Paolo Sarpi (1552-1623): lo storico perseguitato dall'Inquisizione

Categoria principale: Storia
Categoria: Dalla Storia antica al XVII sec.
Creato Venerdì, 08 Novembre 2013 16:17
Ultima modifica il Venerdì, 08 Novembre 2013 16:17
Pubblicato Venerdì, 08 Novembre 2013 16:17
Scritto da Nicola Terracciano
Visite: 3494

Paolo SarpiQuello che i talebani islamici dogmatici fanno oggi in varie parti del mondo contro coloro che chiamano 'infedeli', con accanimento particolare contro la libera cultura, la libera ricerca, il progresso civile,  la diffusione popolare del sapere, hanno fatto per secoli i cristiani ed in particolare i cristiani romani o vaticani, la cui storia è attraversata da una scia inimmaginabile di violenze,  di prepotenze, di dogmatismi, di intolleranze, di infamie (si pensi solo al millenario antisemitismo) verso quelli che chiamano 'eretici', cioè  coloro la pensano o vogliono vivere diversamente da loro, in nome di un principio elementare di libertà e di dignità.

Sembra che dall'Oriente non venga la luce, ma l'ombra nera di totalitarismi assoluti e tragicamente arroganti di verità, che escludono il riconoscimento del "diverso", visto sempre come nemico e mai come ricchezza, come nella conquista epocale dell'Occidente che la verità è infinita e che nessuna visione del mondo può esaurirla o divenirne l'unica e definitiva interprete e manifestazione.

Uno degli infiniti ed esemplari esempi di questa condizione di esplicita e sistematica violenza contro il diverso, anche all'interno della stessa organizzazione totalitaria cristiana romana, è dato dalla vicenda umana e intellettuale di una delle più grandi menti della storia: il veneziano Paolo Sarpi, uno dei più grandi storici italiani ed europei, ma anche grande scienziato, matematico, astronomo, fisico, amico di Galilei e da lui ammirato, messo al quinto posto in una ideale graduatoria dei 300 più grandi intellettuali dell'umanità.

Si tenga conto che egli era anche un uomo di profonda fede religiosa e che si era fatto ecclesiastico proprio per fedeltà ad aspetti umanissimi e commoventi del vangelo.

La sua grande opera "Istoria del Concilio tridentino" fu messa subito nell'infame indice dei libri proibiti (che da solo dovrebbe rendere il cattolicesimo romano imperdonabile e imputato sistematicamente di fronte al tribunale dell'umanità).

Per minime vicende interne all'ordine religioso di cui faceva parte, fu per due volte convocato di fronte al Tribunale dell'Inquisizione (altro istituto che rende il cristianesimo vaticano imperdonabile e da convocare sistematicamente al vero tribunale possibile, quello dell'Umanità maschile e femminile, offesa da quella e consimili istituzioni).

Avendo osato assumere la difesa storico-giuridica di elementari diritti del suo paese, la gloriosa e secolare Repubblica di Venezia, vera erede per tanti aspetti della Roma antica e delle sue virtù civilizzatrici, tranne momenti imperdonabili di viltà come la consegna di Bruno all'Inquisizione romana a fine Cinquecento e la persecuzione di Giannone nel Settecento, contro le pretese arroganti di privilegi e di prepotenze della Curia Romana,  Sarpi fu oggetto di due attentati, tutti intenzionalmente assassini.

Il 5 ottobre 1607, tornando di sera al suo convento di San Marco a Santa Fosca, fu aggredito da cinque sicari, per copertura e azione diretta, che provocarono due ferite al collo e una terza tra orecchio e faccia, per cui il coltello rimase confitto nell'osso e, non potendolo estrarre, gli autori scapparono, lasciando Sarpi in fin di vita e fu necessario poi un intervento chirurgico delicato per estrarre il pugnale, che lasciò tracce permanenti di sfregio sulla mascella e sul volto, segno infame caratteristico della Curia Romana, come osservò amaramente in modo memorabile, anche per l'oggi, Sarpi.

L'autore fu Rodolfo Poma, mercante veneziano, poi trasferitosi a Napoli, poi a Roma, dove divenne intimo del segretario di stato cardinale Scipione Borghese e dello stesso monarca assoluto vaticano Paolo V.

Il Poma, dopo l'attentato, trovò rifugio non a caso presso l'abitazione intoccabile del nunzio pontificio a Venezia e poi si imbarcò con gli altri complici per Ancona, trovando accoglienza naturalmente a Roma.

Gli altri complici furono tre uomini d'armi, Alessandro Parrasio, Giovanni da Firenze, Pasquale da Bitonto, e la spia il prete Michele Viti bergamasco, ad indicare la capacità pervasiva di quella criminale organizzazione.

Il secondo attentato si ebbe nel gennaio 1609, su mandato del cardinale Lanfranco Margotti e di due frati serviti, i quali ultimi, avendo fatto una copia delle chiavi della camera dove dormiva il Sarpi, avevano progettato di farvi entrare sicari per assassinarlo.

Di queste crude verità nessuno parla e quando milioni di turisti passano di fronte alla solenne statua di Paolo Sarpi a Campo Fosca per andare a Rialto o a San Marco, nessun marmo dà indicazioni sul personaggio e sull'evento, monumento reso muto non a caso ad opera dei grandi registi occulti romani e zonali e dei loro servi locali dalle maschere più variopinte,  tutti vili, complici  e profondamente incolti.