali del 1860 con Silvio Spaventa, Salvatore Tommasi, Raffaele Conforti, il Marchese di Villamarina, per contrastare mene borboniche, spingere Vittorio Emanuele II a scendere nel Sud ed evitare decisioni inconsulte degli ambienti mazziniani e garibaldini, che premevano per giungere a Roma, provocando un sicuro intervento delle potenze europee a difesa del papato, con la perdita anche di quello che miracolosamente si era conquistato.

Contribuì a far partecipare alla fondamentale battaglia garibaldina del 1 ottobre 1860 a Capua due battaglioni di bersaglieri già presenti a Napoli e spingere decisamente per il memorabile Plebiscito del 21 ottobre 1860 (da cui l'intestazione della più grande piazza di Napoli).

Per questa sua storia patriottica fu eletto consigliere comunale di Napoli nel 1861.

Fu per un quarto di secolo (dal 1870 al 1895) consigliere provinciale e anche vice-presidente dell'Amministrazione Provinciale di Terra di Lavoro  per i mandamenti di Gaeta e Fondi, battendosi per i problemi concreti della sua gente fino alla fine della vita.

Appartenne con fedeltà rara, senza trasformismi e con libertà di posizioni e di critica, al partito moderato, del liberalismo concreto e riformatore che, nel solco di Cavour, ebbe figure altissime con Ricasoli, Lamarmora, Sella, Minghetti, che lo ebbero carissimo e lo stimarono profondamente.

Il suo motto, oltre l'onestà, l'integrità, l'amore di patria, del bene comune, come basi e precondizioni, era "progredire conservando, conservare progredendo", intendendo per "conservare" quello che di valido e di grande si è conquistato e che non va mai abbandonato per un astratto e nocivo gusto di novità. Morì a Napoli nel 1896.

Sono stati presentati il 6 dicembre scorso nella sala consiliare del Comune di Itri gli Atti del Convegno di Studi tenutosi nella stessa sede il 20 aprile 2013, dedicato a questo illustre protagonista del Risorgimento italiano.

A lui la cittadina aveva intestato nel 1962 una via nel centro del paese, presso il Municipio, ma con la sola generica indicazione di "Deputato", per cui non si capiva a quale epoca appartenesse e di quale legislatura fosse stato rappresentante. Perciò si è sentita la necessità anche di apporre una più precisa ed estetica targa toponomastica in marmo, che recita "Via Raffaele Gigante (Itri 1816-Napoli,1896) - Avvocato - Deputato - Protagonista del Risorgimento Italiano".

Essa è stata scoperta prima dell'inizio della manifestazione dal sindaco dott. Giuseppe De Santis e dall'erede dall'illustre personaggio, Giovanni Gigante, alla presenza di cittadini e di studenti, che si sono poi spostati nella citata aula consiliare.

Gli Atti, accanto ai vari saluti delle autorità e degli enti promotori  (Comune di Itri, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, Associazione Culturale "Grido Libero di Formia, Centro di Studi Storici Daniele di Caserta), contengono le seguenti relazioni dei professori: Nilo Cardillo, Risorgimento e Modernità.

Il rapporto tra Risorgimento e origini dell'Informatica (pp.27-188, quasi libro nel volume su un aspetto inedito e prezioso della vicenda risorgimentale), autore anche della parte introduttiva "Le motivazioni di un Convegno" e di quella finale "Considerazioni conclusive", Felicio Corvese, Mezzogiorno e Terra di Lavoro nell'Ottocento (pp.191-223), Olindo Isernia, Raffaele Gigante nel Consiglio Provinciale di Caserta (pp.225-265), Nicola Terracciano, La figura e l'opera di Raffaele Gigante (pp.269-355).

Al termine delle relazioni il volume presenta una corposa e preziosa appendice documentaria da pagina 367 a pagina 482, che contiene tra l'altro due lettere autografe di Alessandro Manzoni a Raffaele Gigante e la sua autografa biografia politica, ritrovata nell'Archivio di Stato di Caserta.

Il volume è stato presentato, dopo i cordiali saluti del sindaco De Santis e dell'Assessore Giovanni Ialongo (anche a nome del collega assessore Raffaele Mancini), concreto e operoso coordinatore dell'iniziativa, dai due curatori Nilo Cardillo e Nicola Terracciano nell'ascolto attento e serio e nella partecipazione vibrante degli studenti, dei docenti, dei presidi, dei cittadini presenti.

 

 

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