Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La Eleonora del "Resto di niente"

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Il romanzo di Enzo Striano, “Il resto di niente”, racconta il contesto sociale e politico dei vari momenti della rivoluzione repubblicana del 1799, avvenimento visto con gli occhi di Eleonora Pimentel Fonseca, la donna più rappresentativa della nascente Repubblica Partenopea.

Non solo ritroviamo un’attenta e rigorosa ambientazione del momento storico in cui, a Napoli, capitale delle Due Sicilie, alcuni illuministi, sull'onda lunga delle notizie della Rivoluzione Francese, tentano di realizzare l'ambiziosa e fragile Repubblica Partenopea, ma l’autore riesce ad analizzare il personaggio storico di De Fonseca in maniera tale che il lettore percepisce gli eventi descritti nel romanzo quale pretesti che permettono di condividere con la protagonista le sue riflessioni sulla propria vita e meditare sulla propria condizione umana.

Insieme a Cuoco, Lomonaco, Russo, Cirillo, Pagano, Serra, Carafa, Caracciolo, Ciaia, De Deo, Fasulo e altri, Eleonora de Fonseca Pimentel, nobile e portoghese di nascita, compie il suo destino, assumendo per sé il ruolo di «cittadina» e giornalista, fondatrice e direttrice del «Monitore Napoletano».

Tra essi anche Jerocades, il monaco “ eretico” .

Nel tracciato della grande Storia, si scandiscono i vari momenti di una breve vita tra le tappe della formazione: prima, bambina attenta e curiosa, che, affascinata, esplora Roma, la città italiana in cui, esule dal Portogallo, si stabilisce la sua famiglia; poi, adolescente a Napoli; in questa fase della sua vita la giovanissima Eleonora chiamata affettuosamente da tutti Lenor, ci viene presentata come una ragazzina vivace, intelligente, che presenta verso le cose non conosciute una grande curiosità, che la porteranno, grazie all' aiuto dello zio Antonio e del padre a diventare gradualmente la letterata che frequenta i salotti ove ha modo di conoscere l’élite intellettuale napoletana.

Seguono gli anni dei primi legami sentimentali, poi quelli dell'infelice matrimonio, finito subito dopo la morte del piccolo Francesco, mai dimenticato. Nella condivisione dall'ideologia illuminista, Eleonora riesce a recuperare se stessa e un coraggioso progetto di vita. Nella pratica del giornalismo, come servizio per tutti, e nell'impegno ad educare il popolo afferma la propria scelta politica.

Striano riesce ad osservare, da un punto di vista interno, il dispiegarsi della parabola rivoluzionaria, dalle sollecitazioni dell'Illuminismo, alle forti suggestioni del messaggio democratico, diffuso dalla Costituzione Americana e dalle conquiste della Rivoluzione Francese, sino alla elaborazione del disegno egalitario e libertario per Napoli.

Dopo l’arresto con l'accusa di giacobinismo, Eleonora viene liberata dal carcere durante i giorni dell'anarchia seguita alla fuga del re borbone da Napoli, un mese prima che arrivasse  l'esercito francese aiutato dai repubblicani partenopei.

Eleonora rimane affascinata dagli ideali di libertà e uguaglianza sanciti dalla rivoluzione, tanto che entra a far parte di un gruppo filo francese che divenne uno dei tanti gruppi giacobini partenopei, ma si interroga continuamente.

L’adesione al gruppo dei giacobini - dettata dalla speranza di trovare la via della felicità per il popolo e per sé - la intraprende con coscienza ed umiltà, tra i molti dubbi suscitati dalla consapevole difficoltà di quel sogno.

Proclamata la Repubblica Napoletana del 1799, Eleonora si occupa della redazione di un giornale, Il Monitore Napoletano, cercando in ogni modo di trovare le parole per arrivare al popolo.

Si illude di riuscire nell’impresa grazie all’aiuto della fida cameriera Graziella (da lei trattata come un’amica o una figlia, non come una serva), che le insegna il napoletano e le presenta le persone adatte a “tradurre” il pensiero per la gente comune.

E' entusiasta di dirigere un giornale con cui poter esprimere e divulgare le idee di libertà, tanto che considera questo giornale la voce della repubblica.

