Vescovo e senatore. Gennaro di Giacomo dal Regno Borbonico all'Unità d'Italia

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Il recentissimo libro di mons. Antonio Illibato è dedicato a Gennaro di Giacomo che fu singolare vescovo e senatore del Regno d'Italia (Napoli, 1796 - Caserta, 1878).

Mons. Antonio Illibato è un sapiente archivista e un rigoroso storico, in particolare della chiesa napoletana e campana tra Ottocento e Novecento, secoli di rivoluzioni e di grandi trasformazioni politiche, sociali, culturali, che hanno riguardato, coinvolto, sconvolto anche, in modo diretto, la millenaria istituzione cattolica, a livello centrale e locale.

È sapiente direttore da anni dell'importante Archivio Storico Diocesano di Napoli, collabora a diverse importanti riviste, come ad es. "Campania Sacra", nella quale sono apparsi saggi e note.

Nell'ultimo numero (2 del 2013) della rivista è presente anche una importante recensione libro di cui trattiamo, scritta dal prof. Aristide Ricci, che lo ha visto nascere e che Illibato ricorda e ringrazia, con altri, nella 'Premessa' (p.9).

Il libro di Illibato di compone di due parti: quella critica e quella documentaria (l'Appendice), di ben 53 pagine, anche con foto di scritti del vescovo di Giacomo e dell'arcivescovo di Napoli cardinale Sisto Riario Sforza, che è l'altro protagonista del libro, spesso contrapposto a di Giacomo per il diverso atteggiamento verso la nuova realtà nazionale, unitaria, liberale.

Dal carteggio di Riario Sforza conservato dall'Archivio Storico Diocesano di Napoli sono tratte soprattutto le fonti utilizzate e i documenti riportati.

Ogni pagina illibatiana è quindi supportata dal richiamo a fonti e alla letteratura critica, in modo che ogni informazione data e ogni valutazione espressa si appoggiano ed emergono sul fondo solido dei fatti e delle ricerche più serie e accreditate dalla comunità scientifica sul tema che si sta affrontando.

La tensione sottesa, costante, è sempre quella dell'equilibrio, impresa difficile, ardua, specialmente per un ecclesiastico che, per definizione e scelte ideali, ha una sua precisa visione del mondo, che inevitabilmente può intervenire ed inevitabilmente interviene nella esposizione e in particolare nel momento del giudizio, specialmente quando esso si riferisce all'Istituzione ecclesiastica a livello romano, meridionale, napoletano, che è il proprio mondo spirituale ed esistenziale.

Il volume, come si è detto, è stato recentemente recensito da Aristide Ricci su "Campania Sacra", Rivista di Storia Sociale e Religiosa del Mezzogiorno, Volume 44, 2013, 2^ volume, pp.406-412.

La Rivista è espressione della Sezione S.Tommaso d'Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sulla quale appaiono saggi e note di Illibato.

Illibato è stato, tra tanti vari interessi (ad es. sul canonico capuano Gabriele Iannelli, fondatore del Museo Campano di Capua e della sua nota biblioteca nella seconda metà dell'Ottocento, autore tra l'altro della più ampia e rigorosa ricerca sul vescovo repubblicano Martire del 1799 mons. Michele Natale), autore di una monumentale biografia su Bartolo Longo (Latiano, Brindisi, 1841 - Pompei, 1926). Un cristiano tra Ottocento e Novecento.

Longo, avvocato, è stato il fondatore a Pompei del Santuario Mariano e di varie iniziative assistenziali, tra le quali l'orfanotrofio dei figli dei carcerati, perciò è stato giustamente beatificato nel 1980.

Il nuovo Comune di Pompei, istituito nel 1928, deve la sua nascita all'opera di Lui, sintesi di operosità civile e di spiritualità cattolica autentica.

Il grande lavoro biografico su Longo è stato edito a cura del Pontificio Santuario di Pompei in tre volumi tra il 1996 e il 2002 (frutto della sistemazione dell'archivio iniziata da Illibato nel 1981).

I contributi archivistici di Illibato sono stati molteplici, tra essi quello riguardante il fondo dei Bianchi di Giustizia, con uno specifico volume "La Compagnia napoletana dei Bianchi della Giustizia. Note storico-critiche e inventario dell'archivio", M.D'Auria Editore, Napoli, 2004, che è il precedente fondamentale dei noti lavori storici della direttrice del Nuovo Monitore Napoletano, Antonella Orefice, sul  tema e che, non a caso, coopera nel suddetto Archivio Storico diocesano in stretta collaborazione con mons. Illibato ed il suo preciso e cordiale collaboratore don Franco Rivieccio.

La dott.ssa Orefice ha tratto nei suoi preziosi lavori la fondamentale lezione storiografica di Illibato dell'intimo, letterale, rapporto tra esposizione critica e costante appoggio documentario.

