Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

1799: memorie collettive senza pace nella storia e identità di Napoli

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Le vicende del ʻ799 inducono a riflessioni profonde sulla natura dellʼidentità e della memoria collettiva dei Napoletani ovvero sulla divisione delle compagini sociali presso gli avvenimenti che accaddero: una guerra civile in seno alla città, di cui non si finisce ancora di discutere.

 

Quando viene pubblicato postumo e incompleto il lavoro di Maurice Halbwachs ( “ La memoire collective”, Paris 1950) morto lʼautore nel frattempo a Buchenwald (1945), le sue riflessioni sulla natura della memoria risultarono inesorabilmente legate ai suoi insegnanti: Emile Durkheim ed Henri Bergson, epigoni delle riflessioni filosofiche sulla complessa formazione della memoria sociale ( “La doctrine di Emile Durkheim” in Revue Philosophique, 1918 p. 354 e ss.; H.Bergson “Opere.1889-1896”, a cura di P.A.Rovatti, Mondadori 1986)

 

In questo caposaldo della riflessione storico-sociologica, pubblicato dopo il suo internamento e la conseguente morte, Maurice Halbwachs formula la sua tesi per cui la memoria collettiva e la storia, costituiscono due aspetti diversi della costruzione umana della nozione di ʻpassatoʼ.

 

Sommariamente, la memoria collettiva è il prodotto di un gruppo sociale -parentale, religioso, politico, cittadino, etc.- in cui gli individui interagiscono nella formulazione di una propria identità, legata al ricordo e alla costruzione di una auto-rappresentazione in cui la matrice affettiva genera il legame profondo fra gli individui e gli avvenimenti di cui si sentono parte, o a cui prendono parte; dunque la memoria vive nei gruppi interagendo con gli individui che selezionano i ricordi e li addentellano tra loro, mentre, al contrario, la storia è: “ un cimitero dove lo spazio è contato, e dove, continuamente, bisogna trovare il posto per tombe nuove” (“La memoire collective”,p. 65), intendendo con questo assunto, la sequenza di nomi, date e fatti, distaccati dai fruitori e “creatori” della storia stessa.

 

La storia è dunque per Halbwachs, il ricordo dei fatti e dei nomi che hanno occupato il posto più grande nella memoria degli uomini sintetizzando i cambiamenti a cambiamenti avvenuti (ibid. p. 88): dunque un quadro riassuntivo delle differenze fra le epoche, gli avvenimenti e i fatti, distanti dagli individui che la vivono (e a volte da quelli che la producono).

 

La storia esiste perciò “al di fuori” della sua stessa rappresentazione: è narrata in un tempo diverso dai fatti svolti, possibilmente lontani nel tempo -di qui lʼintuizione che la sua sedimentazione non possa avvenire nel presente, ma abbisogni di “altro tempo”: quello dei posteri, per fissarsi.

 

Una delle riflessioni più interessanti di questo famoso testo che ci riguarda, è quella inerente la possibilità dellʼesistenza contemporanea più memorie collettive in seno alla storia (ibid. p. 92): sebbene lʼautore adombri solamente la possibilità che: ʻʼla storia può rappresentare se stessa come la memoria universale del genere umano.Ma non esiste memoria universale.Ogni memoria collettiva ha per supporto un gruppo limitato nello spazio e nel tempo...” (p. 93) ; le vicende napoletane del ʻ799 dimostrano dunque la veridicità della sua tesi.

 

Infatti, in seno ad una vicenda storica unica, la Rivoluzione Partenopea del 1799, e dunque entro un fatto storico specifico della città di Napoli, coesistono più memorie collettive talvolta contrapposte, perchè frutto di più gruppi umani che si sono ritrovati, allora come oggi, in tratti identitari peculiari alla base delle loro scelte.

 

Frutto di collettive autorappresentazioni di gruppi sociali spesso ristretti, di selezionate vicende e fatti troppo spesso contrastanti nelle versioni, le memorie collettive di Napoli hanno dato vita a definizioni sclerotizzate e prolungate nel tempo: giacobini, rivoluzionari, francisi, lazzari, ruff(i)ani, papalini,borbonici, neoborbonici e così via. La tribù pasoliniana in questa ottica, acquista un significato preziosissimo.


Queste memorie collettive dei piccoli e grandi gruppi sociali napoletani -troppe volte grossolanamente indicati con borghesi/nobili/plebe/ clero- e piuttosto formati spesso da elementi trasversali di queste categorie - per cui troviamo preti rivoluzionari e dunque additati come giacobini, o nobili che si schierano dalla parte del re pur se di seconda generazione, come sarà invece la maggior parte dellʼintellighenzia alla base dei fatti del ʻ799 - schieratisi vuoi per convincimento, diciamo, vuoi per adesione a ideali o apparenti salti ideologici, le numerose memorie collettive di Napoli, mettono in rilievo lʼestrema frammentazione del corpo sociale difronte a fatti storici di ben altra portata, come lʼavvenuta Rivoluzione Francese, ignorata da larghi strati della popolazione “bassa”.