Tramite il Monitore Napoletano la cittadina Eleonora spera di poter trasfornmare la plebe in popolo nella difesa della repubblica e di educarlo ai nuovi ideali democratici, ma non riesce nel suo intento, e sarà proprio la plebe che insieme alle truppe regie la cattureranno decretandone la condannata a morte.

Il problema del rapporto con la plebe è il più importante, quello fondamentale che si ripresenterà nella Storia. Quì si avverte tutto il dramma dei rivoluzionari che parlano in nome del popolo, ma che la plebe contribuirà a far soccombere.

La passione con cui dirige il Monitore Napoletano le pone davanti il dramma che quelle nobili idee, così ben delineate nel primo numero del 2 febbraio 1799, non potranno raggiungere i Lazzari (la plebe) che non sanno leggere.

Tuttavia vi è tutto lo slancio di chi intende comunicare le idee di libertà e uguaglianza Ad uno scettico Vincenzo Cuoco, Eleonora replica - “ Ma bisogna abituare il popolo alla Repubblica ! All’idea che la Repubblica è mille volte meglio di quanto c’era prima! Se ci mettiamo subito a criticare, spegniamo ogni entusiasmo e Dio sa se ne abbiamo bisogno! -

Intanto la Rivoluzione partenopea, che aveva portato alla presa di Castel S. Elmo ed alla proclamazione della Repubblica, giunge al tragico epilogo. I rivoluzionari vengono condannati a morte dal borbone nonostante la promessa delle capitolazioni del Cardinale Ruffo e di Orazio Nelson, il comandante della flotta inglese alleato del borbone.

L'atteggiamento di Nelson sarà duramente condannato dagli storici inglesi. Uno dei suoi primi biografi, Robert Southey, definirà tale episodio "una deplorevole operazione, una macchia nella memoria di Nelson e nell'onore dell'Inghilterra."

D'altronde come poteva passare inosservato a delle menti liberali il trattamento riservato al comandante Francesco Caracciolo, condannato ad una morte ignominosa?

Napoli comunque vive il suo sogno repubblicano solo per pochi mesi e la parte finale del romanzo di Striano assomiglia sempre più ad un dramma elisabettiano nei vari momenti della sconfitta, preludio al finale della morte di tante donne e tanti uomini giusti con dignità.

La dura sconfitta porterà Eleonora a convincersi che Dio non esista, e che tutti gli uomini siano in un certo modo comandati dal destino, e verso di questo non si può fare niente, il resto di niente.

A tal riguardo è illuminante il dialogo tra Eleonora e Padre Alessandro De Forti, venuto nella carcere della Vicaria per confessarla.

Eleonora non solo rifiuta ma incalza il sacerdote sul volere di Dio che permette il trionfo del Male:

“Voi…Non dovete pensare questo. Dio ha sofferto per noi nella persona del suo Figlio. Dio non fa vincere nessuno, Dio vuole solo il trionfo del bene” replica il prete. E Eleonora di rimando: Allora è un bene che ci ammazzino tutti? E’ Dio che lo vuole?”

Il dialogo assume un tono sempre più drammatico con Eleonora che dice al prete che intende pregare da sola: “Lo farò per mio conto. Nel momento giusto.”

Cogliendo tale aspetto storico – filosofico, Alexandre Dumas padre scrive:

“ In effetti Dio, dotando l’uomo di intelligenza e lasciandogli il libero arbitrio, gli ha attribuito un gravoso compito di progredire incessantemente, per arrivare ai soli risultati che possono dare ai popoli la coscienza della loro grandezza: la libertà e la luce. Ma questa libertà e luce, i popoli debbono conquistarle attraverso cicli ricorrenti di schiavitù e di oscurantismo che fanno vacillare anche gli intelletti più forti, gli animi più saldi, i cuori più convinti”.

Sconfitta, ma protagonista di un sogno repubblicano con tanti grandi uomini tutti animati dalla convinzione negli ideali di libertà ed uguaglianza, Eleonora Pimentel Fonseca aveva tentato di regalare ai napoletani un sogno di libertà che tendeva a far si che dei lazzari diventassero finalmente CITTADINI.

 

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