Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Michele Morelli e Giuseppe Silvati. 1822, eroi per la Libertà

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Michele MorelliDopo i martiri della Repubblica Napoletana del 1799, vittime della tirannia borbonica furono gli ufficiali Michele Morelli (Vibo Valentia - Monteleone - 1790 - Napoli 1822) e Giuseppe Silvati (Napoli 1791 - Napoli 1822), rei di aver combattuto per la Libertà e la Costituzione con tanti altri ufficiali liberali del regno che si ribellarono al potere dispotico del borbone nella notte fra il 1° e il 2 luglio del 1820.

Furono gli unici due, dopo l’intervento della Santa Alleanza richiesto da Ferdinando I, tra ufficiali condannati a morte, a salire sulla ghigliottina sistemata in Piazza S. Francesco a Napoli  il 12 settembre 1822.

Gli altri ufficiali, grazie all’intervento del conte di Frimont, generale dell’esercito austriaco, ebbero la commutazione della pena capitale e condannati ai ferri per un numero di anni tra i diciassette e i trenta. Tuttò inizio in quella notte tra il primo e il due luglio 1820 in cui un reparto di circa 130 uomini e 30 ufficiali di stanza a Nola, comandato dal tenente Michele Morelli, scese in piazza al grido di “ Viva la libertà e la Costituzione !” mettendosi in marcia verso Avellino.

Morelli era un carbonaro, ma non gli andava più di ricevere ordini che tardavano a venire  per cui con i suoi uomini decise l’azione insurrezionale.

Ad Avellino al suo plotone si unirono un centinaio di carbonari. La meta non era casuale.  Ad Avellino vi era il generale Guglielmo Pepe che,  pur non essendo un carbonaro, era uno degli ufficiali che si erano formati nell’esercito di Gioacchino Murat.

Per Michele Morelli il Pepe rappresentava la  persona  ideale a cui affidare i suoi uomini e il generale  non lo disilluse. Mobilitò alcuni reggimenti della capitale e alla loro testa marciò su Avellino per unirsi alle truppe di Morelli e del colonnello De Concilj.

Gli insorti chiedevano  la costituzione sul modello di quella spagnola, la più democratica fra quelle che fino allora fossero state redatte.

Il 9 luglio i cosiddetti Costituzionali sfilavano per le vie di Napoli fra bande e bandiere e alla testa del corteo vi era proprio lo squadrone del tenente Michele Morelli di cui faceva parte anche il sottotenente Giuseppe Silvati, ribattezzato “ squadrone sacro”, seguito dai reggimenti del generale Guglielmo Pepe e da un gruppo rilevantissimo di civili con la coccarda azzurra, nera e rossa. Nel  largo di  Porta Capuana il 1° ottobre il re giurò fedeltà alla costituzione sul modello spagnolo che aboliva i privilegi e affidava il potere alla volontà popolare.

Giuseppe SilvatiEbbe pertanto luogo il primo parlamento di tipo moderno, autenticamente rappresentativo in Italia.

Degli ottantanove rappresentati eletti i nobili non raggiungevano il numero di dieci. Il resto era formato da professionisti, intellettuali, magistrati e sacerdoti.

Intanto a Vienna vi era chi aveva seguito con attenzione e preoccupazione la costituzione del Parlamento napoletano. Metternich comprese che tale esperienza sarebbe stata un modello per Milano, Torino, Firenze.

Quindi bisognava intervenire ed ovviamente Ferdinando I di Borbone non aspettava altro che era rinnegare la Costituzione, come aveva scritto segretamente allo stesso Metternich.

Il cancelliere convocò per il 27 ottobre i rappresentati della Santa Alleanza a Lubiana, coloro che avevano riportato il borbone sul Trono e si consideravano ben in diritto di esercitare la loro “sovranità” sul Regno delle Due Sicilie.

Il despota, già deciso al tradimento, per evitare ulteriori sollevazioni popolari, mandò comunque un messaggio “cautelativo”  al Parlamento napoletano in cui si diceva pronto a difendere la causa della costituzione “saggia e liberale”.

Arrivato a Lubiana, forte dell’arrivo degli austriaci, lo scaltro sovrano dichiarò invece che la Costituzione gli era stata estorta con la violenza, era pertanto illegittima e la sconfessò.

Era ciò che Metternich attendeva per mettere in azione l’offensiva della Santa Alleanza e sconfiggere i costituzionali napoletani, non privandosi di battute del tipo: E’ la terza volta che metto in piedi Ferdinando il quale ha il malvezzo di ricadere sempre.

Il parlamento napoletano, appena saputo del tradimento del Re,  su iniziativa del generale Guglielmo Pepe, decise di muovere contro lo spiegamento di truppe austriache  che arrivavano dalla Lombardia comandate dal generale Frimont, ma lo scontro fu decisamente impari . Fu facile per il Frimont entrare a Napoli il 20 marzo senza colpo ferire e il Parlamento non poté fare altro che esprimere lo sdegno e scigliersi. Dopo aver tradito a Lubiana, Ferdinando mandò la lista dei nuovi ministri, vendicandosi degli stessi suoi funzionari e, come sottolinea Benedetto Croce, sostituendoli con “ capicamorra e picciuotti di sgarro, illustratisi con delazioni e violenze”.

Durante la reazione furono condannati , tra gli altri il generale Pepe e Cesare Rosaroll, che riuscirono a fuggire, i generali Colletta, Pedrinelli, Colonna, Costa, Arcovito, Russo insieme ai deputati Poerio, Borrelli e Gabriele Pepe.

Ma gli unici due che pagarono più duramente furono il tenente Michele Morelli e Giuseppe Silvati. Dal loro sacrificio trassero forza le successive azioni del 1831-33.

Nel procedere verso il patibolo il 12 settembre 1822, Michele Salvati ricordò i martiri della Repubblica Napoletana del 1799 rinfacciando a Ferdinando tutti i suoi crimini. Fu sepolto in terra sconsacrata per aver rifiutato  i conforti religiosi, dicendo che «voleva andare all’inferno per vedere il re com’era ricevuto».

Concludiamo con le parole che dedica allo “ spergiuro “ Ferdinando I il giornalista liberale Indro Montanelli: “...aveva sulla coscienza la vita di migliaia di infelici, morti sulla forca e nelle galere solo per aver voluto un po’ di libertà. Era stato spergiuro . Non aveva conosciuto che disfatte e fughe ignominiose di fronte al nemico. Politicamente, era rimasto fermo alla concezione settecentesca del più retrivo assolutismo. Non aveva fatto che i propri interessi , e più ancora i propri comodi, della regalità prendendosi solo i piaceri. Non aveva saputo che incrementare che l’ignoranza di cui egli stesso era campione.”

Questo uomo, un Re Lazzarone, durante i suoi complessivi 66 anni di regno, aveva condannato al patibolo centinaia di innocenti e ingannato i suoi ufficiali che reclamavano “Libertà e Costituzione”.

Ma il ricordo delle sue vittime è ancora vivo. Michele Morelli e Giuseppe Silvati  furono due giovani ufficiali che rappresentarono il meglio dell’esercito partenopeo , uomini che sono stati , sono e saranno ricordati dai napoletani onesti  per il loro coraggio e l’amore per la libertà.

 

 

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