Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Ancora sul bosone di Higgs

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Dopo parecchi mesi di pausa si torna a parlare con insistenza del bosone di Higgs, altrimenti definito – con terminologia impropria - “la particella di Dio”. Numerosi gli articoli sulla stampa e i commenti dei mass media in genere. Quale il motivo del rinnovato interesse per un ente di cui l’uomo della strada fatica persino a comprendere la natura?

Presto detto. Quando il 4 luglio 2012 venne dato l’annuncio della scoperta al CERN di Ginevra i dubbi erano ancora molti e consistenti. Non tutti sembravano convinti che il quadro fornito in precedenza confermasse totalmente l’esistenza di questa particella così a lungo inseguita dagli scienziati, e nota per la sua estrema elusività. E i dubbi, mette conto rammentarlo, vennero espressi anche all’interno della stessa comunità scientifica.

Ora la situazione è cambiata poiché i fisici hanno nel frattempo raccolto molti altri dati, e nel corso di una conferenza hanno fornito una sorta di “ritratto” dell’ormai celebre bosone meno incerto di quello disponibile finora.

Intendiamoci, il “volto” della particella è tutt’altro che chiaro e distinto (nel senso cartesiano di tali termini). Si sa di più e i contorni appaiono meno incerti rispetto al primo annuncio. Tuttavia parecchi misteri permangono. E mi sembra doveroso aggiungere che parlare dell’aspetto del bosone è fuorviante: si usa il linguaggio antropomorfico in un contesto che esclude per definizione termini e concetti che fanno parte della visione del mondo del senso comune.

Ma si sa che anche l’opinione pubblica ha i suoi diritti. Per informarla è necessario ricorrere al nostro linguaggio quotidiano, ambiguo e perenne fonte di fraintendimenti, però comprensibile da tutti. Sono quindi spariti i numerosi condizionali che accompagnavano il primo annuncio della scoperta, ed è stato chiarito che LHC, l’acceleratore di particelle più potente del mondo, ha in effetti trovato proprio il bosone di Higgs e non altro.

Peter Higgs, il fisico inglese che ne teorizzò l’esistenza nel 1964, può essere soddisfatto. La sua previsione si è dimostrata esatta e proprio per questo ha ricevuto il Premio Nobel. Si rammenti, tra l’altro, che il bosone è l’ultimo pezzo che mancava alla lista delle particelle elementari che compongono la materia (o, meglio, la materia nota a noi esseri umani).

Fine della storia, dunque? Nemmeno per sogno. Tanto per cominciare i bosoni di Higgs potrebbero essere più d’uno, nel senso che – come in un gioco di enigmi – non si esclude che la particella presenti molteplici identità. Se tale è la situazione, significa che quello scoperto dagli scienziati del CERN sarebbe solo il primo tassello di una ricerca destinata a protrarsi per molto tempo.

In secondo luogo vi sono diversi gruppi di scienziati che lavorano su questo tema. I dati sinora ottenuti sono abbastanza simili ma non in misura tale da garantire la perfetta coincidenza. Il bosone resta insomma elusivo ed enigmatico, anche se meno di prima. L’unica certezza resta per ora quella della sua effettiva esistenza.

E’ pure importante rammentare che le ricerche legate alla particella di Higgs possono fornire risposte, per quanto limitate, ad alcuni grandi misteri della fisica contemporanea. Cito, per esempio, il problema della “energia oscura”, che forma circa il 70% dell’universo e – pare – stia accelerando il moto espansivo del cosmo. Di essa non sappiamo in pratica alcunché. Ma esiste, come molti sanno, anche la “materia oscura” che, pur essendo invisibile, produce la sua forza di gravità e ammonta al 25% dell’universo. Ben poco sappiamo circa le particelle che la compongono, e uno degli obiettivi dell’acceleratore LHC è proprio quello di ricrearle.

In ogni caso è chiaro che ci troviamo di fronte a uno dei maggiori risultati scientifici conseguiti negli ultimi secoli. E questo a dispetto delle critiche rivolte al fisico britannico e a coloro che hanno tradotto in pratica le sue idee.

Un fatto però non dev’essere trascurato: ricerche di questo tipo comportano spese enormi, se si rammenta che il solo LHC è costato 10 miliardi di euro. Non a caso, commentando un mio precedente articolo sullo stesso argomento, alcuni lettori espressero dubbi sull’opportunità di continuare a finanziare simili ricerche.

Luciano Maiani La questione dei costi viene affrontata dal fisico Luciano Maiani in un interessante volumetto intitolato A caccia del Bosone di Higgs. Magneti, governi, scienziati e particelle nell’impresa scientifica del secolo (scritto in collaborazione con il giornalista Romeo Bassoli, Mondadori Università). Maiani è stato direttore generale del CERN dal 1999 al 2003, secondo italiano dopo Carlo Rubbia.

Leggendo il libro si comprende chiaramente che il direttore del CERN deve essere, oltre che uno scienziato di valore, anche un buon “politico”.

Occorrono notevoli capacità di mediazione e abilità di “lobbying” per convincere i governi a finanziare progetti e ricerche che, pur estremamente feconde sul piano teorico, non hanno immediate ricadute su quello pratico.

Poiché la riduzione dei fondi destinati alla ricerca scientifica pura si verifica ovunque a causa della crisi economica e finanziaria mondiale, si cerca di far leva sulla collaborazione tra diverse nazioni o entità transnazionali, in questo caso Stati Uniti, Giappone e Unione Europea. Ma non è facile, come l’autore sottolinea più volte ripercorrendo la storia degli acceleratori di particelle di cui LHC è la versione più recente.

Sullo sfondo è tuttavia sempre presente il proposito della scienza – e della fisica in particolare – di giungere alla cosiddetta “Teoria finale” (o “Teoria del tutto”), vale a dire una teoria onnicomprensiva che ci consenta di appurare una volta per sempre quali sono i componenti ultimi della realtà. Proposito ambizioso e di enorme fascino, ma anche assai arduo da realizzare.

Come ho già scritto altre volte, non è detto che esseri limitati - come noi siamo - possiedano davvero la capacità di giungere a esplorare la realtà nella sua interezza. I nostri sono limiti fisici che, a loro volta, si traducono in limiti delle capacità conoscitive.

Per quanto ne sappiamo l’universo potrebbe anche risultare “inesauribile” dal punto di vista cognitivo umano, costringendoci pertanto a conoscerne solo le parti che a noi risultano accessibili. Il gusto della sfida resta e va incoraggiato, senza però scordare che una buona dose di umiltà è sempre utile quando si parla di teorie “finali”.

 

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