Un'altra nota biografia scritta da Illibato riguarda Caterina Volpicelli (Napoli, 1839-1894), donna della Napoli dell'Ottocento, recentemente beatificata, che intese vivere i valori spirituali cattolici in un modo nuovo, in un mondo nuovo mutato, con il nuovo ruolo della donna.

La biografia è stata pubblicata dal noto editore calabrese Rubettino nel 2008.

Si tratta di Figure di intensa spiritualità cattolica, che vissero in un periodo di grandi trasformazioni politiche, sociali, culturali e che tentarono con successo di dare risposte concrete ad esse, nel solco della grande, autentica storia cattolica della pietà e della carità.

Dentro la storiografia ad essa legata, da Giuseppe De Luca a Gabriele De Rosa, si collocano il lavoro e il prezioso contributo di Illibato.

Anche l'interesse verso di Giacomo, il vescovo napoletano senatore del Regno d'Italia, rara figura nell'egemone panorama antirisorgimentale vaticano, a partire da Pio IX e dal cardinale Antonelli, si colloca in quel solco, perchè di Giacomo seppe intuire il mondo nuovo che stava nascendo, l'Italia unita, liberale, costituzionale, nella quale ci si doveva inserire, anche se faceva venir meno il millenario potere temporale del papato, per far vivere e brillare di luce nuova i valori cristiani, evitando il rischio della possibile emarginazione storica della Chiesa, se si attardava a restare collegata organicamente col mondo che stava crollando degli Stati assoluti illiberali ed antinazionali e degli anacronistici staterelli della Penisola.

È l'amore verso una chiesa nuova e moderna, riconciliata pienamente con la modernità, coi valori liberali, democratici, nazionali, la forza che supporta e spinge di Giacomo ( e in filigrana mons. Illibato), una chiesa che non si faccia marginalizzare, superare dai tempi nuovi, ma che sappia lucidamente intuirli e coraggiosamente accoglierli, anche per saggiare e verificare in essi la validità e l'universalità del messaggio evangelico, all'interno della missione specifica che è sua, religiosa, non temporalistica, come avevano argomentato e testimoniato i grandi esponenti del cattolicesimo liberale ottocentesco, da Rosmini (coraggiosamente e finalmente beatificato dalla Chiesa del Concilio Vaticano II nel 2007 col papa Benedetto XVI) a Manzoni.

Di Giacomo (e Illibato) sono contro i nostalgici e i conservatori, pur comprendendoli storicamente, indugiando cioè ampiamente sulle ragioni delle loro posizioni antirisorgimentali, sui loro tormenti, legati specialmente all'ubbidienza e alla devozione che canonicamente ecclesiastici dovevano al Santo Padre nella figura di un Papa complesso come Pio IX, col suo entourage schierato su posizioni intransigenti, legittimiste, frontalmente antirisorgimentali, come il cardinale Antonelli (1806-1876) ed i gesuiti, egemoni in Vaticano.

I nostalgici ed i conservatori accaniti furono e sono esiziali per una Chiesa viva,  aperta all'oggi, al nuovo, al futuro, che sappia parlare e rapportarsi in modo adeguato nel linguaggio e nell'azione ai nuovi esseri umani (uomini e donne) cittadini liberi in società liberali e democratiche in costante, vorticosa trasformazione.

O cambiare o perire, questo il dilemma per la chiesa cattolica, come per tante istituzioni secolari, se si attardano nei loro riflessi conservatori o peggio reazionari.

Così efficacemente e sinteticamente presenta il suo lavoro Illibato "Il presente saggio, che fa luce sulla scelta filo-nazionale di un vescovo della Chiesa meridionale pre-unitaria temporalistica e legittimista, che nel 1860 si schierò nella sua quasi totalità accanto a Pio IX nella difesa del potere temporale, intende essere per l'appunto un contributo alla conoscenza delle grandi difficoltà che non pochi cattolici ebbero in quel momento di intuire l'irreversibilità del processo storico e i vantaggi che nel lungo periodo potevano derivarne alla Chiesa, per realizzare la sua vera missione, quella religiosa.

Una difficoltà che generò disagi nelle coscienze di limpide figure di ecclesiastici fedeli alla Chiesa e di uomini politici sinceramente religiosi, che con responsabilità e compiti diversi agirono in quegli anni tra i più travagliati della nostra storia recente."(pp.8-9)

L'interesse verso il vescovo di Giacomo come figura esemplarmente significativa  delle questioni storiche che stanno a cuore a Illibato è attestato da un precedente saggio "Il vescovo Gennaro di Giacomo in alcuni documenti napoletani" in AA.VV., Chiesa e Risorgimento nel Mezzogiorno, a cura di U.Dovere, numero unico della citata rivista "Campania Sacra" del 2012.

