Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Repubblica Napoletana 1799. La posizione del clero

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Analizzando attentamente i vari momenti che precedettero e costituirono parte rilevante della storia della Repubblica Napoletana del 1799, si riesce a comprendere che non vi fu, nelle posizioni del clero meridionale, un comportamento univoco a sostegno di quello che era considerato un legame inscindibile tra “trono e altare”.

Vi furono tanti ecclesiastici meridionali che non solo scelsero la Repubblica, ma prepararono, con il loro pensiero, il terreno ad un’avanzata dei principi democratici di libertà e uguaglianza.

Tra le menti più illustri e significative che hanno vestito l’abito talare e che erano convinte che necessitava un nuovo ordine politico e sociale citiamo l’abate Ferdinando Galliani, Antonio Genovesi, Leonardo Panzini, padre Gregorio Maria Rocco, il gesuita Matteo Ripa, Giuseppe Simioli, Alberto Capobianco, Vincenzo Troise, Giuseppe Capocelatro , il cardinale Spinelli e lo stesso Alfonso Maria dei Liguori.

Altri ebbero una parte attiva nella vicende storiche della Repubblica Napoletana del 1799: Carlo Lauberg, Marcello Scotti, Bernardo Della Torre, Francesco Saverio Salfi, Antonio Jerocades, Giuseppe Cestari, Nicola Pacifico, Ignazio Falconieri, Francesco Antonio Astore, Michelangelo Cecconi, Gaetano Carasale, Giuseppe Pepe, Aniello De Luise e tanti altri, tra i quali i veri protagonisti della Repubblica Napoletana Francesco Maria Conforti, Mons. Giuseppe Andrea Serrao, Mons. Michele Natale (autore del Catechismo Repubblicano) Mons. Francesco Saverio Granata, Antonio Scialoja.

Se intendiamo comprendere l’evoluzione del pensiero riguardo al rapporto fra Stato e Chiesa , non possiamo non tener presente l’importante opera di Pietro Giannone, che , con la sua opera “ Triregno”,ebbe un’influenza notevole sul pensiero sia laico che religioso di tutto il XVIII secolo.

Vi fu , pertanto , un fermento di idee, di pensiero politico e sociale che si pose in antitesi all’antico regime, proclamando la necessità di un nuovo ordine in cui la democrazia politica si potesse affermare con i principi basilari di libertà e uguaglianza a cui si mostrarono sensibili tanti religiosi .

Come scrive lo storico Giuseppe Fonseca nel volume Il governo delle diocesi meridionali tra Regno e Repubblica - Istituto Italiano per gli Studi filosofici -  Napoli, 2000

“Sarebbe miope e ingiusto non valutare appieno la portata che le idee democratiche hanno avuto anche su ecclesiastici di fede sincera e animati da carità cristiana. Non valutare il sacrificio di chi per questo ha dato anche la vita sarebbe davvero ingeneroso."

In questa ottica bisogna guardare alla Repubblica Partenopea del 1799, e nel presente scritto intendiamo focalizzare l’attenzione sulla pastorale del 18 marzo 1799 firmata da Mons. Giuseppe Maria Capece Zurlo, già Vescovo di Calvi dal 1756 al 1782, e arcivescovo di Napoli durante i mesi della Repubblica .

Pur se a scriverla fu molto probabilmente Vincenzo Troise, membro della commissione della nomina dei cappellani militari, essa ci offre una testimonianza di “ quei bei concetti “ di libertà e uguaglianza.
Infatti la suddetta pastorale è impregnata di tali nuovi principi che vengono analizzati e proposti nella forma catechistica tipica delle pastorali.

“Per libertà s’intende  - è scritto testualmente - il diritto proprio naturale di ogni cittadino, di poter fare tutto ciò che non è vietato dalla legge, diritto in tutto analogo a quello che , come credenti in Gesù Cristo, voi avete in rapporto alla Religione che professate”.

Il testo continua con un invito a far proprio il principio di libertà con tali parole:
“ Fissatevi questa idea della libertà, voi tosto che vedrete che se per essa voi siete sciolti da ogni giogo di despotismo, di tirannia e di oppressione. “

Nel prosieguo il documento pone in risalto come il bene della libertà debba essere coniugato con il rispetto della legge quale contratto tra i cittadini di ogni classe sociale al fine del bene comune.

Bene esplicitato è altresì il concetto di “Uguaglianza” che “ abolendosi i titoli vani e fastosi , che con sì grande distanza separavano il ricco dal povero, ogni individuo venga considerato col solo aspetto di uomo della Nazione, e siasi al pari ad ogni altro nel diritto di aspirare agli impieghi co’ suoi talenti e di essere premiato per le sue lodevoli azioni e così fugare interiamente la parzialità o le protezioni…

“Tutte queste odiose distinzioni , le quali dividevano un tempo gli uomini in questa società, sono annientate dal nuovo Governo; egli vede in ciascun individuo soltanto il titolo essenziale di cittadino, che tutti quanti eguaglia”.

Sono pertanto libertà e uguaglianza gli inscindibili nuovi principi della Repubblica Napoletana , che si accordano con il Vangelo , gli stessi principi evangelici.

Tale pastorale, anche se molto probabilmente fu redatta da Vincenzo Troise e solo firmata dall’arcivescovo Zurlo, dopo la sconfitta della Repubblica costò cara al cardinale, che in seguito alla “ feroce “ lettera di Maria Carolina a Ruffo del 21 giugno, con la quale si definiva Zurlo uno “ scimunito”, subì un ingiusto esilio a Montevergine.

D’altronde la regina era stata chiara: la cacciata dell’arcivescovo Giuseppe Maria Capece Zurlo era “ una delle prime necessarie operazioni” da compiere a restaurazione avvenuta.

Lo stesso Pio VI definì “ sciocco “lo stesso Zurlo, ma tale giudizio era dovuto anche ad un mai accettato atto del cardinale Zurlo : la conduzione del divorzio del duca di Maddaloni.

Zurlo passò gli ultimi anni nel suo ritiro di Loreto a Montevergine ove morì il 31 dicembre 1801.

I funerali furono celebrati a Napoli senza pompa alcuna e solo nel 1806, con il ritorno dei Francesi nel Regno, la sua salma fu trasportata nel duomo con onoranze solenni.

 


Angelo Martino

 

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