Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il conflitto tra cristianesimo, islamismo ed altro

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Più trinitarismo, antropomorfismo, vergini-madri e santi/e diffonde il cristianesimo e più l'islamismo monoteista, antiantropomorfo, più realista sul piano delle dimensioni emozionali, si sente superiore razionalmente e moralmente e cresce così il conflitto tragico tra cristianesimo e islamismo

I cristiani nelle loro varie articolazioni (cattolici, ortodossi, riformati) non hanno diffusa consapevolezza  collettiva della contrapposizione frontale, di visione fondamentale del divino e dell'esperienza religiosa, che c'è tra cristianesimo ed islamismo, che è stato e permane come causa profonda del conflitto ormai millenario tra le due religioni, che rischia oggi di esplodere in forme più devastanti, per gli apocalittici mezzi a disposizione.

L'islamismo, essendo storicamente nato 622 anni dopo il cristianesimo, ritiene di essere più avanzato di esso dal punto di vista intellettuale e morale, e dell'ebraismo, che è stato la culla e il precedente del cristianesimo, per non parlare delle altre religioni del pianeta.

L'islamismo, oltre ad avere un'impronta tipicamente araba, si nutre di apporti cristiani orientali dissidenti e inquieti, che, in particolare da Ario, vissuto in Alessandria (256-336 d.C.), in poi, hanno sempre criticato la contraddittoria Trinità, ufficialmente imposta col concilio di Nicea del 325 d.C., che da allora, e fino ad oggi, è divenuta  posizione ufficiale della maggioranza cristiana (tanto che si recita ancora oggi in ogni messa il credo niceno), in nome di un più coerente e razionale monoteismo: Dio è uno e basta, non può essere nello stesso tempo uno e trino, posizione assurda e offensiva della ragione.

Con questa affermazione di rigoroso monoteismo l'islamismo di colloca su un piano di maggiore consonanza con la razionalità filosofica e si collega naturalmente col grande patrimonio della filosofia greca, da Platone a Plotino, rigorosi teorici, specialmente quest'ultimo, dell'Uno come fonte di tutta la realtà.

Essendo uno ed infinito, il Divino non può assolutamente essere espresso da particolari rappresentazioni, umane o naturali, tipo quelle cristiane del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, o peggio di una Figura femminile, concepita poi in modo assurdo come vergine, che diventa, con altro passaggio illogico, come la Trinità, madre, o peggio ancora identificato con personaggi storici chiamati santi/e, beati/e, o peggio pontefici, che si dichiarano, con altro passaggio illogico, infallibili, quasi altra versione del divino in terra.

Onde evitare questi sbandamenti pericolosissimi nell'illogicità, nella confusione mentale e morale, nella superstizione, l'islamismo dall'inizio si è strutturato come ferocemente antiantropomorfo, vietando nei propri luoghi di culto, le moschee, qualsiasi rappresentazione del divino sia in termini di dipinti che di statue.

Anche per questo secondo elemento di superiorità, esso si ricollega con la millenaria critica antropomorfa del divino elaborata dalla più alta filosofia antica, a partire da Senofane.

Oltre il monoteismo, oltre la rigida posizione antiantropomorfa, l'islamismo ha una visione più realistica delle dimensioni emozionali della persona umana, non colpendo la sessualità di peccaminosità radicale, come il cristianesimo, anzi riconoscendola in modo ampio, sia nel richiamo alla vita del suo fondatore, Maometto, che ebbe diverse mogli fisse e tantissime provvisorie, sia nelle codificazioni successive.

Per questo Maometto si rivela uomo più completo e realista dell'assessuato Cristo, che per questo è lontanissimo tragicamente da un rapporto con la complessa natura umana e le sue molteplici pulsioni latenti.

Ma, d'altro lato, l'islamismo è tragicamente limitato dal suo maschilismo ossessivo, per cui, se è legale la poligamia (secondo il Corano è possibile avere fino a tre mogli e altre mogli provvisorie), è punita  con la disumana lapidazione (come ieri in Somala) la poliandria (una donna che ha più mariti), che dovrebbe essere riconosciuta per un discorso di doverosa parità.

L'islamismo per la sua dogmatica presunzione di essere superiore al cristianesimo, allo stesso ebraismo, per il suo aperto universalismo, che si contrappone all'idea di un popolo eletto, e ad altre religioni politeiste o peggio animiste dell'Estremo Oriente, dell'Africa, per non parlare delle religioni classiche greca e romana,  è portato inevitabilmente all'intolleranza radicale, concedendo al massimo una limitata, e sempre provvisoria, tolleranza ad altre fedi.

L'islamismo infine, nel suo nascere e configurarsi storicamente, nella vita di Maometto, e poi nella lettera del Corano, riconosce legittimità alla violenza e alla guerra santa (dimensioni assenti nella vita di Cristo e nei Vangeli) e quindi alimenta e giustifica l'uso di essa fino al tragico terrorismo islamico di oggi, al di là di poco convincenti, deboli posizioni e argomentazioni contrarie di iman e di fedelii islamici.

Come se ne esce per la povera umanità coinvolta in questo terribile conflitto latente e spesso esplicito  tra cristianesimo e islamismo,  in particolare per noi semplici, umili, appassionati uomini e donne liberi, che non vogliono qualificarsi nè col nome di Cristo, nè con quello di Maometto, o di altro personaggio storico, che vogliono essere semplicemente "persone umane libere", che accettano serenamente la nostra condizione di esseri naturali destinati alla morte e che vivono la normalità e la naturalezza con la propria dimensione emozionale, con la propria sessualità, forma anche di linguaggio, di comunicazione  non verbali, che non vogliono avere a che fare con posizioni dure e dogmatiche di chi crede di avere la verità (" Io sono la via, la verità, la vita", espressione esemplare di tutte le posizioni fanatiche) e vede gli altri come pecorelle smarrite o infedeli da convertire con le buone o con le cattive maniere ?

Si tratta oggi di una delle questioni aperte più gravi per la povera Umanità (accanto alla questione ambientale, a quelle degli armamenti apocalittici, della fame, dell'ignoranza, della disoccupazione), che dovrebbe essere oggetto di una discussione collettiva costante e coraggiosa nei mezzi di informazione, della politica, nelle scuole, nelle università, nelle famiglie, nel mondo culturale.

Invece niente: tutto procede nello stordimento collettivo planetario, coi cristiani, che accrescono ed enfatizzano le loro posizioni contraddittorie, e gli islamici che si irrigidiscono ancora di più nelle loro posizioni di dogmatica superiorità.

Si crede che solo "una internazionale di uomini e donne libere, al di là delle lingue, del colore della pelle", consapevoli del rischio che sta correndo la povera Umanità, si costituisca coi miracolosi mezzi oggi a disposizione (internet, comunicazioni con traduzioni simultanee tra le varie lingue), dialoghi e si coordini, per individuare prime realistiche azioni di contrasto nei confronti di questa deriva tragica del conflitto tra cristianesimo e islamismo, accanto a quelli ideologici di altre presunzioni dogmatiche, quali quelle del comunismo di origine marxista, che flagella parti rilevanti del pianeta (in particolare l'immensa Cina, la tragica Corea del Nord, il Vietnam, Cuba e forze postcomuniste della scomparsa URSS).

 

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