Polimnia, la musa della storiaNella riflessione tra la memoria collettiva, il tempo e lo spazio che fa da cornice inesorabile ai gruppi e alla loro formazione di memoria collettiva che ne costituisce lʼidentità in cui essi si riconoscono, già lo stesso Halbwachs sosteneva che la percezione del tempo storico e dello spazio percepito da ciascun insieme, può differire in maniera inesorabile -e dunque anche la percezione dellʼavvenimento peculiare che accadeva nel mondo rispetto al ristretto spazio del gruppo- il più delle volte poteva essere ignorato dalla popolazione: con lʼespressione “il mio dio e il mio re dice il contadino, ma bisogna intendere : casa mia, e i miei familiari” (ibid. p. 122).

Simbolicamente nella lingua italiana lʼaffermazione “non al passo coi tempi” che indica lʼimpossibilità di aggiornamento delle cose, degli individui, dei gruppi e del più esteso corpo sociale, ha definito lʼincapacità di orientarsi presso nuove coordinate spazio-temporali: allʼinterno della storia europea, restare “al passo coi tempi” voleva dire, se applichiamo il ragionamento alle vicende del Settecento, tenere presente dove e come stava andando la storia, e lʼeventuale schierarsi delle memorie collettive.

Nella riflessione di Laura Passerini, nella postfazione dellʼedizione italiana del testo di Halbwachs (Unicopli, 1996, p. 188 e ss.) la studiosa mette in rilievo lʼintrinseca caratteristica della memoria/e colletiva/e: la mancata pacificazione generata da una selezione dei contenuti e dei fatti.

La memoria collettiva è inesorabilmente conflittuale e per la massima parte, legata alle dinamiche del potere di ciascun gruppo. Con questo assunto che lega dinamiche di potere e memorie collettive, spieghiamo anche la perniciosità di talune posizioni antistoriche, come quelle neoborboniche, che paventano un ritorno fantomatico di aristocrazie monarchiche ormai disperse nella notte dei tempi, appantanate piuttosto che “non al passo” nella palude dellʼimprecisione e della confusione storica di più avvenimenti: lʼUnità dʼItalia contestata al pari degli avvenimenti del 1799, appiattiti storicamente insieme nella visione orba di una ipotetica distruzione del primato del Regno di Napoli, frutto di complotti non si sa bene operati da chi.

Ipotesi storica surreale, generata da talune memorie collettive, e dallʼincapacità di discriminare storia locale ed europea, tempo e spazio degli avvenimenti, e persino della più elementare nozione di Stati Moderni generata dagli eventi della Rivoluzione Francese e dei fatti che la seguirono; come nel caso delle posizioni neoborboniche, queste memorie, assommano solamente malcontenti disparati.

Lungi dunque dal fomentare divari di memorie collettive, che sopravviveranno ancora chissà ancora per quanto tempo ad opera di selezioni arbitrarie, le vicende del 1799 mostrano una peculiarità spazio-temporale partenopea, in cui avvenimenti molto lontani dal presente, prevedono evidentemente ancora una partecipazione emotiva fortissima.

Nellʼidentità di questo popolo frammentato, restio alla storia asettica e suntiva, le memorie collettive convivono conflittualmente negli eventi peculiari propri dei fatti napoletani -in cui le Rivoluzioni assumono connotati unici (mi riferisco a Masaniello, alle Quattro Giornate, alle rivolte contro lʼInquisizione) e richiedono una partecipazione passionale ben oltre i limiti temporali : è forse questa persistenza di correnti sotterranee contrapposte a generare la possibilità delle rivolte stesse che altro non sono che opposizioni al fluire di una storia univoca? In un paio di frasi sparse nel bel testo di Halbwachs:

“Una corrente di pensiero sociale è di norma tanto invisibile, quanto lʼaria che respiriamo” (p. 51) e: “ un pensiero non prende consistenza che quando si estende su una durata sufficiente” (p.124) mi pare di cogliere interessanti spunti per una riflessione storico - filosofica sulla peculiarità dei Napoletani che supera lʼempasse delle paludi anacronistiche e degli schieramenti preordinati, a favore di una identità che fonde nella dinamica della contrapposizione delle memorie collettive dei piccoli gruppi, quello che più volte ho inteso chiamare Napoletanesimo: ovvero quella nozione peculiare di identità storica, ben lungi dalla sbandierata presunta “veracità della napoletanità”, altra costruzione collettiva, altra selezione di memorie, altra allegorie e insieme di metafore dei senzʼaltro poliedrici gruppi umani di Partenope.

La musa della storia, era per gli antichi Polimnia; musa dai molti inni, cantati ovviamente da più singoli; non può essere un caso: Partenope che è sirena e di canto se ne intende, sembra rammentarcelo nella dinamica della memoria sociale dei suoi abitanti.

 

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