Dato le specifico tema così complesso, è inevitabile che gli inquadramenti generali siano risultati inevitabilmente troppo sintetici.

Per la formazione dell'autore, risultano a volte eccedenti i riferimenti  su aspetti giurisdizionali interni all'Istituzione ecclesiastici e con citazioni in latino non tradotte, che, nel deprecabile stato attuale di non conoscenza di esso a livello dei lettori, non permettono di seguire analiticamente passaggi del discorso e delle questioni.

Mancando l'archivio e le carte di Giacomo, il profilo a tutto tondo del vescovo senatore risulta inevitabilmente non completo ed è grande merito di Illibato di aver trovato nella corrispondenza di Riario Sforza alcune lettere significative, che, unite ad altre tratte dal fondo dell'irpino Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti Pasquale Stanislao Mancini, conservato presso l'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano al Vittoriano, gli permettono di delineare con persuasa efficacia  la complessa, sofferta personalità del vescovo napoletanissimo anche nel cognome, che, dopo una ordinaria vita di studi e di ministero pastorale come parroco a Napoli e come vescovo della diocesi di Alife, maturò (e le tappe e i processi di questa maturazione sono ancora poco noti) una scelta di convinta adesione alla nuova realtà unitaria, nazionale, liberale, tanto da accettare la nomina a senatore con grande scandalo di Roma e con differenziazione e contrasti col cardinale Riario Sforza.

Di Giacomo andò incontro nei suoi rapporti con l'istituzione ecclesiastica, di cui si sentiva e si protestava sempre figlio e testimone fedele (nessun segno o momento di dissenso teologico è riscontrato nella sua biografia) a 18 anni di segrete sofferenze, di amarezze ed anche umiliazioni con gli interventi canonici, che scattarono fino ad una sostanziale destituzione.

Viene fuori l'azione capillare, martellante, occhiuta, minacciosa di Roma, del Vaticano, del Santo Uffizio, dell'Indice, nel tenere sotto controllo le posizioni di ogni vescovo e di ogni sacerdote, perchè fosse ubbidiente alla volontà nemica e ostile al nuovo Stato unitario liberale e costituzionale e come esso fu minato e combattuto a livello locale presso ogni parrocchia, ogni luogo sacro, in modo formale e sotterraneo.

Questo avvenne prima all'epoca del brigantaggio, in accordo con il monarca borbonico e i suoi fedeli, rifugiatisi non a caso nella Roma di Pio IX e di Antonelli, poi con l'ostracismo frontale (specialmente dopo il 1870, con la caduta del potere temporale e l'avvento di Roma capitale), con la rigida posizione di estraneità alla vita e all'ethos dello stato liberale (es. con Il Sillabo, con la intransigente, formale linea "nè eletti, nè elettori"), che hanno impedito nella lunga durata colpevolmente e tragicamente, con la eccezione degli effetti diretti e indiretti del "Modernismo" e del "Popolarismo" di Don Sturzo degli anni Venti del Novecento (ma troppo tardi per evitare l'avvento del tragico fascismo), che un costume autenticamente liberale ed istituzioni veramente democratiche mettessero saldi, capillari radici in Italia, dato il condizionamento antropologico cattolico millenario possente (anche oggi).

Il vescovo napoletano cattolicissimo e lucido preveggente dei tempi nuovi e delle sue esigenze Gennaro di Giacomo seppe testimoniare con la sua vita, pagando di persona con sofferta vicenda, che si poteva essere insieme, con sintesi felice e feconda, sinceramente italiani liberali cristiani.

E Antonio Illibato con persuasa adesione ne coglie il valore immenso a conclusione della parte critica del suo prezioso lavoro, pur avendo giustamente dedicato, da accurato storico e da sensibile ecclesiastico, molte pagine a cogliere le ragioni convinte e non strumentali delle posizioni contrapposte del cardinale di Napoli Riario Sforza.

Riporta le parole amare e sconsolate e preveggenti di di Giacomo a Riario Sforza in una lettera a lui inviata del 6 febbraio 1865 "purtroppo mi avvedo che è inutile continuare a giustificarmi, perciò per adesso ' meglio sarà fare appello al tempo, che svelerà la verità e il merito dei fatti' ".

E Illibato conclude "Fiducia, quindi, nel tempo galantuomo che gli avrebbe dato ragione ? A chi scrive, pare di si." (p.131)

 

Antonio Illibato, Vescovo e senatore. Gennaro di Giacomo dal Regno Borbonico all'Unità d'Italia, M.D'Auria Editore, Napoli, Febbraio 2013, pp. 207, Collana " Biblioteca D'Auria", diretta da Fabrizio Conca e Ugo Criscuolo (nella quale sono apparsi anche scritti di Croce).

 

 

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