Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

I lazzari di Ferdinando: “qualunque partito gli è uguale purché possa rubare”

Condividi

Dopo lo scioglimento dell’esercito sanfedista che aveva riportato sul trono i Borbone, molti briganti che vi avevano partecipato ripresero le loro violenze, le loro rapine e grassazioni in maniera più violenta e selvaggia di prima per cui si pose al re Ferdinando IV il problema di come agire contro coloro che avevano fatto parte del suo esercito.

Il marchese Rodio chiese “poteri straordinari” contro quei briganti che avevano combattuto al suo fianco per sconfiggere la gloriosa Repubblica Napoletana del 1799.

E’ pur vero che il cardinale Ruffo si era rivelato consapevole che il suo esercito era composto da tanti che vi avevano aderito con l’intento di saccheggiare impunemente.

 Lo aveva scritto in una lettera al re Borbone in termini chiari e con una buona dose di cinismo:

“La Vostra Maestà crede che il popolo sia il difensore del Trono, ed io ho mostrato di crederlo, ma non ne sono persuaso. Qualunque partito gli è uguale purché possa rubare“.

E poi anche ad  Acton confessando che " fervore per la religione ed attaccamento al re possono produrre buonissimi effetti; ma è indispensabile la cassa militare se volgiamo conservarci quieti ed affezionati alla buona causa i vassalli di S. M."

 Avendo ricevuto la richiesta del marchese Rodio, Ferdinando IV era indeciso su quale decisione prendere. Come fare con quelli che erano stati gli alleati di ieri ed inimicarseli se poi potevano ancora servigli?

D’altronde  i lazzari, o  meglio “i briganti” erano  stati sempre il sostegno del Trono e la forza del Regno. Eppure gli episodi  erano preoccupanti, nell’aversano e in Terra di Lavoro come anche nel Salernitano, ma era “ l’orlo montagnoso e boscoso della Basilicata verso la Puglia “ che destavano le maggiori preoccupazioni.

Il problema che si pose al re Borbone  era anche quello di dove tenere in carcere tutti quei briganti, dato che le prigioni già erano piene.

Decise allora di inviare contro coloro che erano stati il suo sostegno e la sua forza un consistente numero di soldati al servizio del brigadiere Menichini.

Lo storico Enzo Ciconte scrive che nel 1803 la situazione era decisamente peggiorata ed il famigerato brigante De Pascale aveva dichiaro il suo intento di “riunire nel bosco di S. Eufemia tre o quattrocento suoi simili, recarsi a Monteleone, Maida e Pizzo, liberare i carcerati e porsi a saccheggiare per tutto il Regno.”

Il piano del brigante De Pascale non ebbe seguito  poiché cadde vittima di due suoi manigoldi.

 Ma siamo a ridosso del 1805 e i Borbone dovettero abbandonare il Regno per l’arrivo dei francesi.

 

Bibliografia

 

Enzo Ciconte, Banditi e briganti, Rubettino ed. 2011

 

Statistiche

Utenti registrati
137
Articoli
3177
Web Links
6
Visite agli articoli
15283291

(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on line

Abbiamo 273 visitatori e nessun utente online