Giuseppe Albanese, martire della Repubblica “ aquila dispiegante le ali tra gli uccelli”
Figlio di Pietro Antonio e Maria Teresa Salomo di Pitugnano, Giuseppe Albanese nacque il 30 gennaio 1759 da una delle più ricche e celebri famiglie di Noci, cittadina pugliese in provincia di Bari. Dopo aver trascorso l’infanzia nel paese natale, rimasto orfano, si trasferì a Napoli dove studiò presso il seminario arcivescovile e si formò alla scuola riformatrice di Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri. Qui iniziò i suoi approcci con gli ambienti della massoneria e con gli intellettuali progressisti napoletani tra cui Mario Pagano, Domenico Cirillo, Donato Tommasi, Nicola Pacifico e Tommaso Fasano. Molto significativa fu la conoscenza con Carlo Lauberg, che costituì, secondo il biografo José Mottola “un salto di qualità politico-organizzativa, premessa indispensabile per la conversione dai vari sodalizi la tomistici e progressisti in vero e proprio rivoluzionario, che aveva come obiettivi primari il rovesciamento della monarchia borbonica e l’instaurazione di un governo rivoluzionario”. Estimatore di quei principi di libertà, uguaglianza e fraternità che prepotentemente erano entrati anche in Italia, particolarmente a Napoli, si dedicò alla causa repubblicana, riuscendo a sfuggire alla retata del 1794 che provocò la morte di Emanuele De Deo, Vincenzo Vitagliani e Vincenzo Galiani. Con altri patrioti, Giuseppe Albanese diede vita ad un comitato rivoluzionario, mentre si avvicinavano nel gennaio 1799 le truppe francesi comandate dal generale Jean Etienne Championnet . Durante i mesi della Repubblica Napoletana, Albanese fu chiamato a far parte del governo provvisorio, costituito da ventinove membri, svolgendo inizialmente un ruolo importante nel comitato di legislazione, preposto alla formulazione dei progetti di leggi. Fu promotore dell’approvazione delle norme che contribuirono alla soppressione dei fedecommessi e della feudalità. In seguito fu nominato tra i cinque componenti della Commissione esecutiva, nella quale svolse un ruolo preminente; per breve tempo ricoprì le cariche di Ministro della Guerra, Marina, e Affari esteri. Con la caduta della Repubblica Napoletana, Giuseppe Albanese rimase in prima fila anche durante le illusorie fasi delle capitolazioni e nella stipula della trattativa di resa per rivendicare lo status di prigionieri politici dei patrioti che si trovavano nei forti. La trattativa fu disattesa con conseguente vergogna del non rispetto delle condizioni di resa da parte dei Borbone. Arrestato e condannato a morte, alle due pomeridiane del 23 novembre 1799 il breve percorso di vita, di Giuseppe Albanese, uomo politico e combattente per la repubblica democratica si concludeva in Piazza Mercato. A Quel giorno ascesero con lui al patibolo Domenico Bisceglia, Vincenzo De Filippis, Gregorio Mattei, Luigi Rossi, Francesco Bagni, Giuseppe Lagoteta e Clinio Rossi. Albanese lasciò un bambino di due anni e la moglie Maddalena in attesa di una figlia a cui fu poi dato il nome di Silvia. In omaggio al suo valore Giuseppe Albanese fu soprannominato “ Pericle” dall’anonimo autore del Pantheon dei Martiri del 1799, con l’aggiunta della definizione “Expandes ala intera ves aquila”, Aquila dispiegante le ali tra gli uccelli.
Bibliografia Josè Mottola, Giuseppe Albanese. Libero Muratore e martire della rivoluzione napoletana del 1799, Ed. Piero Lacaita, Taranto, 2006
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